Una stand-up comedy al femminile per combattere gli stereotipi a teatro

Uno spettacolo teatrale pensato e realizzato da donne, anzi in particolare una Stand up comedy, su argomenti svariati, che fa molto molto ridere. Anche gli uomini. “C’è figa – stand-up comedy al femminile”, è un format artistico ideato dall’autrice e attrice Alessandra Flamini a maggio scorso e rappresentato di recente, tra l’altro, per una serata speciale, al Teatro Garbatella di Roma. Il progetto, che vuole sfatare lo stereotipo che a far ridere sono più bravi gli uomini, è stato finanziato con i fondi cultura del Municipio Roma VIII.

Dalle tematiche sociali a quelle di costume alla vita quotidiana 

Le tematiche dei monologhi sono varie e sempre interessanti; partono da spunti d’attualità, come la difficile ricerca di un posto di lavoro, il ruolo delle mamme, i rapporti con l’altro sesso, i tabù – quello che le donne spesso non dicono – sulle pratiche sessuali. Il tutto raccontato in chiave salace e divertente. Si spazia, quindi, dal sociale al costume, dalla politica alla vita quotidiana. Dalla madre alla prese con la febbre della figlia che la imbottisce di medicinali pur di partire per le agognate vacanze alla ragazza che va a lavorare come commessa a Londra, fino alle nevrosi più comuni e agli stereotipi sulle differenze tra gli abitanti di Roma Nord (dove gli ascensori hanno dei divanetti per riposarsi) e Roma Sud. Comune denominatore delle performance è l’irriverenza tipica della stand up comedy, con grande coinvolgimento e divertimento del pubblico in sala.

Un format contro il bias culturale che vuole le donne inferiori agli uomini nella comicità 

L’idea – spiega Flamini, attrice, regista e autrice da sempre attenta ai temi delle donne – nasce un giorno in cui un mio collega stand up comedian mi disse: ‘Questa sera devo andare a vedere una serata di comicità con solo donne. Che noia, le donne non fanno ridere… ma almeno c’è figa’”.

Da questo episodio nasce il titolo e anche il format creato con l’obiettivo di combattere quel bias culturale, fortemente radicato in Italia, che vuole le donne inferiori agli uomini nella comicità e l’idea che la capacità di far ridere il pubblico sia una peculiarità di genere. Uno stereotipo che affonda le origini nel passato quando far ridere non era visto confacente alla natura della donna, specie se di bell’aspetto.

Le poche comiche, insomma, soprattutto negli anni ’50 e ’60, dovevano essere perlomeno brutte. L’obiettivo di questo spettacolo, rappresentato nei mesi scorsi anche alla Casa internazionale delle donne, è quello di conquistare altri spazi, tematiche e pubblico, creando, come dice Flamini, “una cultura della risata al femminile”.

Occorre lavorare sulle nuove narrazioni

Sul palco, oltre ad Alessandra Flamini, si sono passate tra loro il testimone Monir Ghassem, Ilaria Giambini, Shara Guandalini, Valentina Medda e Micol Pavoncello.
La nostra associazione – spiega Giulia Morello, presidente dell’Associazione Dire Fare Cambiare – lavora sul tema della parità di genere nel settore culturale e il progetto ideato da Alessandra Flamini è assolutamente in linea con la nostra idea di cultura del cambiamento. É importante dare voce alle donne e lavorare su nuove narrazioni non dimenticandoci che la cultura ha il compito e la responsabilità di cambiare e proporre nuovi immaginari”.

D’altronde il tema della parità di genere nel mondo del teatro e dello spettacolo, a dispetto da quanto si potrebbe immaginare in un ambito culturale così importante, è molto sentito. “Nel mondo del teatro – prosegue Morello – si riscontrano ancora pregiudizi e scarsissima presenza femminile. Per fare un esempio nei festival, luogo di eccellenza per presentare le anteprime, è molto difficile trovare donne in ruoli apicali. Inoltre, padrini e madrine di queste manifestazioni hanno paghe molto diverse, le donne guadagnano di meno”.

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