Regine e principesse smarrite tra lussi e privilegi, dimenticate, prive di voce e individualità, ridotte a macchiette e stereotipi di felicità o di capricciosa malinconia. È questa la storia che per lungo tempo ci siamo raccontati. Persino la complessa Sissi di Romy Schneider, con cui più di una generazione è cresciuta, non ci ha detto tutta la verità sulle loro altezze reali. Altezze da cui nei secoli è stato facile cadere, e se la monarchia stessa è continuamente messa alla prova dal tempo, i reali non sono da meno. Soprattutto, si è sdoganato da tempo il racconto delle loro maestà svestite del potere imperiale e osservate più da vicino, nella loro intima individualità.
Lo ha fatto Sofia Coppola con Maria Antonietta, nel 2006, lo ha rifatto recentemente Pablo Larrain con la principessa Diana, lo sta snocciolando episodio dopo episodio la serie The Crown, che per quanti difetti possa avere ha avuto senz’altro il pregio di mostrarci la famiglia reale inglese in un’inedita veste emotiva. E in questo filone si inserisce con prepotenza “Il corsetto dell’imperatrice”, della regista austriaca Marie Kreutzer, che immagina la quotidianità dell’imperatrice Elisabetta d’Austria nel 1877, anno del suo 40° compleanno. Proprio come Coppola aveva saccheggiato la biografia della regina scritta dalla sua fedele dama di compagnia, che offriva davvero un racconto inedito su Maria Antonietta, allo stesso modo nel film di Kreutzer è forte la presenza dello sguardo della dama di compagnia di Sissi. Si tratta della contessa Maria Festetics, il cui diario risulta essere essere una delle testimonianze più oggettive sulla vita di Sissi.
“Lei è come un libro per me. C’è un enigma in ogni pagina. In lei tutto è disposto in una sorta di museo disordinato. Grandi tesori che non vengono valorizzati perché lei non sa cosa farsene”, afferma Maria nel corso del film. Kreutzer racconta la vita di Sissi come quella di una donna piena di rabbia, frustrazione, infelicità, persa in un lussuoso delirio di solitudine. Una donna piena di carattere e con delle idee politiche anche piuttosto decise (e questo è testimoniato da documenti storici come la sua corrispondenza e i suoi diari), una donna che chiede con forza al marito imperatore di coinvolgerla, ma a cui lui non manca di ricordare che il compito di guidare le sorti dell’impero appartiene a lui, mentre a lei spetta solo la rappresentanza. Ovvero sorridere, mostrarsi, apparire. Da qui il corsetto del titolo, dentro cui Sissi si fa costringere dalla cameriera con una furia piena di un compiacimento autolesionista.
Kreutzer racconta la malinconia dell’imperatrice senza mancare di inserirla in un contesto più ampio: non solo dunque la storia di una singola donna, ma uno sguardo politico disincantato e privo di prospettive, incapace di relazionarsi al presente, moderno, ma schiacciato dalle tradizioni, e così la kaiserin diventa parte di quella tensione che condurrà la Storia alla prima guerra mondiale. Non solo: il personaggio di Sissi si universalizza anche nel parlare delle donne e alle donne. Nonostante infatti l’accurato lavoro sugli archivi, la sceneggiatura si concede molte libertà storiche, e proprio questo moto di andata e ritorno tra i fatti e la narrazione, permette un’identificazione che si stratifica su Sissi non più in quanto imperatrice, ma in quanto donna. Come spiega la regista: “Molte delle aspettative contro cui Elisabetta doveva combattere continuano a essere imposte alle donne di oggi. La bellezza è ancora considerata la caratteristica più importante e preziosa di una donna. I progressi della Storia non hanno alterato questo concetto, malgrado i movimenti femministi e l’emancipazione delle donne”.
Nel racconto di questa Sissi, ogni scelta artistica assume un chiaro significato narrativo: la vita pubblica è vissuta attraverso un velo, reale e metaforico (si dice che Sissi abbia iniziato a non mostrare il suo volto in pubblico dopo i 40 anni); Sissi indossa abiti viola o neri, fuma sigarette viola e distribuisce cioccolatini dall’incarto viola, tutto in un’infinita variazione del lutto. È una figura solitaria, a cui viene continuamente tolta la parola e imposto di aderire a un’immagine gigantesca, che lei stessa aveva contribuito a creare, un’immagine su cui si catalizzava l’amore incondizionato del popolo, e a cui era concesso mostrare una romantica malinconia ma non l’infelicità, un carattere originale, ma non gli sbalzi umorali di un disturbo clinico.
“Il corsetto dell’imperatrice”, al cinema dal 7 dicembre 2022, è uno studio sulla rabbia e sull’insoddisfazione femminile, un acuto racconto di come le donne siano state isolate e limitate nella libera espressione del sé. E non offre alcuna consolazione né via d’uscita. L’interpretazione di Vicky Krieps, Premio Un Certain Regard a Cannes 2022, offre un’immagine austera, spigolosa, ma anche fiera e a tratti divertita. Il racconto si fa feroce di fronte all’assoluta impotenza della donna, della madre, della moglie e persino dell’imperatrice.
***
La newsletter di Alley Oop
Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com