Nei primi mesi di pandemia si parlava di Zoom Fatigue, oggi, a distanza di quasi tre anni e al cospetto di emergenza climatica, crisi energetica, guerra e inflazione, si affaccia una nuova fatica: la Hope Fatigue. Perché no, forse non andrà tutto bene. Abbiamo sperato per mesi che le cose migliorassero: la fine del Covid, il ritorno alla normalità, la risoluzione di conflitti e così via. Tutta questa speranza mal riposta, che non si è mai tradotta in sollievo ed esiti positivi, sta mettendo a dura prova il nostro benessere psicologico.
Come possiamo infatti mantenere motivazione, ottimismo e ingaggio in ciò che facciamo se il futuro è un gigante e sempre più tragico punto interrogativo?
Le persone si stanno stancando di sperare che tutto quello che di negativo sta succedendo prima o poi finisca. Siamo pericolosamente di fronte a quella che Seligman chiama impotenza appresa. Ossia il comportamento di rassegnazione che si sviluppa dopo aver sopportato ripetuti e duraturi stimoli avversi che sono fuori dal proprio controllo.
Un vissuto che le neuroscienze hanno dimostrato essere correlato all’insorgenza di vissuti depressivi e ansiosi, che – non a caso – interessano una fetta sempre più ampia della popolazione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, rispetto al periodo pre pandemico, è aumentato del 25% il numero di persone a soffrirne. Ciò che ci fa superare una difficoltà, un lutto, un dolore, è anche la speranza – che spesso si traduce in vera e propria convinzione – che prima o poi la sofferenza finisca. Oggi, questo meccanismo sembra essersi rotto.
Si sta perdendo la capacità di immaginare uno scenario futuro altro, senza tutti gli ostacoli che attanagliano il presente. E anche quando una nuova prospettiva riesce ad affacciarsi, questa è spesso avvertita come un peggioramento di quanto sta già accadendo o comunque una situazione altrettanto tragica. Come fare per difendersi e riportare un po’ di equilibrio nella propria vita? In un recento articolo sul Washington Post, la psicoteraputa americana Lesley Alderman individua otto strategie utili in tal senso. Ispirata da queste, riporto di seguito tre consigli, con lo stesso obiettivo.
Proteggiti dalle notizie
È funzionale leggere le notizie solo una volta al giorno, disattivare le notifiche e controllare i profili che parlano di attualità sui social solo in momenti dedicati, mai la sera prima di dormire. Questo permette di evitare il sovraccarico informativo a cui internet contribuisce, che a sua volta alimenta i propri vissuti d’ansia.
Prenditi cura di te
Per superare i momenti difficili, è essenziale essere corazzati e prendersi cura di sé è essenziale per farlo. Ciò significa dormire, mangiare sano, fare esercizio fisico e dedicarsi a ciò che fa stare bene. Questo diventa in qualche modo un’affermazione di sé, in mezzo al caos da cui spesso ci si sente travolti.
Pensa alle tue vittorie
Celebrare i traguardi, per quanto piccoli, aiuta a mantenere il focus su ciò che si è raggiunto, piuttosto che su ciò che non si ha, su ciò che si è in grado di fare, piuttosto che su ciò in cui non si riesce. Questo meccanismo permette inoltre di zoomare dal contesto più ampio alla propria vita, permettendo di vedere ciò che magari, per colpa dell’ansia e della stanchezza, si fa fatica a notare.
In tutto questo, l’aspetto forse più importante da tenere a mente è che la speranza esiste perché esiste la paura. E viceversa.
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