“Una cosa rotta non è da buttare, non va incollata con colla trasparente fingendo che non sia successo niente, anzi quelle fratture, uniche e irripetibili, fanno diventare quell’oggetto più prezioso”.
Giulia Ruggeri, osteopata, tre figli, una famiglia felice ma un grave lutto recente, fa un’autopalpazione nell’aprile del 2021 e capisce, anche grazie alla sua professione, di dover fare subito un controllo. Dopo una prima diagnosi in Svizzera dove vive, sceglie di andare allo Ieo di Milano. Lì scopre che quello che doveva essere un intervento in day hospital sarà invece una mastectomia bilaterale con sei ore di intervento. Arrivano lo smarrimento, le paure per il futuro, i timori, ma subito dopo arriva anche una grande forza di affrontare la malattia che Giulia considera un segno importante in un momento particolare della sua vita.
“Quando ho cominciato a guardarmi allo specchio dopo l’intervento ho visto le cicatrici e ho pensato all’antica arte giapponese del Kintsugi per riparare la ceramica. Una tecnica che conosco visto che da piccola avevo la migliore amica per metà giapponese. Successivamente ho seguito un corso di Kintusgi con mia madre e mia sorella: ci facevano rompere un piatto per poi ricostruirlo e ricomporlo con l’oro. Ho sentito il bisogno di associare il mio caso a quest’antica arte che mette l’oro al posto delle fratture”.
“C’è il bisogno di ripensarsi nuove, diverse, migliori e più preziose”
Da questo bisogno di aggiustare, di ripensarsi nuove, diverse, ma non peggiori di prima, anzi migliori e più preziose, nasce l’idea di un servizio fotografico per le donne che hanno vissuto la stessa storia di Giulia. A sposare questo progetto è da subito il dottore che ha visitato Giulia, Pietro Caldarella, vice direttore della divisione di senologia chirurgica diretta da Paolo Veronesi: “Mi ha accolta – racconta la donna – con un sorriso e mi ha aiutato a rielaborare quello che mi era successo”.
Dopo l’intervento, Giulia sente forte il desiderio di fare qualcosa per le altre donne nella sua stessa situazione. “Dopo un intervento chirurgico, bisogna trovare i tempi giusti, bisogna stare lì ad aspettare, ci vuole cura. Ho pensato che mettere l’oro al posto delle cicatrici potesse essere un messaggio potente anche per le altre. Così ho immaginato una serie di foto assieme al fotografo Yuri Catania. Foto di donne che hanno avuto un’operazione, le cui cicatrici verranno ricoperte d’oro. Mettere l’oro al posto dei segni dell’operazione ha un significato simbolico: significa non essere più quelli di prima ma più forti e preziosi.”
Nel progetto fotografico donne di ogni età, compresa una 90enne operata da Veronesi
Giulia trova nel dottor Caldarella una persona pronta ad appoggiarla nel suo progetto che l’aiuta a trovare altre 20 pazienti disponibili (più un uomo operato al seno), di tutte le età: si va dalla ragazza trentenne alla signora novantenne operata a 43 anni dal professor Umberto Veronesi. Una donna, quest’ultima, che ha fatto il servizio fotografico contenta di poter far del bene e dare un messaggio positivo a tutte le altre. Come a chiudere un cerchio.
“Ha fatto il servizio fotografico a cuor leggero, conscia – racconta Giulia – di far del bene alle altre donne. Ho chiamato il progetto Imperfect I’m perfect, con la I e la M dorate, un gioco di parole che può leggersi “I’m perfect” e anche “imperfect”, sono cioè perfetta nel mio essere imperfetta”.
“Sentirmi bella mi ha fatto riappropriare di un pezzo di me”
Il servizio fotografico comincia proprio con Giulia. “Non ero pronta a posare nuda, ma mi sono lasciata guidare dall’esperienza del fotografo e ho iniziato a muovermi nella stanza come fossi parte di una lenta danza. La foto è ispirata alla Venere di Milo, io sono semicoperta da un drappo. Quando ho visto le foto, mi sono emozionata: già il fatto di sentirmi bella mi ha fatto riapropriare di un pezzo di me, mi ha fatto sentire benissimo e ho pensato che tutte le pazienti dovrebbero provarlo.”
“La cosa più bella – racconta ancora Giulia – è l’energia che si è creata con shooting fotografici fatti da Yuri Catania in Svizzera, nella sua casa galleria, abbiamo trascorso giornate bellissime, durante le quali donne che non si conoscevano si sono subito trovate, con i propri racconti e la propria storia. Il momento dello shooting è stato magico”.
Caldarella (Ieo): “Importante che la paziende veda il medico dalla sua parte”
“La storia di Giulia – le fa eco Caldarella – mi ha colpito perché ha avuto una diagnosi di tumore bilaterale da un momento all’altro, trovandosi di fronte improvvisamente a tanti punti interrogativi sul futuro. Sentivo di doverla aiutare non solo dal punto di vista medico, operandola, ma anche cercando di darle supporto psicologico”. Secondo il dottore è importante che la paziente senta il medico dalla sua parte, senta di avere un medico amico, creando un rapporto di empatia. Il progetto di Giulia, con le foto e il coinvolgimento delle altre, è piaciuto molto al dottore. “Ho trovato subito molto bello il messaggio che si voleva trasmettere, ho appoggiato il suo progetto, tutte le pazienti si sono mostrate subito molto disponibili”.
“Le pazienti grazie al progetto sono riuscite a esorcizzare la malattia”
Il ricavato delle foto andrà in beneficenza alla Fondazione Ieo ma Giulia ha in progetto un coinvolgimento più strutturato della fondazione. “La cosa bella – conclude Caldarella – è che ho visto le pazienti, tramite il progetto di Giulia, riuscire a esorcizzare la malattia, hanno ricevuto una carica forte, hanno cambiato il rapporto con la famiglia, con i precedenti affetti. Hanno adottato una nuova filosofia di vita. Tutte le pazienti che hanno fatto le foto in un primo momento hanno pianto, hanno scaricato negatività, da lì è arrivata la scossa per ripartire. Diverse, più forti”.
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