Minori in Sicilia tra dispersione scolastica e il rischio mafia

abigail-grull-4f52ousihge-unsplash

Il documento si intitola Inchiesta sulla condizione minorile in Sicilia ed è stato approvato dalla Commissione regionale antimafia nello scorso marzo. A presentare gli esiti di otto mesi di indagini, concentrate in una pubblicazione di centocinquanta pagine, c’è a Catania, in un’aula gremita del Dipartimento di Scienze della formazione, Claudio Fava. Con il numero uno della Commissione, organo istituito da una legge regionale del 1991, il presidente del Tribunale per i minorenni. Roberto Di Bella, che nella città etnea ricopre il delicatissimo incarico dal 12 marzo 2020, ci ha messo poco più di due anni per tentare di portare nell’isola l’esperienza di “Liberi di scegliere“. Il titolo è quello del volume in cui il giudice ha raccontato l’esperienza nata e sviluppatasi nel corso del suo periodo calabrese: con l’unico scopo di garantire ai minori la fuoriuscita da ambienti di ‘ndrangheta, il magistrato ha finito per restituire a molti di loro (come a molte delle loro madri) una vita di ritrovate possibilità.

Nella città della lava il presidente Di Bella inizia col promuovere ad aprile dello scorso anno un Osservatorio metropolitano per i minori a rischio. “Disattendere l’obbligo di mandare i figli a scuola può costare anche la revoca del reddito di cittadinanza”, dice il magistrato. “La condizione minorile nelle periferie siciliane è ostaggio di un disagio antico e irrisolto”, la premessa della Relazione è inequivocabile. “L’ascensore sociale qui si è fermato ai piani alti, la dispersione scolastica non è la causa ma la conseguenza”, spiega Fava, mentre evidenzia lo scollamento tra i quartieri più periferici e il resto della città.

Gli indici riferiti dai Tribunali per i minorenni restano tra i più alti d’Europa. Dal settembre del 2021 uno studio realizzato da Openpolis dà la Sicilia nel 2020 al primo posto, per una popolazione compresa tra i 18 e 24 anni. Il picco è nel passaggio tra la scuola media e le superiori. Si legge di una sorta di “predisposizione strutturale” del territorio dell’isola alla dispersione scolastica.

Il presidente del Tribunale per i minorenni di Palermo è altrettanto netto: “Non bisogna lasciare sola la scuola. Il problema poi è anche di renderla attrattiva, strutturalmente e didatticamente”, spiega. Quella di Francesco Micela è tra le sessantasei audizioni condotte dalla Commissione che ha avvicinato istituzioni pubbliche, società civile e terzo settore; quegli scambi hanno restituito una fotografia drammatica. L’inchiesta dà conto in fondo di un pericolo che è concreto: “Dove non arriva l’offerta formativa ed educativa dello Stato spesso arriva la criminalità organizzata, con un sistema di seduzioni, valori e reclutamenti che segna per sempre il destino di questi minori”. Questi minori sono stati per lo più oggetto di interventi da parte dello Stato, peraltro sporadici e slegati; oggi per paradosso è il modello mafioso che dà loro la sensazione di essere soggetti.

Lo scenario è pressoché identico, “a Palermo, Catania, Caltanissetta, l’allarme è unanime: dopo la pandemia, la criminalità minorile cresce. Il lockdown ha lasciato strascichi nella generazione che è entrata o ha vissuto l’adolescenza negli anni del Covid”. L’isolamento non è il solo fattore precipitante, però, c’è anche quello che la Relazione definisce come “verticale peggioramento delle condizioni economiche e sociali delle famiglie”. “A Caltanissetta, in particolare a Gela e Niscemi, i ragazzini continuano ad essere arruolati dai clan”, a dirlo è Maria Grazia Vagliasindi a capo della Corte d’Appello nissena.

Nel capoluogo siciliano la dispersione è al 27%, nel 2020 i minori presi in carico dal sistema penale sono stati 102. Numeri drammatici di una realtà che continua a foraggiare la criminalità.  Il problema è strutturale. Secondo il presidente Di Bella c’è poi un altro dato che non può tralasciarsi: “La presenza degli assistenti sociali, in rapporto agli abitanti, è assolutamente insufficiente”. La legge regionale prescrive un rapporto di 1 a 5000, il Recovery plan sembrava garantire una soluzione, ma a sentire gli addetti ai lavori non è detto che quella soluzione arrivi e che arrivi in tempi rapidi e certi.

Le periferie (Zen, Sperone e Brancaccio a Palermo, come Librino o San Giorgio a Catania, o ancora Villaggio Cep o Fondo Fucile a Messina) sono luoghi di una segregazione civile e sociale che traspare tanto dall’assoluta assenza di spazi di aggregazione e di cultura, quanto dalle enormi difficoltà ad accedere ai servizi più basilari, come quelli sanitari: un sistema notoriamente incapace di far fronte alle richieste, costringe chi può a rivolgersi al settore privato.

La chiusura della Relazione lascia poco spazio all’immaginazione. Oggi sappiamo, abbiamo i dati e la realtà è che “la Regione Siciliana è ai massimi numeri della dispersione in Italia: più della Campania, della Puglia, della Calabria, con una percentuale del 19,4 per cento e un segmento altissimo di giovani tra i 14 e i 21 anni che non studia né cerca lavoro”.

L’inchiesta è davvero impietosa. Ne esce un’isola spezzata: i ricchi e i poveri, in mezzo il mondo dei bambini e delle bambine che rischiano di non avere futuro.

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.

Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com