Bimbi allontanati dalle madri dopo la denuncia, il trauma dei figli traditi

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Leonine e Luca (nomi di fantasia) sono due bambini strappati anni fa dalle braccia delle loro mamme che avevano denunciato per violenza l’ex compagno, padre dei loro figli. Leonine non ha mai praticamente conosciuto sua madre, Luca ha vissuto con lei fino all’età di dieci anni poi è stato allontanato. Così oggi i ragazzi si affacciano all’adolescenza senza aver vissuto il legame materno ed entrambi rifiutano in parte i racconti sul loro passato. Le storie di Leonine e Luca sono due delle tante, troppe testimonianze che arrivano mentre Laura Massaro, in lotta da anni nei tribunali, ha vinto la sua battaglia: il 24 marzo la Cassazione ha accolto il ricorso della 42enne di Roma, annullando la decadenza dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore di dodici anni e il trasferimento del bambino in casa famiglia, ritenendo l’uso della forza in fase di esecuzione “fuori dallo Stato di diritto”.

Su questi e altri episodi è al lavoro la Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio, che nella relazione depositata il 20 aprile, oltre a 36 casi definiti emblematici, ha esaminato un campione di almeno 1200 fascicoli, riferiti al 2017, di procedimenti civili di separazione giudiziale con affidamento di figli minori e procedimenti minorili sulla responsabilità genitoriale. Il risultato è che in oltre un terzo dei procedimenti sono presenti allegazioni di violenza, che però in tribunale non vengono prese in considerazione. Così nella maggioranza dei casi i bambini finiscono in affido condiviso anche al padre violento.

Le madri. Ginevra ha 35 anni quando le tolgono la figlia di 18 mesi appena, ricci biondi e manine paffute. La bambina, Leonine, viene affidata in via esclusiva al padre – per lei quasi uno sconosciuto – , facoltoso imprenditore romano già denunciato per violenza nei confronti delle due ex mogli e da Ginevra per maltrattamenti. Un uomo che la picchia in gravidanza e mentre allatta e che viene poi condannato per lesioni in primo grado dopo anni di processi. Nel decreto del Tribunale dei minorenni di Roma, che recepisce integralmente la consulenza tecnica d’ufficio (ctu), Ginevra viene definita affetta da disturbo istrionico della personalità, che ne compromette la capacità genitoriale in quanto le impedisce di esercitare le funzioni genitoriali in modo confacente alle esigenze della minore, esigenze che comportano il mantenimento di un rapporto assiduo e costante col padre. La madre, spiega il decreto, può avere quindi comportamenti imprevedibili e non controllabili. Il Tribunale sospende e poi toglie definitivamente la potestà genitoriale a Ginevra, vietando i rapporti tra madre e figlia.

Lucia a 35 anni conosce un uomo, rimane subito incinta ma lui cerca di farla abortire. Lei tiene il bambino, alla fine lui lo riconosce ma è una presenza sporadica nelle loro vite. Quando il bimbo ha 4 anni il padre fa partire la battaglia per l’affidamento, una battaglia che si conclude 6 anni dopo con l’allontanamento del bambino dalla madre e l’affido super esclusivo al padre. Il motivo: una consulenza tecnica d’ufficio che evidenzia il “conflitto di lealtà del bambino nei confronti della madre“, conflitto che impedisce al bimbo l’accesso al padre e costituisce il terreno su cui potrebbero innestarsi future evoluzioni psicopatologiche. In sostanza la Ctu definisce Lucia “alienante” e i servizi sociali inidonea. Così a novembre 2017, ancora prima del decreto del Tribunale di Venezia, Luca viene prelevato da scuola, portato in comunità, poi a casa del padre e della nuova compagna

Figli strappati. Leonine, la figlia di Ginevra, è una bimba che fino a 18 mesi vive quasi esclusivamente con la sua mamma e i nonni materni. A 6 mesi, sul seggiolone, assiste spaventata all’aggressione da parte del padre nei confronti della mamma. E’ una bimba che viene letteralmente strappata dalle mani della madre, che non vede più per dieci lunghi anni. Leonine cresce col padre e con la famiglia paterna, ha un fratellastro, una sorellastra e una matrigna. Vede per la prima volta la mamma a 11 anni, il 10 ottobre 2020, in una stanza davanti a due assistenti sociali. Chiede lei di vederla, insiste, dopo averla incontrata sui social e aver letto i suoi post. Un incontro carico di emozioni. Leonine e Ginevra si sciolgono in un abbraccio con tante promesse per il futuro. “Mi sei mancata tanto, ti voglio bene”, riesce a dire la bambina a quella mamma che le è mancata così tanto anche se non la conosce. Ginevra le regala una scarpetta che indossava quando era piccola, l’altra la tiene lei “con la promessa che un giorno le avrebbero rimesse insieme nella loro strada interrotta”. Promesse finora non mantenute.

Luca, il figlio di Lucia, è un bambino che dorme per la prima volta con suo padre quando ha 6 anni. E’ un bambino spaventato che crescendo – con l’aumentare dei giorni trascorsi nella casa paterna – non sta bene e si ammala sempre più spesso. La pediatra certifica insonnia, febbre, stati d’ansia. Ha paura che il papà lo allontani dalla madre, non vuole più andare neanche a scuola. A 8 anni, nei primi colloqui con la consulente tecnica d’ufficio, Luca racconta di aver sentito il padre e la compagna chiedersi: “Come facciamo a portarlo via da sua mamma? Così ho preso paura”, racconta Luca che piange quando deve andare dal padre. Luca è un bambino che a 10 anni – dopo essere stato strappato dalla sua famiglia, dalla casa, dai suoi amici – non vede la madre per otto mesi. Poi inizia a incontrarla una volta ogni quindici giorni in modalità protetta, in una stanza con le sbarre alle finestre. E così per un anno, per poi passare a un’ora la settimana fino alla pandemia, quando c’è un nuovo blackout

Oggi questi bambini sono cresciuti. Sono passati anni dall’allontanamento dalla madre: per Leonine 11, per Luca 5. Leonine ha 13 anni, è quasi un’adolescente, dopo il primo incontro con la mamma nel 2020 ci sono stati dei contatti poi interrotti, troppo dolorosi. Lei si lamenta dell’esposizione mediatica della loro storia, dei post sui social e rifiuta in qualche modo ciò che la madre le racconta. Leonine non conosce il passato, probabilmente non sa che il 23 marzo 2011 con un blitz di 8 assistenti sociali, forze dell’ordine e medici è stata prelevata da casa sua, la casa dei nonni materni e trasferita dal padre perché una Ctu ha accusato sua madre di non essere idonea. Non sa che la madre ha lottato ogni giorno per riaverla con sè, ma le è stato vietato qualsiasi tipo di contatto con la sua bambina senza un motivo chiaro.

Luca oggi ha 14 anni. In 4 anni non ha visto sua mamma complessivamente per un anno e mezzo. Da agosto 2021 Luca e Lucia possono incontrarsi all’aperto ma i rapporti sono cambiati. Luca ormai è lontano dalla madre, chiama mamma la compagna del papà, si confida con lei. Nella quotidianità si è dovuto adattare. A un certo punto ha iniziato a chiedere notizie di tutto, della loro storia, degli episodi di violenza. “Dice di non ricordare certi avvenimenti e di avere ricordi confusi”, ci racconta la mamma che spiega: “Luca ricorda bene gli agiti del padre ma li ha voluti rimuovere. Ci vediamo una volta a settimana, ci divertiamo, i nostri incontri sono più leggeri, non parliamo più del passato. Io chiedo solo di vederlo liberamente”.

Bambini traditi.Questi sono bambini traditi nei loro bisogni primari”, spiega Emanuela Iacchia, psicologa e psicoterapeuta dell’età evolutiva che fa parte dell’associazione Il Giardino Segreto. “Un bambino non può crescere se non all’interno di una relazione affettiva sicura. Questo trauma è una ferita così forte che ha interrotto il loro modo di vivere, minacciando la salute fisica e psichica. Il bambino blocca, dissocia le sue emozioni perché è stato tradito in quello di cui aveva più bisogno: l’accudimento. L’evitamento attuale della situazione, il non voler a volte incontrare la madre, è un sintomo del trauma: i ragazzini mettono in atto strategie per evitare fatti associati all’evento doloroso. Più evitano il ricordo più significa che la loro sofferenza è forte. La mente ha dovuto dissociare, ha tolto le emozioni dall’evento perché altrimenti il dolore sarebbe stato insostenibile”.

L’unica soluzione per chi ha vissuto un trauma così profondo è ripercorrere l’accaduto attraverso una terapia psicologica per capire cosa è successo. “Questi ragazzi hanno compiuto una sorta di dissociazione emotiva e si sono adattati a una narrazione esterna per sopravvivere. A questo punto devono ripercorrere passo per passo quello che è successo affinché possano curare le ferite e leggere la loro storia sotto altri punti di vista. Se ciò non avviene, il rischio è che le azioni e le emozioni legate al trauma non superato, vengano vissute e riproposte successivamente in un’altra relazione affettiva. Il rischio è che non si fidino mai degli altri – continua la psicoterapeuta – Per recuperare la relazione, le mamme con i loro figli, quando si incontrano, devono ritrovarsi nel presente, provare a vivere serenamente il qui e ora, conoscersi per quel che sono in questo momento della loro vita”.

La speranza. Lucia, oggi cinquantenne, spera che Luca crescendo si accorga di tutto quello che è successo, spera che ritrovi i ricordi. “L’unica cosa che mi rimane è la speranza – sottolinea Lucia – spero che prima o poi qualcuno ammetta che è stato commesso un errore enorme che ha sconvolto le nostre vite. Sono cicatrici indelebili che segnano per sempre. Il padre e i servizi sociali sostengono che Luca stia benissimo e non abbia bisogno di un supporto psicologico, ma non è possibile: si è dovuto adattare per sopravvivere”.

Ginevra, 48 anni, da cinque anni vive a Lipari: “rimanere a Roma e non vedere mia figlia sarebbe stato, se possibile, ancora più doloroso”, racconta. Per Leonine Ginevra coltiva un giardino, con la speranza che compiuti i 18 anni torni da lei. Per la sua bimba ha scritto un libro, dove c’è tutta la loro storia: vuole lasciare alla figlia una testimonianza, da affrontare quando sarà pronta.

La relazione della Commissione. L’indagine sulla “vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale” prende in esame un campione di 569 fascicoli del Tribunale ordinario, su 2.089 procedimenti di separazione giudiziale con figli minori relativi al trimestre marzo-maggio 2017 (7621 nell’intero 2017) e 620 fascicoli del Tribunale dei minorenni, rappresentativi dei 1.452 iscritti al ruolo nel mese di marzo 2017. I risultati mostrano che nel 34% dei casi sono presenti allegazioni di violenza domestica, ovvero denunce, certificati o altri atti e annotazioni (da sottoporre a verifica nel corso dell’iter giudiziario) relativi a violenza fisica, psicologica o economica, presentati soprattutto dalle madri. A volte la violenza riguarda direttamente i figli: nel 18,7% dei casi al Tribunale ordinario, nel 28,8% nei procedimenti pendenti davanti ai Tribunali per i minorenni. Nonostante ciò – si legge nella relazione – il totale delle sentenze definitive prevede nel 63,8% dei casi l’affidamento condiviso dei figli minori, non considerando quindi la violenza: i presidenti dei Tribunali, anche in presenza di allegazioni di violenza e di notizie relative all’esistenza di procedimenti penali pendenti o definiti, nel 96% degli episodi non hanno infatti ritenuto di acquisire d’ufficio i relativi atti. Inoltre, in più di un terzo dei fascicoli considerati, in presenza di violenza, il tribunale favorisce le trasformazioni dei riti da giudiziale in consensuale, delega gli accertamenti al servizio sociale e in presenza di consulenze tecniche d’ufficio, queste nel 61,2% dei casi vengono interamente accolte dal tribunale e recepite nei decreti. Anche perché nei quesiti vi è una totale assenza di riferimenti alla violenza. La relazione della Commissione mostra che nelle perizie, pur non citando direttamente la cosiddetta PAS – alienazione parentale -, ricorre sempre lo stesso lessico: la donna viene definita alienante, simbiotica, manipolatrice, malevola, violenta, inducente conflitto di lealtà, fragile. Senza considerare che in oltre il 60% dei casi l’ascolto del minore non viene disposto. “Numerosi – scrive la Commissione – sono gli affidi ai servizi sociali, misura che appare particolarmente punitiva per i genitori e fortemente rivittimizzante per le madri, che hanno subito maltrattamenti”. Nei 36 casi emblematici portati all’attenzione della Commissione – storie in cui le donne hanno denunciato di essere state vittime di violenza o hanno denunciato i partner per abusi sui minori – a 25 madri è stata limitata la responsabilità genitoriale e i figli sono stati allontanati, applicando la PAS o teorie analoghe. I restanti casi sembrano avviati ad avere la medesima conclusione.
“La violenza denunciata dalle madri esiste in oltre il 30% dei fascicoli esaminati dalla Commissione, ma non viene letta”, spiega Valerie Valente, presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio . “Il rischio più grande è che non si applichino le tutele previste dalla Convenzione di Istanbul sulla messa in sicurezza di donne e bambini, affidando il minore all’autore della violenza – nella stragrande maggioranza il padre – e mettendo in discussione la responsabilità genitoriale della madre, ritenuta colpevole del rifiuto del figlio nei confronti del padre. Così, in nome della bigenitorialità prevista dal nostro impianto normativo (legge 54 del 2006) , il bambino viene allontanato dalla madre e resettato per costruire il rapporto con entrambi i genitori. Il tema è che nei procedimenti civili o minorili la violenza viene ignorata o derubricata a conflitto, ritenendola appannaggio esclusivo del procedimento penale”, conclude Valente.

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Il Sole 24 Ore, con Alley Oop, è partner del progetto Never again, che ha come obiettivo quello di contrastare e combattere la vittimizzazione secondaria delle donne colpite dalla violenza.

NEVER AGAIN  è un progetto co-finanziato dal Programma Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza dell’Unione europea (2014-2020), GA n. 101005539. I contenuti di questo articolo sono di esclusiva responsabilità degli Autori e non riflettono il punto di vista della Commissione europea.

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  • Laura |

    Mi hanno tolto da una settimana mio figlio con una CTU fatta solo da 1 APPUNTAMENTO…E IL TRIBUNALE PENDE DALLE LABBRA DI QST PERSONE.

    VI CHIEDO AIUTO IMMEDIATO.

    LA CTU L HO ANCHE DENUNCIATA ALL ALBO.

    IO SONO UNA MAMMA Che HA SEMPRE LAVORATO IN PROPRIO O COME DIPENDE A TEMPO INDETERMINATO E STUDIATO FINO A 2 ANNI FA’ A 43 ANNI.

    LAURA 3394316361

  • Antonella |

    Buonasera vorrei un vostro contatto per chiedere un aiuto

  • maria cristina brancaccio |

    Buongiorno
    vorrei avere un vostro contatto telefonicoper avere un aiuto

  • Ezio |

    Per non generalizzare casi che vanno gestiti singolarmente e per avere una valutazione dell’impatto statistico dei casi di allontanamento dei figli dai genitori, vorrei conoscere se disponibili, quanti casi all’anno ci sono a carico delle madri e quanti dai padri.
    Grazie.

  • Cristina Apicella |

    Salve, vorrei poter dare testimonianza alla mia storia, personale, dove mi è stata allontanata una figlia di 13 anni , da sei mesi , e dove esiste per me una grave realtà, di violenza istituzionale. Grazie

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