Quanto è importante per uno sportivo poter vestire la maglia del proprio Paese? Quanta gratificazione c’è nel poter rappresentare i colori della nazione in cui si è cresciuti e di cui si condividono valori e tradizioni? Cosa rappresenta il nostro Paese per gli atleti, nati “stranieri”, che competono e vincono per i colori italiani?
La domanda sembra apparire retorica, ma così non è. La pluricampionessa italiana di getto del peso, Danielle Madam, vive sulla propria pelle una situazione complessa. Per lei il valore di sentirsi italiani può andare addirittura oltre il sogno di ogni atleta di partecipare alle Olimpiadi. Vuol dire appartenenza. Un’appartenenza che al momento non le è ancora stata concessa.
Danielle nasce in Camerun, ma sin da piccola arriva in Italia. Cresce e studia nel nostro Paese. Le elementari, le medie e così via fino ad oggi con gli studi universitari a Pavia. Solo a diciotto anni si accorge, però, che, per un inspiegabile errore burocratico, la sua residenza non risulta esser mai stata formalmente registrata. E purtroppo a nulla valgono i documenti che attestano l’aver frequentato le scuole italiane perché, come lei ci spiega, per la legge non può esistere una residenza retroattiva. Così, pur vivendo stabilmente nel nostro Paese da ben più di dieci anni (soglia che le permetterebbe di richiedere la cittadinanza), a Danielle non resta altro che attendere di raggiungere un requisito, che in realtà avrebbe già. Ma nel suo caso il prolungamento inaspettato di questo percorso comporta alcune limitazioni anche dal punto di vista sportivo.
La Federazione Italiana di Atletica Leggera le permette di gareggiare ai massimi livelli e ambire al titolo italiano, che Danielle ha peraltro conquistato in diverse categorie, mentre per le federazioni internazionali la cittadinanza rimane un requisito essenziale per poter rappresentare un Paese.
Quello di Danielle non è un caso isolato. Altre federazioni, oltre a quella di atletica, prevedono l’accesso alle competizioni nazionali anche per gli atleti “stranieri” stabilitisi in Italia che, come lei stessa ci ricorda, “anche senza essere cittadini italiani hanno potuto usufruire della competenza dei tecnici ed allenarsi sfruttando strumenti, materiali e piste messe a disposizione da quello che sentono come il proprio Paese”.
Questi atleti, però, pur potendo vincere il titolo di campioni italiani, non possono tuttavia indossare la maglia della nazionale nelle competizioni europee o mondiali.
Danielle però si sente italiana dentro, al punto che quando il Camerun le chiede di gareggiare sotto i suoi colori, lei rifiuta. E questa scelta va persino oltre il sogno di ogni sportivo: i giochi olimpici. In Italia Danielle, giovane atleta che gareggia in uno sport in cui la maturità sportiva si raggiunge attorno ai trent’anni, non ha ancora la misura per poter gareggiare alle Olimpiadi. Al contrario, scegliendo di competere come cittadina camerunense avrebbe questa possibilità: per incentivare lo sport nei Paesi più poveri, infatti, il comitato olimpico offre a questi stati la possibilità di far accedere alla competizione i loro migliori atleti, anche se questi non hanno raggiunto i criteri e le misure previste per atleti di altre nazioni. Una bella occasione, che potrebbe far gola a molti.
Danielle invece declina, scegliendo, con coerenza e con orgoglio, di essere italiana. Essendo residente in Italia da molti anni (nonostante alla burocrazia non risulti) si sente di dover restituire qualcosa al Paese che l’ha cresciuta e che l’ha formata, come persona e come atleta. Sceglie quindi di aspettare, sceglie di percorrere una strada lunga, ma corretta, che possa renderla italiana quanto prima. Senza far polemica, Danielle prova a superare gli scogli di una burocrazia che, correttamente, ha le sue regole.
In Italia si sente tanto parlare di fuga dei talenti, sportivi e non, ma si discute meno della capacità che una nazione ha di accogliere e riconoscere questi stessi talenti. Chi ascolta la storia della nostra pluricampionessa percepisce chiaramente il suo essere fiera e orgogliosa dell’Italia e dei nostri colori. E nel rispetto della legge che regola il diritto alla cittadinanza, non possiamo non sognare che esista una strada, legale e corretta, che possa cancellare l’errore e rendere merito al percorso sportivo di Danielle, italiana a tutti gli effetti.