Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, esistono 8 squadre femminili di flag football in Egitto e per la prima volta nella storia di questo Paese, la federazione ha organizzato, in collaborazione con la Star Wright Foundation, un vero e proprio torneo internazionale: l’African Bowl.
L’associazione di Star Wright, ex giocatrice e proprietaria delle Philadelphia Phantomz (una squadra di football americano femminile statunitense), ha l’obiettivo di creare nuove opportunità per tutte le donne in Africa di fare sport. A Kumasi, in Ghana, Star ha costruito due scuole e in Tanzania sta per inaugurare un campo da calcio, mentre in Egitto, oltre al torneo, ha deciso di organizzare un camp di football per permettere alle ragazze di migliorare le loro capacitá.
All’African Bowl, hanno partecipato due squadre egiziane, le Cairo Eagles e le Cairo Bears, la squadra marocchina Jaguars e il team USA delle Philly Phantomz. Nel 2017 e 2018 ho giocato proprio per le Phantomz che mi hanno invitato come guest player e coach per questo evento senza precedenti. Durante il camp, abbiamo avuto l’onore di allenare 150 atlete, mettendo la nostra esperienza al loro servizio e grazie all’aiuto di Jordan, Nike e Footlocker abbiamo donato tante attrezzature sportive a tutte le ragazze del camp.
Sono rimasta molto colpita dal livello di gioco delle atlete scese in campo, fortissime e determinate, ma soprattutto mi hanno sorpreso le loro storie. Nouran Elshemy, 23 anni, mi ha raccontato che quando ha iniziato a giocare a football, lei e le sue compagne di squadra non potevano permettersi un campo per gli allenamenti e quindi si allenavano in un parcheggio. Altre, come Razan Baraka, 16 anni, scavalcavano le reti nei centri sportivi di notte e si allenavano senza luci. Il loro coach diceva “se riuscite a ricevere al buio, alla luce nessun pallone vi sfuggirà”. Fouzia Madhouni, 25 anni, capitana delle Jaguars in Marocco, mi racconta che inizialmente la sua squadra aveva solo un pallone a disposizione per fare allenamento e nient’altro. Non avevano neanche le scarpe coi tacchetti, perché costavano troppo, eppure non ha mai smesso di credere nei suoi sogni.
Per fortuna la situazione negli anni è migliorata grazie al supporto delle squadre maschili che hanno riconosciuto il talento di queste ragazze. Rispetto a qualche anno fa, hanno fatto passi da gigante e si sono guadagnate il rispetto delle società creando una bellissima community di appassionate di flag football. Al torneo, lo stadio era gremito di un pubblico entusiasta, il camp è stato un concentrato di pura energia: queste ragazze hanno un fuoco dentro che non si spegne mai.
“Gioco a football perché sono una combattente” dice Fouzia. Dovete sapere che questa ragazza ha scoperto di avere il cancro al seno nel febbraio del 2020 e ha finito la chemio da poco. Due settimane prima del torneo ha subito l’ultima operazione ed è scesa in campo nonostante tutto. “Io non mollo la mia squadra nel momento del bisogno, il football è la mia vita”, dice. Anche se le sue parole possono sembrare estreme, la verità è questo sport t’insegna a lottare fino all’ultimo respiro per le persone che ami e una volta che inizi a giocare diventa uno stile di vita.
Durante il camp, noi coach avevamo il compito di individuare 3 talenti fuori dal comune per poter offrire loro una borsa di studio alla University of Saint Mary in Kansas, uno dei pochi college negli Stati Uniti dove esiste un programma di flag football femminile. Insieme alla head coach di Saint Mary, Angellica Grayson, abbiamo selezionato tre ragazze che continueranno la loro carriera sportiva negli States.
Questa è la prova di come lo sport sia in grado di cambiarci la vita, portandoci nei luoghi più disparati a vivere avventure straordinarie al di fuori della nostra comfort zone. Alla fine dell’allenamento, abbiamo chiesto alle atlete del camp se fossero interessate a giocare a tackle, il football con contatto e hanno alzato tutte la mano con un sorriso a trentaquattro denti, urlando a squarciagola “io!” Tantissime vorrebbero cominciare, il problema è l’attrezzatura, il casco e il paraspalle difficili da trovare in Africa e molto costosi, ma Star Wright, alla guida dell’omonima fondazione, ha già la soluzione: “Sono rimasta molto colpita nel vedere l’interesse di queste atlete nel tackle football e tra due mesi tornerò in Egitto, passando anche dal Marocco, per portare l’attrezzatura necessaria a creare le prime squadre di tackle in Africa”
Grazie a questo camp, ancora una volta mi rendo conto che il football americano è molto più di uno sport.
È l’arte di abbattere ogni barriera, ogni frontiera e ogni ostacolo.
Il football è famiglia, è sorellanza.
Ed è proprio grazie a questa sorellanza,
Che un centimetro alla volta,
Uno schema dopo l’altro,
Cambieremo il mondo
Insieme.