Se pandemia e lockdown hanno messo a dura prova tutti, è difficile non immaginare come il 2020 abbia pesato enormemente di più su tutte quelle persone che si prendono cura a tempo pieno dei più fragili, anziani e disabili. Un esercito di ‘invisibili’ che, anche in condizioni normali, vivono situazioni di stress cronico e spesso sono costretti a lasciare il lavoro e rinunciare alla propria vita per dedicarsi a un figlio con disabilità o a un genitore anziano e malato. Una figura che si destreggia ogni giorno tra i vari impegni, occupandosi di tutta la famiglia, oltre che del proprio caro malato assicurandogli l’assistenza terapeutica, la somministrazione delle medicine, dei pasti, e non ultimo il conforto morale. Vengono chiamati caregiver, un termine anglosassone ormai entrato stabilmente nell’uso comune che indica ‘colui che si prende cura’ di qualcuno gratuitamente perché solitamente è un parente stretto. Che non è l’equivalente del ‘badante’, nome che viene associato a una persona terza che viene retribuita per svolgere il lavoro di ‘cura’. Nel caso dei caregiver, si tratta di familiari, in prevalenza donne (74%) e di una età compresa fra i 46 e i 60 anni (38%), mentre ben il 31% ha meno di 45 anni. Donne per le quali il costo sociale della pandemia è stato e, purtroppo, continuerà a essere altissimo.
Incrocio fra difficoltà pregresse, problemi economici e stress psicologico
Durante il lockdown con le restrizioni alla libertà personale, iI carico di cura verso i più fragili è aumentato, complice la sospensione o la riduzione dell’aiuto di badanti o assistenti domiciliari. Ci si è trovati catapultati 24 ore su 24 nelle cure di una persona cara anziana o non autosufficiente.
In particolare, le donne durante il lockdown hanno dovuto gestire situazioni complesse e imprevedibili con un aggravio di stress. Infatti, alla già faticosa attività di assistenza del familiare non autosufficiente si sono aggiunte altre problematiche come la convivenza forzata con altri familiari, magari in spazi ristretti e la presenza dei figli a casa per la chiusura delle scuole. Grandi disagi a cui si sommano le difficoltà economiche aumentate e l’incertezza sul futuro lavorativo.
Senza contare le ulteriori problematiche sanitarie nel disporre con la stessa facilità di prima di aiuti socio-sanitari, dall’assistenza domiciliare all’accesso a centri specifici per le necessarie terapie. Un enorme problema che si trasforma in dramma quando il Covid bussa alla porta. Cure e assistenza diventano impossibili da affrontare se ad ammalarsi è proprio chi si prende cura dell’anziano o del malato, che non può rimanere solo a casa senza aiuti.
Per le famiglie con disabilità dati allarmanti in una fotografia drammatica
Da un questionario realizzato dal Confad (Coordinamento nazionale famiglie con disabilità), che raccoglie la testimonianza di circa 400 caregiver familiari da tutte le regioni italiane, nell’attuale fase 3 della pandemia peggiora il quadro allarmante già emerso durante la fase 1.
Uno dei temi più sentiti dai caregiver familiari si conferma essere la Dad (didattica a distanza) considerata inadeguata e insufficiente. Nel 75% dei casi i caregiver intervistati hanno evidenziato l’assoluta necessità di organizzare lezioni domiciliari, e non didattica a distanza, per gli alunni con disabilità in caso di nuovo lockdown.
Nel 70% dei casi non sono state recuperate le ore di assistenza alla comunicazione e all’autonomia non utilizzate a causa della chiusura delle scuole. In seguito alle misure restrittive emanate durante l’emergenza, oltre l’80% degli intervistati ha dichiarato di non essere stato contattato dalla scuola in merito ai protocolli per il trasporto scolastico delle persone con disabilità. Una persona su tre ha riferito che non è ancora stato assegnato l’insegnante di sostegno all’alunno con disabilità, ed è quindi evidente come sia di fatto pregiudicato il diritto all’istruzione per questi studenti.
Per le persone con disabilità che non frequentano centri o scuole, sono state effettuate attività da remoto che sono state valutate inutili o inadeguate nel 70% degli intervistati. Un altro dato drammatico è emerso in relazione alle persone con disabilità che si trovano in strutture residenziali, in questo caso oltre il 33% degli intervistati ha affermato di non avere avuto l’autorizzazione a tornare a far visita ai familiari residenti in strutture protette. I centri sono stati riaperti con orario minimo o ridotto nell’ 83% dei casi, da ciò si può facilmente intuire che tutto il carico di accudimento e assistenza è stato assunto ancora una volta dal caregiver familiare e dalla famiglia della persona con disabilità.
Il 20% degli intervistati ha dichiarato che gli operatori a contatto con i familiari con disabilità non hanno eseguito alcun protocollo anti-Covid, e uno su tre ha confermato che non risultano monitoraggi anti-Covid per il personale. Logica conseguenza di quanto emerso dai dati è stato l’aggravarsi del carico di attività per i caregiver rispetto alla fase 1, rilevato nel 57% dei casi. E guardando al futuro i sentimenti di rabbia, frustrazione e depressione restano significativamente presenti nelle vite dei caregiver, anche alla luce del fatto che questa categoria lamenta di non aver avuto alcun segno di attenzione reale da parte dei vari provvedimenti messi a punto dal governo per l’emergenza: solo nell’ 8% dei casi ha dichiarato di guardare al futuro con ottimismo.
Altri elementi interessanti sono emersi dell’indagine ‘Caregiver e Covid-19’ promossa dall’Associazione per la Ricerca Sociale (ARS) assieme ad Acli Lombardia, VillageCare e le sezioni lombarde di Legacoop, Spi Cgil, Fnp Cisl, Ordine degli Assistenti Sociali, Auser e Anteas. Per quasi la metà dei caregiver (45%) l’emergenza Covid ha aumentato l’esigenza di offrire compagnia. Un dato che fa riflettere sul livello di solitudine di molti individui, dove il bisogno è anche quello di avere una persona vicina e non soltanto qualcuno che cucina, fa la spesa e i lavori domestici. Durante l’emergenza si è usufruito quasi per nulla dell’assistenza da parte del Comune (5% dei casi), di volontari (9%), e dei servizi delle Asl (12%). Molti hanno sofferto per la chiusura di centri per anziani o disabili. Inoltre, solo il 17% dei caregiver ha usufruito (o ha intenzione di farlo) di giornate aggiuntive di permesso (ex legge 104/92) previste dal decreto Cura Italia.
Lettera al presidente Mattarella: con la pandemia famiglie sole, servono aiuti
In una lettera inviata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’associazione Caregiver Familiari Comma 255, insieme a decine di associazioni, ha denunciato la situazione di abbandono in cui si sono ritrovate le famiglie con persone con disabilità durante i difficili mesi del 2020 con aiuti economici insufficienti, assenza di percorsi in ospedali dedicati ai disabili che hanno bisogno di accompagnamento, servizi di assistenza ridotti al lumicino.
“Dal marzo scorso denunciamo la poca attenzione alla condizione delle persone con disabilità e dei loro caregiver familiari nel governare la crisi pandemica e sanitaria in atto”, si legge nella missiva, in cui viene sottolineato come “l’inesistenza di supporti economici ai caregiver familiari lascia le nostre famiglie più povere, abbandonate e sole“. E ancora: “Denunciamo l’assenza di percorsi di ospedalizzazione Covid-19 rispettosi dell’esigenza di accompagnamento dei nostri congiunti con disabilità” che in alcuni casi “induce le famiglie a non denunciare la positività della persona con disabilità o del caregiver familiare“. Le associazioni lamentano poi “il mancato ripristino dei servizi già carenti a regime e la forte resistenza di enti erogatori, lavoratori ed enti locali a rimodularli in forma domiciliare“.
Con la Legge di Bilancio rifinanziato il Fondo, ma serve una legge di tutela ad hoc
Con la Legge di Bilancio 2021 il Fondo per il caregiver familiare è stato inizialmente rifinanziato con 75 milioni nel triennio 2021-2023, 25 milioni ciascun anno. Poi un emendamento approvato nel passaggio parlamentare alla Camera ha incrementato il Fondo di 5 milioni per ciascun anno, per un totale di 90 milioni nel triennio (30 milioni l’anno). Il Fondo è stato istituito con la Legge di Bilancio 2018 (legge 205/2017, art.1 cc. 254-256) con una dotazione iniziale di 20 milioni per ciascun anno del triennio 2018-2020, poi aumentato di 5 milioni per anno dalla legge di bilancio 2019 (art.1, commi 483-484, della legge 145/2018).
Il Fondo in origine era destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare. Nel frattempo, però, si è conclusa la Legislatura e le proposte di legge sui caregiver sono rimaste ferme in Parlamento. La conseguenza è che il Fondo è rimasto fino ad oggi inutilizzato. Tuttavia, per aggirare il vincolo restrittivo della norma originaria, è intervenuta una nuova norma che ha modificato le modalità di impiego del Fondo. La sua dotazione adesso è destinata ad interventi in materia, adottati secondo criteri e modalità stabiliti con decreto del presidente del Consiglio, ovvero del ministro delegato per la Famiglia e le disabilità, di concerto con il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata.
In pratica, le risorse del Fondo si potranno spendere anche se il Parlamento non legifera. Così lo scorso 16 ottobre la Conferenza Unificata (Stato, regioni, autonomie locali) ha espresso parere favorevole ad uno schema di decreto di riparto del Fondo fra le regioni (circa 68 milioni di euro). Ma, considerando i vari tasselli burocratici mancanti, di nuovi sostegni se ne parlerà per il 2021 inoltrato. Oltre al fatto che non si sa esattamente in cosa consisteranno anche data l’elevata differenza territoriale. Inoltre, il Fondo così ripartito, pur sommando la destinazione di tre annualità è assai limitato rispetto ai bisogni, alle istanze, ai potenziali destinatari.
A oggi a tutela dei caregiver vi è solo la legge 104 che risale al 1992 che concede 3 giorni di permesso al mese o anche il congedo straordinario fino a 2 anni per i casi più gravi e comprende la pensione anticipata. Questo non è sufficiente per permettere al caregiver di avere una propria vita che vada al di là dell’assistenza del malato. Ci sono inoltre dei bonus e agevolazioni che tuttavia non sono ancora sufficienti.
La frammentarietà della normativa esistente fa comprendere come sia quanto mai urgente intervenire in Italia con una disciplina organica sui caregiver familiari, una legge che assicuri diritti e tutele a chi svolge di fatto un’azione insostituibile di sostegno al welfare. Una esigenza resa ancora più urgente da questo periodo di isolamento forzato. In commissione Lavoro del Senato è ancora ferma una proposta di legge (testo n.1461 prima firmataria la senatrice M5S Simona Nocerino) che aspira a essere una base di partenza per arrivare a una legge organica che valorizzerebbe questa figura riconoscendola giuridicamente e attribuendole detrazioni, contributi e crediti formativi, tutela previdenziale e conciliazione assistenza-lavoro.