I fili della vita, la storia scritta dai ricami delle donne

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Il mondo visto dalla cruna di un ago parla di donne, di forza silenziosa e rivoluzionaria, e della loro capacità di cambiare la storia. Il libro I fili della vita, scritto dall’artista e curatrice tessile Claire Hunter, rivisita la storia del mondo e dimostra, attraverso ricami e tessuti, che le donne hanno fatto la storia. È un inno all’arte tessile e a tutte le donne che, pur nell’ombra, sono state protagoniste. Il cucito è «relazionale, politico ed emotivo», è autobiografia e autodeterminazione.

Il più antico reperto di corda risale a 15mila anni prima di Cristo ed è stato rinvenuto in Francia, nella grotta dipinta di Lascaux. Da allora la storia è stata scritta con ago e filo perché tutto inizia come strumento basilare per la sopravvivenza. Nel prezioso volume di Claire Hunter, appena edito in Italia da Bollati Boringhieri, ci sono le donne di Plaza de Mayo che sul fazzoletto che portavano in testa ricamavano nome e data di nascita dei figli scomparsi, ci sono le arpilleras, tessuti realizzati dalle donne di Santiago del Cile contro Pinochet, ci sono le Glasgow Girls che elevano ad arte l’esperienza del ricamo, eredi di Mary Linwood, pittrice ad ago del ‘700, che esclusa dalle mostre della Royal Academy in quanto donna e ricamatrice, nel 1809 allestì una esposizione permanente delle proprie opere in una galleria di Leicester.

Ricamare è potere, fragilità, protezione, legàmi, valore, protesta, reclusione, arte. Come quella dell’arazzo di Bayeux, realizzato nella seconda metà dell’XI secolo per raccontare le fasi salienti della conquista normanna dell’Inghilterra del 1066, culminati nella battaglia di Hastings. Il drappo, conservato al Musée de la Tapisserie della cittadina della Normandia, è un dramma guerresco, frutto della stratificazione di racconti storici, biblici, della mitologia e del folklore, mostra scene corali di cui si fa fatica a interpretare i doppi sensi e gli enigmi intellettuali.

Tutto è declinato al maschile: l’arazzo è stato commissionato probabilmente da uomini (secondo alcuni studiosi dal vescovo Oddone di Bayeux), nel racconto iconografico sono presenti 632 uomini e solo sei donne. Ma quel che è certo, stando alle ricerche dell’autrice del volume, è che la manodopera è tutta femminile: perché la dolcezza di certe scene e la pietà per gli inglesi sconfitti parla di sensibilità femminile che così è arrivata fino a noi.

Allo stesso modo, non sono andati persi i pensieri di Maria Stuarda, regina di Scozia (1542-1587). Dopo lo scontro con la sorellastra Elisabetta I d’Inghilterra, fu imprigionata e poi condannata a morte per decapitazione. Nei 19 anni di reclusione, raccontò la sua angoscia con ago e filo. Sulla tela dipinse leoni intrappolati nelle reti, volatili in gabbia, un topo in fuga da un gatto rosso (forse perché Elisabetta aveva i capelli rossicci): «il ricamo diventa uno strumento per conservare la propria identità e continuare a esercitare il potere». E Clare Hunter sottolinea come quei lavori sono «espressione del potere regale e strumento di pressione per un possibile reinsediamento sul trono».
Nella storia, ieri, come oggi, la stoffa, con la sua fragilità, è corazza e breccia nella storia.


Clare Hunter, I fili della vita. Una storia del mondo attraverso la cruna dell’ago, Bollati Boringhieri, Torino, pagg. 384, euro 18,50