“L’ombra del vento” e l’eternità delle parole

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A ripensarlo tra un po’ di tempo, quando sarà abbastanza lontano da non fare più  paura, questo 2020 sarà di certo ricordato come un anno di sottrazioni. E di assenze.
Si è già portato via Luis Sepúlveda, morto per Covid a metà aprile, e adesso è di nuovo lutto nel mondo della letteratura, con la scomparsa di Carlos Ruiz Zafón, a soli 55 anni.

Se ne va un altro protagonista di quella ristrettissima cerchia di uomini e donne capaci di creare realtà avvolgenti, mondi misteriosi, costruiti su mattoni di libri, talvolta polverosi ma mai del tutto dimenticati. Lo scrittore spagnolo è morto il 19 giugno scorso, dopo una lunga malattia che aveva tenuto per sé. Era da poco nella sua casa di Los Angeles. Non ha nemmeno avuto il tempo di sperimentare il gioco delle sue parole, nel ruolo che il grande circo di Hollywood aveva appena pensato per lui.

A poco più di un mese dalla sua scomparsa, di lui vogliamo rileggere L’ombra del vento, il libro che per primo lo ha catapultato ai vertici delle classifiche dove è tornato prepotentemente dopo l’improvvisa notizia della sua morte. Uscito per la casa editrice spagnola Planeta, nel 2001, ha venduto oltre 15 milioni di copie nel mondo, tradotto in quasi 40 lingue. Ha dato l’avvio alla saga nota come Il cimitero dei libri dimenticati.

Come pochi altri autori, Zafón ha legato il suo nome alla città che lo ha visto nascere e lo ha fatto in maniera incontrollata e incontrollabile. Barcellona è nel libro la vera e assoluta protagonista, una presenza costante, sottotraccia, leggera e insieme pesantissima. Si intravede in ogni pagina, come in penombra, la si riconosce nei suoi reticoli di vie, pur non riconoscendola del tutto. L’effetto è quello del negativo, il bianco e nero che resta impresso nella pellicola quando ancora la si deve sviluppare e la foto non è che un ricettacolo di ombre.

A raccontare chi sia davvero lo scrittore sono i suoi romanzi, in grado di attraversare confini fino a dimostrare che il mondo, in realtà, di frontiere ha solo quelle che siamo noi a disegnargli sopra. Ma anche le voci di chi con le sue parole ha viaggiato. Chiara è una giovane libraia di Empoli. Lavora da qualche anno in una libreria indipendente nel cuore della città, insignita all’inizio del mese di luglio dal Ministero per i beni e le attività culturali e dal Centro per il libro del prezioso riconoscimento di Città che legge. Per Chiara l’incontro con L’ombra del vento è stato un vero innamoramento: “Succede che le parole di uno sconosciuto tocchino corde del cuore e quando questo sconosciuto è uno scrittore, sei una persona e una lettrice davvero fortunata. Così è stato per me, avevo dodici anni. Leggendo la storia della famiglia Sempere ho capito di voler fare la libraia e che il mio amore per i libri sarebbe stata la mia vita”.

Ed è così anche nel racconto. Per una strana combinazione, la trama di L’ombra del vento si srotola davanti agli occhi – ora increduli ora rapiti – di un adolescente. Suo padre è il vecchio proprietario di un negozio di libri usati, nella città antica. La storia di Daniel è un po’ la storia di Carlos e insieme quella dei tanti lettori che in questi venti anni si sono ritrovati nel tratteggio a carboncino che di quel protagonista l’autore ci ha regalato. Quello che conquista all’improvviso e già dalla prime pagine del romanzo è intanto il ritmo serratissimo. È come vederlo, lo scrittore dallo sguardo un po’ triste, col suo sorriso appena accennato che ti aggancia e ti prende per mano fino a trascinarti in una dimensione magica. Migliaia di tomi che abitano grandi biblioteche dimenticate dal mondo. Ci si ritrova presto come in un sottobosco, a intravedere creature inimmaginabili con cui si scopre d’aver condiviso gran parte della vita, senza nemmeno essersene accorti, se non ad un certo punto.

Spunti gialli, polizieschi, ma anche sentimentali, senza nessuna sbavatura retorica. Il libro è un ritratto caleidoscopico di un mondo al confine tra il presente e il passato, tra il reale e l’immaginario. Barcellona è quella del tempo eterno. L’ombra del vento fa scorrere uno dietro l’altro gli anni che seguirono alla devastazione della seconda guerra mondiale; c’è la dittatura con la sua ferocia vivida che è come esplosa davanti agli occhi del lettore. Con Il gioco dell’angelo e Il prigioniero del cielo si perlustrano le stesse vie, ma in ventenni differenti. Questo è Il cimitero dei libri dimenticati: il lungo racconto di tutti, nel breve racconto di qualcuno.

“Non so dire se dipese da queste riflessioni, dal caso o dal suo parente nobile, il destino, ma in quell’istante ebbi la certezza di aver trovato il libro che avrei adottato, o meglio, il libro che avrebbe adottato me”. Non è difficile pensare di aver individuato il gancio. È forse con queste parole che lo scrittore entra in contatto immediato con le tante Chiara che esistono tra noi, con quanti, tra i lettori compulsivi di tutte le latitudini, girano tra gli scaffali come in trance, fino a farsi trovare, e poi scegliere, dai volumi che infine si porteranno a casa. Un’inversione di ruoli che riflette, proprio come fa uno specchio, la magia di un rapporto inesauribile.

È così che Daniel si ritrova conquistato da un vecchio volume e, come accecato, si lancia alla ricerca affannosa di quel nome sulla copertina. Di Julian Carax non sa nulla, però. E non ne immagina nemmeno la forza, l’intensità delle suggestioni che è in grado di evocare. Chiederà a molti dello scrittore quasi sconosciuto, autore di libri introvabili. Ha in mano la sola copia sopravvissuta al suo stesso creatore e da lì parte per un viaggio che lo porterà fuori e dentro di sé. La corsa comincia col prezioso ritrovamento.
In tutto sono oltre quattrocento pagine, dense. La materia è storia, filata come lana, dalle mani sapienti di un narratore accattivante. Pagine sinuose, parole modellate da chi vuole ridar voce a qualcuno che era invece condannato all’oblio.

Quello che Carlos Ruiz Zafón ci lascia è un testo così vivo da sollecitare perfino i nostri sensi, attraverso i ricordi che si mischiano ai racconti. Accade come per magia che l’olfatto immagazzini e poi restituisca, durante tutto il tempo della lettura, quell’odore  un po’ acre e specialissimo che è solo delle pagine antiche. Una fragranza appena percettibile che promana da quel luogo in cui la memoria si lascia contaminare dall’immaginazione. Un’esperienza che – oggi più che mai – il lettore non potrà che associare al narratore spagnolo. A lui appartiene, nell’unicità del tratto distintivo, nel tempo eterno della parola infinita. Lì, nell’Olimpo degli scrittori – dove Chiara lo immagina –  “con i suoi occhialetti tondi, a scrutarci tutti dall’alto, per veder realizzare ciò che grazie alle sue parole ha preso vita”.


Titolo: “L’Ombra del vento”
Autore: Carlos Ruiz Zafón.
Editore: Mondadori
Prezzo: 14 euro