Due nuovi termini: il new normal e il new local. Ripartirà da qui, probabilmente, il sistema moda e soprattutto il lusso. La pandemia globale ha cambiato il mondo con cui confrontarsi e, secondo molti esperti, cambierà le scelte dei consumatori. “A mio avviso non esiste un new normal perché ci sarà un continuo assestamento della realtà nel prossimo futuro con un cambiamento delle persone e non mancheranno diverse scosse. Sul fronte del new local, invece, emerge la mancanza di attenzione delle aziende per la Customer relationship management. Venendo a mancare il turismo e gli acquisti di chi viaggia, i brand dovranno confrontarsi con i mercati locali e fare finalmente quel passaggio da consumatori a clienti. Il new local siamo noi e dovranno iniziare una nuova relazione con noi”. Helen Nonini, brand advisor e strategic consultant di molti brand del lusso, è convinta che il settore dovrà affrontare cambiamenti importanti, che per altro erano già in atto e sono semplicemente stati accelerati dall’emergenza.
L’occasione per parlare del futuro del lusso è stata la Breakfast organizzata dallo studio legale Linklaters, come ogni lunedì dall’inizio della quarantena. Ospite, questa mattina, oltre a Helen Nonini anche Arianna Casadei, terza generazione dell’impresa di famiglia e oggi head of communications dell’omonimo calzaturificio. “Siamo un’azienda familiare con una storia di 62 anni e abbiamo la produzione in un paesino dell’entroterra dell’Emilia Romagna e uno show room a MIlano, oltre a 25 punti vendita nel mondo. L’emergenza per noi a avuto un impatto su 3 stagioni: la coda della stagione estiva; la pre-collezione invernale che era avviata ma necessitava di aggiustamenti; e la collezione futura. Abbiamo lavorato con una realtà in costante evoluzione e stiamo lavorando con logiche commerciali diverse dal passato. Mio nonno mi dice: ‘noi abbiamo fatto la guerra, questa è la vostra’. E si tratta di una sfida importante per noi”.
E la sfida riparte anche con la riapertura dei negozi, che sarà la cartina tornasole di come i consumatori cambieranno le loro abitudini di shopping. “Stiamo riaprendo i punti vendita e stiamo lavorando per ottimizzare una parte che era manchevole. C’è un modo diverso e nuovo ora per arrivare ai potenziali clienti. Non avevamo le possibilità e l’attenzione delle grandi realtà del nostro settore, soprattutto per i grandi investimenti richiesti. Inoltre avere un calendario molto compresso non ci permetteva di arrivare a tutti i potenziali clienti in maniera ottimale: ora stiamo sviluppando una strategia nuova di contatto attraverso i canali social e i negozi” spiega Arianna Casadei, aggiungendo poi: “Il fatto di essere un family business e avere un rapporto diretto con le nostre clienti storiche ci permette di avere un feedback importante. Abbiamo lanciato una campagna su Instagram per tenerci compagnia durante la quarantena, ad esempio. Sul fronte dei trend ci aspettavamo un approccio diverso ai prodotti con caratteristiche magari di maggiore praticità. E invece le clienti ci anno sorprese: il comun denominatore è stato di voler sognare“.
Il dibattito all’interno del mondo del lusso è stato senz’altro animato dalla lettera di Armani, che sottolineava le storture e gli errori fatti in termini di tempistica delle collezioni (un periodo troppo breve nei negozi) e del numero troppo elevato di sfilate in giro per il mondo. “Una grande fetta del fatturato di Armani viene dal beauty e non dai vestiti. E’ importante partire da qui per leggere ciò che ha scritto. Il suo invito è interessante, ma penso che la vera questione sia che è ora per l’Italia di fare sistema come la Francia sta facendo da tempo. La vera sfida non sta tanto nella piattaforma e nella soluzione digitale, ma è sempre più il contenuto che fa la differenza. Il riportare qui le sfilate riavvia un meccanismo che fa lavorare tutto un indotto che è stato tolto a Milano nel tempo” sottolinea Helen Nonini, proseguendo poi: “Il vero punto è che molte cose erano già obsolete: le sfilate ad esempio, che permettevano alle grandi maison di creare degli show, per gli altri era un frullatore da cui non riuscivano a staccarsi. Era un linguaggio morto già prima della pandemia”.
Il primo mercato a ripartire è stato quello cinese. Lì si è parlato di revenge shopping: i consumatori sono tornati ad acquistare in massa dopo il lockdown come a voler recuperare il tempo perso. Ma Helen Nonini avverte: “La Cina è un caso a parte perché ha un elevato numero di persone con alta capacità di spesa. Bisognerebbe capire il revenge shopping quante persone ha coinvolto. temo si tratti di spese elevate epr un numero ridotto di clienti”.
Casadei, che ha 25 punti vendita al mondo, lavora per l’armonizzazione dell’accoglienza nei negozi, perché il lusso è soprattutto un’esperienza. “Certo a Milano e Pechino i clienti hanno un approccio diverso. Ma noi abbiamo una tradizione di famiglia: i miei nonni portavano mio padre e mia zia nei negozi delle diverse città per cercare di capire quali sono gli approcci che si sarebbero dovuti sviluppare. Oggi tutti gli store manager delle nostre boutique hanno un periodo di training in azienda, perché capire i valori dell’azienda e della produzione fatta a mano è importante” spiega Arianna Casadei, che poi specifica: “Nel nostro caso specifico in Cina abbiamo una situazione particolare perché il brand era stato acquisito da un operatore locale che però non lo ha mai usato. Quindi noi siamo presenti come Cesare Casadei. Le autorità, però, ci hanno dato ragione e dovremmo risolvere a breve la questione tornando in possesso del nostro brand. I segnali, comunque, che vengono dal Paese sono positivi: abbiamo avuto subito richieste di riassortimento ma siamo molto cauti“.
Guardando al futuro Helen Nonini suggerisce una commistione importante fra moda e teatro: “Tutto quello che vediamo attraverso i social media ha un tempo rarefatto. Il lusso è invece una questione di aspirazione e perché lo resti deve avere qualcosa che duri nel tempo. La moda dovrebbe sviluppare nel futuro una collaborazione con il mondo della cultura e lavorare con i registi teatrali potrebbe essere una strada nuova. Nel teatro, che è ovunque, è importante la capacità di mettere in scena e che le persone restino sospese in quel momento. Si tratta, quindi, dell’opportunità di un linguaggio nuovo”.