Sono le donne a sceglierlo. Calipso stretta dalle sue stesse reti di seduzione si innamora di Ulisse, ma deve lasciarlo andare. Nausicaa, invece, è una seduttrice immatura, non osa toccarlo. Circe dominatrice, disprezza i maschi finché non lo incontra, uno diverso da tutti gli altri. C’è Euriclea, la nutrice che lo ha cresciuto, le Sirene, ciecamente decise a distruggerlo. E lei, Penelope, la sposa che attende il marito con la sua stessa astuzia e caparbietà. E’ la storia d’amore di molte donne de “L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre” di Marilù Oliva, intessuta da ciascuna protagonista, che canta le peregrinazioni dell’eroe inquieto.
Un lavoro di riscrittura fedele al poema omerico originale, che dà voce alle diverse figure femminili, e permette tra le righe di riscoprire il ruolo rivoluzionario delle eroine, se è vero come scrive l’autrice che “il destino di Ulisse-Odisseo non si compirebbe senza le donne”. Quello che cambia, in un poema in cui tutti puntano a un obiettivo, è l’oggetto del desiderio. Mentre Odisseo rappresenta il viaggiatore, il migrante, l’esule, ma anche l’uomo che insegue se stesso, le voci femminili incarnano paradigmi di donna. Da quella più asservita, come Euriclea alla più emancipata, Circe. E per la Oliva la grande forza dell’Odissea è la sua capacità di rispecchiarsi nell’attualità.
Tra Calipso e gli amanti condannati alla prigionia della propria solitudine
La ninfa seduttrice non sopporta che Odisseo mormori il nome di Penelope, spezzandole il cuore, perché dice “lo seguo ogni mattina e ogni mattina mi piego all’umiliazione”. Ha accolto prima l’uomo come una piacevole compagnia, diventato in sette anni qualcosa di insostituibile, che la sconquassa dentro. Il suo è un animo altalenante, prima detesta l’eroe, poi prova la necessità di sfiorarlo, stringerlo, si illude che sia suo. Alle descrizioni sensuali del corpo ambrato, la grotta profumata, prima di lasciarlo andare per volere di Ermes, lui la rincuora con queste parole «Certamente Penelope non può competere con te, vincerai sempre tu in bellezza e giovinezza. Ti ringrazio, Calipso, per ciò che mi proponi, ma non posso accettare, lo sai: l’unica cosa che voglio è tornare in patria». L’ addio di Calipso è a un eroe molteplice, colui che si sa volgere in molte direzioni: l’uomo poliedrico, capace di adattarsi ma anche di mettersi in gioco, di mutare aspetto a seconda delle circostanze.
Tra Nausicaa e quelli che sognano un amore impossibile
Saluta Odisseo come l’eroe poliedrico anche Nausicaa, lui, lo straniero giunto alla sua terra. Per lei l’amore ancora non era giunto, se non sotto forma di insulsi pretendenti che, sebbene nobili, non le suscitavano interesse. Lo scorge mentre era andata a lavare i panni insieme alle sue ancelle dietro i cespugli. “Mi pare che Odisseo mi lanci un’occhiata, ma forse è solo suggestione, perché io già nuoto nel lago implacabile dell’amore”. Lei che farebbe di tutto per diventare sua moglie, il sogno di vivere accanto a Odisseo la sfianca. Il suo cuore sanguina, stringendosi durante l’addio in una certezza: “lui se ne andrà, lo sento, e io chiuderò nel pugno il mio unico sogno d’amore. In ogni uomo che pretenderà la mia mano, in ogni timbro virile che mi sfiorerà le orecchie, cercherò la sua voce pacata che racconta prodigi e l’accortezza di chi sa che il coraggio non ha senso se non viene donato anche agli altri”.
Tra Circe e coloro che inseguono l’emancipazione
“Eccoli, gli sciocchi. Uomini. Animali. Maiali. C’è poi così tanta differenza? Sono arrivati qui spossati dai viaggi e dalle intemperie, cercando quello che ogni maschio insegue. Cibo. Riparo. Una donna che li accudisca. La proiezione della loro madre. Che noia, questi uomini!” Inizia così il capitolo dedicato a Circe, maga che prima adesca poi castiga tutti i maschi per poi trasformarli in animali, per impedire che siano loro a sopraffarla. “La donna, nel nostro tempo antico” afferma “serve solo per procreare o dedicarsi alla famiglia o accondiscendere al piacere dei maschi”. Per la maga, che non accetta questi ruoli, l’unico modo per sfuggire alle prigionie è catturare chiunque le si avvicini e renderlo innocuo. Avrebbe preferito ergersi ad avversaria per Odisseo, ma Ermes non glielo ha permesso. Gli ha passato il moly dal bianco fiore, salvandolo. L’ennesimo addio avviene mentre lui la implora nel letto: «Circe, dobbiamo ripartire». Lei le risponde: «Lo vuoi davvero o lo vogliono i tuoi cagnolini?» E lui: «Loro mi piangono sempre attorno quando tu non ci sei: è vero. Però lo voglio davvero».
Sbranano anche le Sirene, mentre aspettano sugli scogli che passi qualcuno per spolparlo di carni e midollo, e lasciare poi luccicare le sue ossa al sole. “Noi siamo così perché lo siamo diventate” dicono “predatrici del mare per necessità, fameliche perché non abbiamo mai ricevuto nulla”. Esperte di canto, accompagnano le musiche con voci che prodigano ipnosi, pregustano le prede catturate, la masticazione delle carni lacerate, il sangue che cola caldo. Sanno che Odisseo cerca il sacro dono della conoscenza, perché deve possedere lo scibile. Lui si salva legato alla nave dai suoi compagni, mentre le Sirene gridano “fermati, eroe che rinasci in tanti travestimenti”.
E grazie a questa sua capacità di travestirsi, da mendicante l’eroe re di Itaca si presenta a Penelope, incontrando prima la schiava Euriclea, che lo ha cresciuto da bambino, e lo riconosce dalla ferita sulla coscia.
Tra Penelope e chi sa che la diplomazia, unita all’avvedutezza, è una delle più potenti armi di cui l’ingegno possa disporre.
L’amore profondo per lei, la sposa di cui si scopre una personalità meno sottomessa, più volitiva. Astuta e diplomatica nel gestire l’assedio invadente dei Proci nella sua dimora. “Ho giocato d’astuzia per tanti anni, rimandando, intrecciando, scomponendo, sorridendo talvolta, talaltra promettendo con parole alate che svanivano dopo pochi istanti. L’ho fatto per conservare il trono dell’uomo che amo da oltre vent’anni. L’ho fatto perché mio figlio godesse della legittima successione. Ho lottato con le unghie e con le zanne, ma quelle della mente. Con la determinazione di chi sa che c’è in gioco il potere, il regno su un’isola, il sogno di un amore, la solidità di una famiglia”. L’uomo vestito da mendicante scocca il dardo che, in un attimo, attraversa tutti gli anelli. E lei capisce che lui era colui che stavano aspettando. “Sono di nuovo al tuo fianco, amore mio. Ci sono sempre stata” è la frase di Penelope che chiude il libro.
Alla sua voce, a quella di Circe, Calipso, tra le altre fa da controcanto Atena, dea ex machina, che sprona sia Telemaco sia Ulisse a fare ciò che devono: la voce della grande donna dietro ogni grande uomo.
Oliva attualizza la voce omerica attraverso la scelta della prosa, di uno stile ritmato da una prima persona che muta di capitolo in capitolo e del presente come tempo verbale sovrano. Recupera la musicalità della poesia epica attraverso la cadenza del verso, mantenendo l’autenticità della parola arcaica sul versante filologico.
Ma la grande contemporaneità è anche quella dell’ uomo, eroe che sa reinventarsi, nascondersi e poi comparire in nome di una giustizia che prima di tutto è umana. In questo senso, in Odisseo, ciascuno deciderà cosa trovare: l’icona indelebile di un supereroe o addirittura un frammento, magari invincibile, di se stesso.
Titolo: L’ Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre
Autore: Marilù Oliva
Editore: Solferino
Prezzo: 16 euro