Le donne vittime di violenza domestica tornano a chiedere aiuto, anche se in lockdown. Dopo un drammatico iniziale crollo delle chiamate, appena iniziata la fase di pandemia e con le donne vittime costrette in casa con il maltrattante, nell’ultimo mese sono salite le richieste di aiuto ai centri antiviolenza della rete D.i.Re, che raccoglie 80 organizzazioni sul territorio nazionale, con un incremento significativo da parte di donne che erano già seguite dai centri antiviolenza della rete D.i.Re. Si registra, però, anche un calo delle prime richieste di aiuto da parte di donne “nuove”, che non si erano mai rivolte prima a un centro antiviolenza, confrontando i dati con quelli degli anni precedenti.
Dal 2 marzo al 5 aprile 2020 i centri sono stati contattati complessivamente da 2.867 donne, di cui 806 (28%) non si erano mai rivolte prima ai centri antiviolenza D.i.Re.
L’incremento delle richieste di supporto, rispetto alla media mensile registrata con l’ultimo rilevamento statistico (2018) è stato del 74,5 per cento. “Ben oltre 1200 donne in più si sono rivolte ai centri in poco più di un mese, rispetto alla media annuale dei contatti registrata nell’ultima rilevazione ”, nota Paola Sdao, che con Sigrid Pisanu cura la rilevazione statistica annuale della rete D.i.Re, “un dato che conferma quanto la convivenza forzata abbia ulteriormente esacerbato situazioni di violenza che le donne stavano vivendo”.
“Un dato che ci preoccupa sono le nuove richieste di aiuto, che rappresentano solo il 28% del totale, quando invece nel 2018 rappresentavano il 78% del totale delle donne accolte”, segnala ancora Sdao. “E di queste solo il 3,5 per cento sono transitate attraverso il numero pubblico antiviolenza 1522”. “I nostri dati ci confermano che i centri antiviolenza sono un punto di riferimento per le donne a prescindere dal 1522, servizi essenziali mai citati nei vari DPCM che si sono susseguiti e che hanno proseguito la propria attività nonostante le difficoltà”, commenta Antonella Veltri, presidente di D.i.Re.
“Oggi, ancora in piena emergenza, siamo nella stessa situazione di 53 giorni fa, quando si è registrato il primo decesso per Covid. Nonostante avessimo chiesto risorse straordinarie e le necessarie protezioni per gestire l’accoglienza, i centri antiviolenza e le case rifugio hanno dovuto nella maggior parte dei casi provvedere in autonomia a mettersi in sicurezza e a reperire alloggi di emergenza”, fa notare la Presidente di D.i.Re. “I fondi del 2019 sbloccati dal Dipartimento Pari Opportunità il 2 aprile devono ora transitare per le Regioni: ad aggi nessuna Regione risulta essersi attivata”, denuncia Veltri. “Inoltre non si tratta di risorse aggiuntive, ma di risorse destinate a fondamentali attività aggiuntive, quali la formazione e l’inserimento lavorativo delle donne, che ora verranno meno”.
“E i 3 milioni annunciati con il Cura Italia sono irrisori, rispetto ai bisogni dei centri. Non siamo ancora fuori dall’emergenza”, conclude Veltri, “e ora che si sta avvicinando il momento della riapertura del paese nessun intervento è stato previsto per affrontare la situazione mentre le richieste di supporto potrebbero aumentare ancora, come è già successo in Cina. Il governo deve assolutamente cambiare strategia”.