Ho smesso di usare Tinder. Ho smesso di guardarmi intorno pensando che da qualche parte avanzi un pezzo che mi completa. Mi guardo intorno, invece, per capire come fanno gli altri e, come da mia abitudine, studio. Cerco cause ed effetti di questo radicale cambiamento di sguardo: come se dentro di me si fosse spenta quella lampadina. Era una lampadina che faceva luce su uno spazio vuoto: era aria ma anche ansia, calore ma anche, ogni tanto, gelo.
Per ora ho messo insieme tre risposte alla domanda: perché ho smesso di avere voglia di innamorarmi?.
La prima è banale: le esperienze dell’anno passato (degli anni passati?) alla fine, messe tutte insieme, mi hanno semplicemente tolto ogni fantasia. Perché se hai fame e sei curiosa mangi, e assaggi cose anche molto diverse; ma se tutte in qualche modo ti fanno male o ti deludono, allora torni al menu precedente, più noioso e familiare, che ti sazia senza farti male. In questi anni ho incontrato uomini di altri pianeti e, siccome in comune avevano solo me, il problema sono chiaramente io.
Per chi sta facendo la collezione di fidanzate grazie alle app di dating, per chi da anni dice di aspettare di decidere se la sua vita è veramente sua, per chi inizia con dolcezza e poi ti si siede sopra come se tu fossi una sedia vuota: per questi uomini non vado bene, e la responsabilità è mia.
Sono forse arrivata alla fine della mia dose di speranza, parola che significa letteralmente attesa?
La seconda risposta che mi sono data è bio-antropologica: forse non ho più l’età. Anzi, forse ho l’età in cui cominci inesorabilmente a bastare a te stessa. La fine della vita fertile è dietro l’angolo: posso immaginare che questo comporti una diminuzione delle componenti ormonali che ti spingono alla ricerca di un partner.
Può darsi che l’intenzione intellettuale e quella emotiva non bastino più, che siano state schiacciate e messe a tacere da (la mancanza di) istinti umani che non mi assegnano più un bisogno di amore?
La terza risposta – la mia preferita, ma anche forse la più preoccupante – è ontologico-professionale.
Se esiste una dose finita di passione a disposizione di ognuno di noi, può darsi che io la stia mettendo già tutta in quello che ho e che faccio oggi?
Sono follemente innamorata dei miei figli, che crescono e sono ogni giorno più belli, complessi, da scoprire. Sono poi coinvolta e avvinta nella mia azienda in modo quasi insostenibile: un amore che è anche preoccupazione, perché sento che dovrei prendere e dare delle distanze. Warren Buffet ha detto che è questo che cerca nei fondatori delle aziende in cui investe: che non amino il denaro, ma ciò che fanno. E fare ciò che ami, ma soprattutto farlo per amore, sembra essere una delle chiavi del successo della new economy.
Anna Oxa canta: “La mia vita è questa qua e un’altra dentro non ci sta”. Ecco, oggi mi sento proprio così, e non ho ancora capito se sia una buona notizia oppure no.