Giornata della Memoria, come ricordare l’Olocausto nell’era digitale

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Il 27 gennaio 1945 le truppe russe entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz dove, si stima, morirono tra gli 1 e 1,5 milioni di persone, ebree per la maggior parte. Per questo motivo ogni anno in questa data si celebra il Giorno della Memoria. A 75 anni di distanza da tali eventi la generazione dei sopravvissuti e altri testimoni oculari dell’Olocausto sta scomparendo ma le risorse digitali ci possono aiutare a ricordare, non solo gli avvenimenti della storia ma anche quali sono i risultati nefasti dell’intolleranza sistematica.

Su Instagram

Uno degli account Instagram più toccanti è stato creato dallo US Holocaust Memorial Museum di Washington che si impegna a ispirare cittadini e leader di tutto il mondo a combattere l’odio, prevenire i genocidi e difendere la dignità umana. Ogni foto racconta una piccola ma tragica storia personale di deportazione. Altri scatti invece diventano l’occasione per riportare aneddoti storici legati alla guerra e alle condizioni di vita dell’epoca. Nelle stories del profilo anche approfondimenti ben curati sul genocidio del Ruanda, sulla situazione in Siria e sull’antisemitismo oggi.

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Nel febbraio 2019, sempre su Instagram è partito il progetto @Eva.stories che cercava di interrogarsi su cosa sarebbe successo se ai tempi dell’Olocausto ci fosse stato Instagram. L’account, che conta 1,4milioni di follower oggi, è stato ideato da Mavi Kochavi e ha ricreato in una serie di storie i frammenti di vita di Eva Heyman, una ragazza ebrea tredicenne di Nagyvárad (Ungheria) realmente esistita che tenne un diario dal 13 febbraio 1944 al 30 maggio dello stesso anno, quando venne deportata in un campo di concentramento dove perse la vita.

L’accuratezza storica è alta e la narrazione utilizza tutti gli strumenti tipici delle Instagram Stories, dalle gif ai filtri. Una scelta che ha procurato al suo ideatore anche diverse critiche.

Gli avatar della Usc Shoah Foundation

è il portale online della Survivors of the Shoah Visual History Foundation, nata nel 1994 per volere di Steven Spielberg. L’organizzazione ha raccolto oltre 55mila testimonianze video di sopravvissuti e testimoni non solo dell’Olocausto ma anche di atri otto massacri perpetrati successivamente.

new-dimensions-in-testimony-1Tra i modi innovativi ideati dalla fondazione per tenere vive le storie raccolte c’è stato anche quello di dare una versione digitale ai sopravvissuti alla Shoah. Il primo a partecipare al progetto New Dimensions in Testimony è stato Pinchas Gutter, che nel 2014 ha risposto a circa 1,500 domande per oltre 20 ore di interviste. Le risposte dell’uomo hanno formato un database che alimenta la sua persona digitale (con la vera voce dell’uomo) che grazie al riconoscimento vocale ed elaborati algoritmi individua le domande e risponde in modo appropriato. L’avatar di Gutter dal 2015 è presente in alcuni musei – il primo è stato l’Illinois Holocaust Museum – dove interagisce con i visitatori rispondendo alle loro domande.

Dentro il processo di Norimberga

Un altro progetto ambizioso portato avanti con l’ausilio delle nuove tecnologie, a dire il vero ancora in fase di prototipo, è Courtroom 600. L’Università del Connecticut sta studiando un’esperienza di apprendimento immersivo usando la realtà virtuale che consenta agli utenti di entrare nel Justizpalast della città tedesca di Norimberga dove dal 20 novembre 1945 al 1º ottobre 1946 vennero processati nazisti e collaboratori.

courtroom600Pensato soprattutto per le scuole, il progetto consente di impersonare un membro fittizio della squadra dei procuratori degli Stati Uniti dell’epoca per indagare su copie digitalizzate di documenti e fotografie, raccogliere prove e, in altre parole, vivere attivamente le fasi del processo. Per questo progetto la UConn e le organizzazioni partner hanno digitalizzato 50mila tra deposizioni, fotografie, prove, corrispondenza, bozze di documenti legali e altri documenti usati come prove durante il processo Norimberga. Il materiale d’archivio utilizzato per l’esperienza virtuale proviene dai lavori del consulente esecutivo Thomas J. Dodd, conservati presso gli archivi della UConn Library e altre collezioni speciali.

La musica è memoria

Per le vittime del nazismo, la musica era un mezzo importante per preservare la propria storia (e umanità). Con le canzoni i perseguitati dalla guerra cercavano di sfuggire alla realtà e dare voce al loro desiderio di libertà. E ancora, tra le righe degli spartiti, le persone trovavano conforto e speranza. In alcuni ghetti, come in quello di Varsavia, c’erano anche piccole esibizioni pubbliche. Sempre lo US Holocaust Memorial Museum ha raccolto in questa pagina una serie di inni partigiani, canti dei ghetti e dei campi di concentramento e altre canzoni popolari. Tale musica, in particolare le canzoni d’attualità ispirate alle notizie dell’epoca, funge oggi da documentazione storica.

I film disponibili sulle piattaforme di streaming

Non solo Schindler’s List, l’opera del 1993 di Steven Spielberg che vinse sette premi Oscar. Le piattaforme di streaming video – a partire da Netflix e Prime video – ospitano diversi film e documentari dedicati al tema. Disponibili su Amazon per esempio Defiance – I giorni del coraggio, che racconta la storia vera dei partigiani Bielski, o Il figlio di Saul. Su Netflix invece si possono rintracciare Il banchiere della Resistenza, candidato agli Oscar 2019 dall’Olanda per la categoria miglior film straniero, e Operation Finale che racconta la storia dell’agente del Mossad Peter Malkin e della cattura in Argentina del criminale nazista Adolf Eichmann.

Libri digitali e raccolte fotografiche

libro-camp-systemInfine da una collaborazione tra il Museo del memoriale dell’Olocausto degli Stati Uniti, la Biblioteca Wiener a Londra e il Servizio internazionale di tracciamento a Bad Arolsen, in Germania, sono nati due libri consultabili online che si concentrano il primo sul sistema dei campi e il secondo sulle donne sotto la persecuzione nazista. Mentre la mostra fotografica In Black and White è la prima esposizione virtuale messa a punto dal Buchenwald Memorial, che dispone di un inventario di circa diecimila fotografie, sulla storia di un campo di concentramento.