“Il mio ruolo all’interno dell’azienda ha diversi obiettivi: per esempio diventare inutile. Non ci dovrebbe neanche essere bisogno di un diversity leader.”
Carlamaria Tiburtini, diversity leader di Avio Aero, ha più di vent’anni di esperienza come hr director. Quando apre il suo bagaglio di pratica e cultura per raccontare la sua professione, lo fa con una positività coinvolgente e con il sorriso di chi possiede la forza di un’idea chiara. Dopo lo Sda in Bocconi, ha attraversato il mercato passando per contesti B2B e B2C, da multinazionali come L’Oreal fino a giungere ad Avio Aero, che opera nella progettazione, produzione e manutenzione di componenti e sistemi per l’aeronautica civile e militare.
“Nella mia idea di Inclusion 4.0” continua a raccontare ad Alley Oop, “non c’è bisogno di Carlamaria per parlare di diversità, perchè il tema è intriso nel dna di tutti noi. E in questo senso sono convinta che le multinazionali, dato il loro peso specifico e la loro forza, abbiano il dovere di agire e ispirare, e che i progetti riusciti non devono essere patrimonio esclusivo di chi li fa, ma condivisi. Altrimenti sono fini a se stessi, mentre le grosse aziende hanno l’opportunità di cambiare il mondo, influenzare l’ambiente”.
Ecco il movente che ha portato alla nascita del Diversity & Inclusion Council, che sotto la guida di Tiburtini promuove e coordina strategicamente progetti, azioni, eventi volti a realizzare una concreta inclusione delle diversità e favorirne l’interazione. Attraverso un sistema di microcellule, gli Affinity Group, coordinate da un leader, si punta a valorizzare una specifica diversità, nelle sue competenze sia umane che professionali. “Il concetto di alleato è fortissimo per me, e ha peso nel nostro organigramma” continua Tiburtini. “C’è una trasversalità di ruoli per cui tutti lavorano a supporto del progetto e le connessioni sono importanti”. I focus delle affinità scandagliate sono: Race & Ethnicity, Generation & Age, Religion, Gender, Sexual Orientation, Disability, Education.
“Il concetto di diversità non ha a che fare col queer, ma col rispettare la complessità degli individui” spiega Tiburtini, “la libertà di pensiero, la vita privata, includere le persone con i loro bisogni e loro attività. Solo in questo modo si può arrivare ad accogliere in azienda l’individuo senza costringerlo a frammentarsi in due. La mentalità comune è mettere una tuta da lavoro poi toglierla a casa, io immagino un’azienda in cui tutti si sentano come a casa: a proprio agio”.
Per realizzare questa visione, Tiburtini punta molto sull’apporto delle generazioni più giovani, perchè in loro individua una maggiore attenzione verso certe tematiche: “I Millenials scelgono con più consapevolezza aziende che fanno inclusione o hanno rispetto per l’ambiente come per le persone. Non hanno più la chimera del posto fisso, ma hanno altre equazioni, un bilanciamento diverso. E in questo momento straordinario, in cui in azienda si trovano a convivere anche 5 generazioni a confronto, dobbiamo fare i conti con la diversità di paradigmi, mettere insieme il nuovo con il vecchio, fare inclusione”.
Se è vero dunque che la diversità è un fatto e l’inclusione è una scelta, come recita il claim del D&I Council, ci sono diversi ambiti d’azione in cui si muovono i progetti aziendali: la calendarizzazione di eventi annuali tematici, la partecipazione a eventi sul territorio, anche con Associazioni e realtà d’eccellenza che pratichino l’inclusione, ma soprattutto il lavoro sui fattori culturali. Spiega Tiburtini: “Il linguaggio è una modalità di comportamento. È importante favorire una comunicazione appropriata in azienda. Soprattutto in un’azienda come la nostra”. Qui Tiburtini cita con trasporto il concetto di epochè, l’atto filosofico di sospensione dell’assenso, necessario per liberarsi dai pregiudizi, soprattutto quelli inconsci. Nella sua narrazione professionale c’è un vero valore morale, ma allo stesso tempo la consapevolezza di chi sa benissimo che il trigger che muove il business non è mai l’amore, che tutto deve essere strettamente legato agli obiettivi aziendali. Laddove però è dimostrato che le best practice in tema di inclusione portano anche a una crescita in termini di produttività. Perchè di fatto, chi sta meglio lavora anche meglio.
“Tutte le leggi in tema di inclusione hanno il potere di cambiare la direzione delle cose” continua Tiburtini. “Ed è importante che ci siano, in un contesto come quello italiano in cui le aziende, soprattutto se b2b, sono tendenzialmente in ritardo sui temi D&I, e non esiste un albo, un’associazione di categoria, una normativa. Ecco perchè qui solo il 21% delle aziende ha un diversity leader. Il mio stile non è imporre, ma è vero che se c’è una normativa di riferimento diventa più facile farsi venire idee creative”.
Parla di stile, Carlamaria Tiburtini, del suo stile. E non c’è dubbio, ascoltando le sue parole, di incontrare una leadership solida, motivata e coinvolgente. Uno stile che può fare davvero la differenza.