Centri antiviolenza a rischio, ancora gravi ritardi sui fondi

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Venti milioni di euro di fondi statali stanziati nel 2018. Ad oggi, di questa cifra, solo lo 0,39% è arrivato nelle casse di centri antiviolenza e case rifugio, pari a 77mila euro. Percentuale che sale al 34% per i fondi del 2017 (12,7 milioni) e al 63% sui 17,5 milioni del biennio 2015-2016. E’ quanto emerge dal monitoraggio di Action Aid, aggiornato a ottobre 2019, sulle risorse che ogni anno il Dipartimento pari opportunità distribuisce alle regioni in base alla legge 119/2013, la legge sul femminicidio. “Vi è una mancanza di volontà politica di considerare la prevenzione della violenza una priorità”, ci spiega Isabella Orfano, esperta di politiche di genere ActionAid. “I tempi si allungano perché esiste una onerosità dei procedimenti amministrativi che mal si concilia con un carenza di personale a tutti i livelli. Dalla parte iniziale della filiera dei fondi – quella statale – a quella territoriale, il ritardo si accumula e passano mesi e mesi: dal primo momento di ripartizione dei fondi al momento in cui arrivano nelle casse degli enti locali che gestiscono i centri possono passare anche due anni”, continua l’esperta.

E la situazione sembra destinata a ripetersi anche per il 2019: il decreto per la ripartizione dei 30 milioni di euro annunciati non è ancora stato emanato, anche se la neo ministra per le Pari opportunità, Elena Bonetti, ha assicurato che arriverà a breve (vedi l’articolo di Alley Oop del 14 novembre). Gravi ritardi nell’assegnazione delle risorse mettono a rischio il diritto a essere assistite per le quasi 15 mila donne (Istat) che ogni anno si rivolgono alle strutture di accoglienza in Italia. I dati raccolti da Action Aid mostrano, ad esempio, che a tre anni dall’emanazione del decreto per la ripartizione dei fondi 2015-2016, solo Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Valle d’Aosta hanno liquidato totalmente le risorse, destinate per il 67% a strutture esistenti e per il 33% a nuovi centri. Riguardo al 2017, il decreto è stato emanato l’1 dicembre 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale sette mesi dopo e le risorse sono state trasferite dal Dipartimento Pari Opportunità tra ottobre e dicembre 2018. Dodici regioni hanno impiegato 4 mesi ad assegnare il primo acconto alle strutture, ma a ottobre 2019 solo Friuli Venezia Giulia e Molise hanno liquidato tutti gli importi. Per il 2018 (decreto 9 novembre), l’effettivo trasferimento è avvenuto a luglio 2019 e solo il Molise ha liquidato una quota dei fondi. “Difficile dire quali siano le regioni più virtuose – sottolinea Orfano – ognuna mette in atto un procedimento di erogazione dei fondi diverso. La situazione è molto variegata”. Alcune strutture però rischiano di fermarsi proprio per la mancanza di soldi, come il centro antiviolenza Thamaia di Catania. La Sicilia negli ultimi 5 anni ha chiuso 30 case rifugio, la Campania 9 centri fra il 2017 e il 2018, mentre Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Puglia hanno aperto nuovi punti di accoglienza. In totale, Action Aid a fine 2018 contava 280 centri e 222 case rifugio tra quelli finanziati dalle regioni secondo la legge del 2013.

Di piano nazionale, fondi, norme e  azioni concrete nella lotta a un fenomeno radicato nella società come la violenza sulle donne si parlerà al convegno nella sede del Sole 24 Ore organizzato da Alley Oop-Il Sole 24 Ore dal titolo  #NONSEISOLA – #SEMPRE25NOVEMBRE

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