Queen Maya al WeWorld Festival: «Quando sei sul ring, devi essere giudicata come atleta»

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«Mi piacerebbe che cambiasse questo punto di vista perché quando sei sul ring, sei una lottatrice, non devi essere giudicata per il tuo aspetto fisico, ma per come sei atleticamente e per come lotti». Sono le parole di Queen Maya, la prima wrestler italiana, tra le protagoniste della decima edizione di WeWorld Festival, in programma al Teatro Litta di Milano, venerdì 23 e sabato 24 novembre. Queen Maya prenderà parte al talk dal titolo “Dritte alla meta. La lunga corsa verso l’emancipazione femminile nello sport”, insieme all’ex pallavolista Francesca Piccinini, Serenella Quarello e Fabiana Bocchi, autrice e illustratrice di “Non puoi correre con i pantaloncini corti” (Rizzoli) per parlare di sport come veicolo di emancipazione e nuova frontiera per sfatare stereotipi di lunga data sulla figura femminile

Queen Maya, nome d’arte di Adele Bernocchi, è tra i punti di riferimento e tra le fondatrici dell’ICW, Italian Championship Wrestling®, la Federazione Italiana di Wrestling, e sugli stereotipi ne ha da raccontare, avendo iniziato quando in Italia non c’era nulla del genere per le donne. «Mi piaceva tantissimo questo mix di sport e spettacolo – racconta Bernocchi, una laurea in filosofia e una carriera nel settore delle Risorse Umane –  lo seguivo con tanti amici e conoscenti, anche con la mia famiglia. Grazie ad Internet ho conosciuto altri appassionati come me che ho potuto incontrare di persona e insieme abbiamo dato vita alla Federazione per far conoscere questo sport americano». Gli inizi sono stati duri, tanti viaggi e altrettante trasferte per inseguire una passione e soprattutto quasi nessuna struttura dove potersi allenare adeguatamente.

«All’inizio non c’erano altre ragazze con cui lottare – prosegue – e il mio era un ruolo quasi da factotum, a volte presentavo, a volte accompagnavo i lottatori e li studiavo per capire le loro mosse. Durante questa gavetta ho capito tante cose, e avevo una gran voglia di salire sul ring anch’io! Quando arrivarono altre ragazze con cui poter gareggiare, ho finalmente potuto debuttare nel giugno del 2006. Da quel momento non mi sono più fermata».

Il nome Queen Maya nasce dal suo amore per l’antichità, dopo gli studi in filosofia, e dalla consapevolezza di essere l’unica donna fino a quel momento, una sorta di auto proclamazione che ben si sposa con la struttura stessa dello spettacolo wrestling che propone al pubblico un’ampia gamma di personaggi ben riconoscibili anche da un pubblico di bambini e teen-ager.

queen-maya_7«E’ il mio alter ego, sul ring sei te stessa, ma col volume alzato, all’ennesima potenza. Ogni weekend esco dalla porta di casa e mi trasformo, un po’ come fanno i superoi. E mi sono presa anche le mie belle soddisfazioni» aggiunge.

«È uno sport di contatto, di combattimento, devi lottare, sollevare, è faticoso e gli allenamenti si fanno insieme agli uomini, facciamo le stesse cose. Ma devi dimostrare che sei tosta quanto loro, quando cadi e quando combatti, quindi fai doppia fatica – conclude  – anche il pubblico va convinto. Il match femminile non è programmato per fare una cosa “diversa”, o per accontentare i papà nel pubblico. Non è una lotta coi cuscini o quella delle donne nel fango, è un incontro di wrestling a tutti gli effetti e superare i pregiudizi non è stato facile. Oggi si può dire che di strada ne abbiamo fatta tanta, Abbiamo sfondato una porta. Chi ha 20 anni adesso e ha voglia di iniziare può effettivamente giocarsela. Stiamo lavorando per il futuro». E chissà come sarà per le sue due bambine di cinque anni che vivono in famiglia quest’atmosfera di sport, spettacolo e competizione.

«Al WeWorld Festival vorrei lanciare proprio questo messaggio – dichiara – anche quando si tratta di uno sport prevalentemente maschile, se c’è tanta passione dietro, non bisogna mai rinunciare al sogno di praticarlo. Il wrestling è uno sport un po’ di nicchia, ma permette a ciascuna di sentirsi forte, di acquisire sicurezza, e permette di cambiare la percezione del pubblico che non guarda più né con ironia, né con superficialità, ma con rispetto. Ognuna è se stessa sul palco, senza pensare alle forme e senza voler essere perfette a tutti i costi, da quella più mingherlina a quella giunonica, ognuna ha il suo e può dimostrarlo».

L’evento del 23 e del 24 novembre vedrà film, spettacoli, talk e mostre, tutte ad accesso libero e gratuito, per parlare di empowerment femminile e diritti delle donne nell’evento annuale di WeWorld Onlus, la Fondazione impegnata da oltre vent’anni nella difesa di donne e bambini in Italia e nel mondo.

Tanti gli ospiti che si alterneranno per accendere altrettanti riflettori su questioni che meritano moltissima attenzione. Ci saranno la fotografa palermitana Letizia Battaglia, protagonista del documentario “Shooting the mafia” di Kim Longinotto, in anteprima per gli spettatori del Festival e che andrà nelle sale dal 1 dicembre prossimo: si tratta di un ritratto intimo e personale della Battaglia, fotoreporter per il quotidiano L’Ora.

weworld-festival_salaLo scrittore e giornalista Roberto Saviano dedicherà il suo monologo alle donne e ai bambini che il nostro Paese sta lasciando indietro, tra dispersione scolastica e violenza contro le donne e i loro figli, da Scampia a San Basilio, da Sant’Elia alla Barona. E poi ancora interverranno Donatella Finocchiaro, Eva Cantarella, Alba Parietti, Camilla Filippi, Benedetta Porcaroli, la star del fumetto Silvia Ziche, le scrittrici de “Le Nuove Eroidi”.

Per la prima volta in Europa, inoltre, ci sarà anche l’attivista del Kenya Ledi Meingati per riportare la sua testimonianza e il passaggio da vittima di mutilazioni genitali femminili a protagonista del cambiamento: «Per la decima edizione del WeWorld Festival vogliamo ribadire, con ancora più forza, che per difendere i diritti delle donne e dei bambini serve lavorare con costanza, pazienza e coraggio. Serve affrontare la violenza partendo dalle sue cause, contrastando gli stereotipi e combattendo la povertà e la mancanza di opportunità che lasciano indietro troppe persone in Italia e nel mondo – commenta Marco Chiesara, Presidente di WeWorld – serve intervenire sugli effetti della violenza, fisica ed economica, e stare al fianco delle donne che vogliono costruirsi una vita nuova e serve fare tutto questo tenendo insieme mondi e linguaggi diversi, dalle riflessioni sulle migrazioni, alle testimonianze e racconti sulla condizione delle donne e dei bambini nel mondo».

Il 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne,  WeWorld rinnova il proprio impegno nella difesa dei diritti delle donne e contro ogni forma di violenza, con una campagna, di cui il Festival è l’evento culminante che include il coinvolgimento delle istituzioni, con la presentazione del nuovo rapporto MAKING The CONNECTION, del pubblico e il lancio di una campagna di sensibilizzazione nazionale, #unrossoallaviolenza, realizzata insieme a Lega Serie A e alla sua terza edizione, che nasce per dare un simbolico cartellino rosso alla violenza sulle donne.


Il 25 Novembre al Sole 24 Ore a Milano si terrà l’evento #NONSEISOLA #sempre25novembre dalle 17.30 alle 20.00. Per le iscrizioni cliccare sul programma qui di seguito:

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