Trent’anni dalla morte di Scirea: il calciatore nei ricordi della moglie

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Se Scirea era così diverso dal resto dei calciatori era anche perché sua moglie Mariella era altrettanto differente dalle mogli dei colleghi. Il detto, un po’ abusato, secondo cui dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna perde la ridondanza del luogo comune con Gaetano e Mariella.

scirea2Scirea, di cui il 3 settembre ricorrono i trent’anni dalla scomparsa su quella maledetta strada sgangherata della Polonia, è stato immenso e lo dicono i numeri: 563 partite in bianconero (meglio di lui solo Alex Del Piero e Gigi Buffon), 36 gol (un’enormità per un difensore), tutte le coppe vinte, compreso il Mondiale di Spagna 1982 e anche zero espulsioni, zero squalifiche in sedici anni di carriera.

È stato un capitano molto juventino e, allo stesso tempo, molto amato da tutti perché certo rispetto per tutti gli avversari è merce rarissima. In questi trent’anni Scirea ci ha accompagnato con i suoi modi, i suoi silenzi, il suo stile, così dirompenti oggi perché così distanti, anche grazie a Mariella che ne ha tenuto vivo il ricordo, lontana da atteggiamenti lacrimevoli, ma sempre in prima fila per portarne avanti i valori e la disciplina.

mariella-scireaPer Dino Zoff, amico di una vita «era un uomo, era sincero e puro, senza sovrastrutture. Aveva il pudore delle parole, un sentimento raffinato e raro già allora». Lo stesso pudore che si ritrova nella moglie Mariella. Ha partecipato con discrezione a tutte le cerimonie in memoria del marito, ha continuato a stare vicina alla famiglia bianconera, nella quale ora lavora anche il figlio Riccardo come data analyst, cioè come colui che analizza allenamenti e gare con software che aiutano gli allenatori a leggere meglio le prestazioni dei giocatori e degli avversari.

Dal calcio degli anni 80, più pane e semplicità, in cui i calciatori aprivano le porte ai giornalisti, emerge la figura di una donna forte, di grande personalità che non rinuncia al suo lavoro di impiegata perché moglie di un calciatore: «Ho studiato – ricordava – e faticato per avere il mio lavoro e non voglio sprecare tutto». Era un’Italia piena di valori, alla ricerca di concretezza e lontana dalla fatuità di certe wags di oggi. Mariella non si considerava femminista, era già oltre: difendeva il suo ruolo e lo nobilitava con l’indipendenza.

scirea4Si erano conosciuti al pensionato, dove Scirea abitava nei primi mesi torinesi. Qualche sguardo durante le partite di briscola, il desiderio di conoscerla, ma il primo passo fu di Mariella. Da lì il fidanzamento, il matrimonio a Morsasco, nel Monferrato, il figlio Riccardo e poi il dramma avvenuto in Polonia il 3 settembre 1989. A sposarli era stato don Gianni Minetti, parroco di Morsasco, che, nell’omelia per i dieci anni dalla scomparsa, ricordava così casa Scirea: «Da dieci anni per me Scirea è un modello da proporre. Nei corsi prematrimoniali racconto l’esclamazione che gli scappò quando spiegai a lui e a Mariella il senso dell’amore: “È meraviglioso!”. Paradossalmente è una lezione di vita anche l’anello nuziale che non si è mai tolto e che servì a riconoscerlo dopo l’incidente in Polonia».

Oggi Mariella è una signora elegante, incorniciata nelle sue bellissime collane, fa la nonna, la tifosa della Juventus e non perde una inaugurazione, una intitolazione – ormai decine e decine – che ricordi il marito e ha già lasciato il suo desiderio più grande: «L’ho già detto a Riccardo, ho scelto la foto per quando morirò, ho trent’anni e sono bella, non potrò andare vicino a Gai sembrando sua nonna».

Ed è proprio vero che sempre dietro a un grande uomo c’è una grande donna.