Breve storia di un matrimonio fra le nuvole

airplane-backlit-clouds-1262304


Da grande voglio fare il professore…la mattina, di pomeriggio il pompiere come il draghetto Grisù (dalla serie animata ideata dai fratelli Nino e Toni Pagot) e di notte il pasticcere! Perché si sa, i pasticceri devono lavorare di notte”. Questa la risposta che diedi a mia madre quando mi domandò, all’età di cinque anni, che tipo di aspirazioni avessi. A pensarci bene, un bambino un po’ (troppo) secchioncello e paffutello non avrebbe potuto rispondere diversamente. In quel momento mi vedevo così e nulla avrebbe scalfito le mie indistruttibili certezze. Trentacinque anni, e parecchie iniezioni di razionalità dopo, non ho ancora ben deciso cosa vorrei fare da grande, ma ho decisamente abbandonato aspirazioni stacanoviste piegandomi a orari lavorativi tanto più consoni quanto creativi. Crescendo i nostri sogni spesso cambiano e, da un giorno all’altro ci accorgiamo che dopo un’intensa giornata da avvocato risulta difficile perfezionare una carriera da pasticceri delle tenebre.

Non vale dunque la pena sognare? Tutt’altro, anzi. Ciò che ci spinge da bambini ad individuare questo o quell’impiego non è tanto l’impiego in sé, quanto l’idea che svolgerlo ci piacerà, ci farà divertire ed essere felici. Un’idea che rimane nel tempo e fa comprendere, anno dopo anno, che per essere felici in termini lavorativi (o per lo meno sereni, la felicità è un concetto troppo aulico) non basta svolgere il lavoro dei nostri desideri ma è importante svolgerlo in un ambiente in cui siamo e ci sentiamo sereni, accolti, compresi. Cosa che non è per nulla scontata, anzi.

Durante le settimane dedicate all’Onda Pride, mi è capitato di imbattermi in due piloti di easy-jet Michael e Steven, sposati da diversi anni. Michael mi ha raccontato la loro storia, una storia bellissima. Gli anni dell’infanzia, della famiglia, degli studi. La difficoltà del coming-out ma anche l’inaspettata gioia che ne è derivata. Il pilota, si sa, è considerato nell’immaginario collettivo un lavoro molto maschile, “macho” e si porta dietro infiniti stereotipi, soprattutto nel mondo militare. “A quei tempi l’omosessualità era totalmente inaccettabile. Non si trattava tanto di un problema per soldati e ufficiali di grado inferiore ma era totalmente fuori discussione per gli ufficiali incaricati, la categoria in cui ho scelto di servire”. Eppure Michael si è sempre adoperato non soltanto per fare il lavoro dei suoi sogni, ma anche affinché il suo luogo di lavoro fosse un luogo felice. E sembra esserci davvero riuscito. Approdato in Easyjet, infatti, ha conosciuto il suo futuro marito.

Sicuramente siamo stati la prima coppia maschile di Capitani nella storia dell’azienda. L’abbiamo fatto capire molto chiaramente il giorno in cui siamo stati assunti. Ho avuto il privilegio di effettuare uno dei miei primissimi voli di standardizzazione con un fantastico Capitano di addestramento, considerato da tutti un riferimento d’eccellenza. Non solo è stato probabilmente il miglior addestratore che abbia mai incontrato e con cui ho avuto l’onore di volare, ma ha anche dimostrato di avere un sorprendente tocco umano. E’ stato il primo a parlarmi della cultura aperta che abbiamo in EasyJet e dell’impegno profuso nelle pari opportunità di trattamento. Ha insistito sul fatto che avrei dovuto venire immediatamente da lui, se mai mi fossi imbattuto in discriminazioni o commenti di odio”.

In questo contesto Michel e Steve hanno quindi deciso fare il grande passo e di sposarsi. “Diversi fattori hanno determinato la nostra scelta – racconta Michael – Prima di tutto, ovviamente l’amore. Poi, tutti e due avevamo ancora all’epoca due nonne abbastanza giovani ed essendo in entrambi i casi il primo nipote era anche un bel regalo per loro vedere il nostro matrimonio. Finalmente, abbiamo scelto di sposarci nel 2008 nella nostra casa di famiglia costruita nel 1608. E’ stata, quindi, occasione per una bella festa di famiglia nel 400esimo anniversario della sua costruzione. Per quello che riguarda il cambiamento che ci ha portato…per chi crede nell’istituzione del matrimonio come noi, ha cambiato il nostro legame, rinforzandolo ovviamente”.

Una storia che porta con sé una riflessione importante. Ciò a cui ha puntato Michael fin da bambino non è stato soltanto fare il lavoro dei suoi sogni ma anche e soprattutto adoperarsi per svolgere la propria occupazione in un ambiente che lo facesse sentire accolto e sereno. Per dirla alla Eleanor Roosevelt la scuola, la fabbrica o la fattoria dove si lavora “sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cercano uguale giustizia, uguali opportunità, eguale dignità senza discriminazioni. Se questi diritti non hanno significato lì, hanno poco significato da altre parti”.

In EasyJet siamo orgogliosi di poter contribuire allo sviluppo di una cultura più inclusiva e libera dagli stereotipi – commenta Lorenzo Lagorio, Country Manager EasyJet per l’Italia – e riteniamo che questo contribuisca al continuo successo della Compagnia. Questo ci permette inoltre di attirare e trattenere una forza lavoro che riflette la diversità dei nostri clienti (…). La storia di Michael e Steve rappresenta la migliore testimonianza dell’impegno che mettiamo tutti i giorni sul campo per combattere ogni forma di discriminazione”.

Da parte mia non sono diventato un professorpomipierpasticcere. Sono un semplice avvocato sui generis che ha lasciato che i suoi sogni si sviluppassero e crescessero in una direzione diversa (e in termini di economia temporale certamente più umana). Tuttavia ho mantenuto quell’idea secondo la quale posso fare solo un lavoro che mi piaccia in un ambiente sereno in cui non mi senta un estraneo. Per questo ad ogni colloquio, che sia di lavoro o con un cliente, non manco di far trapelare la mia attenzione verso i diritti e la tutela delle diversità. Non per ostentazione ma perché ho raggiunto la consapevolezza che posso sviluppare la mia vita in maniera serena soltanto ove posso anche sviluppare la mia personalità pienamente e preferisco che ciò sia ben chiaro fin dall’inizio. Altrimenti tradirei quel bambino paffutello e secchioncello, i suoi sogni e la sua immaginazione. Tanto che alla domanda di mia madre “E quando pensi di dormire caro?” rimasi alquanto contrariato, ha sempre peccato proprio di immaginazione.