Lo scudetto mancava a Catania da otto anni. “Sembrava quasi un incantesimo, aspettavamo da molto, troppo tempo questa seconda stella. Finalmente, l’incantesimo si è rotto”. Così Tania Di Mario, quarant’anni appena compiuti e già presidente della Ekipe Orizzonte, racconta ad Alley Oop della vittoria delle ragazze della pallanuoto.
La squadra siciliana ha battuto la SIS Roma lo scorso 12 maggio, alla piscina comunale della Plaia, a due passi dal mare dal fondale di sabbia, assicurandosi per la ventesima volta il titolo. La finale di play off della serie A1 è stata decisa dalla forza e dalla determinazione di un collettivo abituato a grandi imprese. Marletta, Bianconi e Iopannou hanno poi firmato la vittoria. “Domenica c’erano proprio tutti. C’era il mondo che ruota attorno a noi, c’era la pallanuoto giovanile. Ma a quella partita c’era anche la città che faceva il tifo”, continua Tania.
Siamo ai piedi dell’Etna che fa bella mostra di sé dalla struttura a vetri della piscina. La si vede coperta come mai in maggio di un velo di neve che sembra di zucchero. E l’odore di cloro che proviene dalle vasche al piano di sopra lascia immaginare le ore di lavoro. E’ qui che le pallanuotiste curano la preparazione, “è un percorso impegnativo, le atlete si allenano ogni giorno, due volte la settimana fanno anche i doppi turni”.
Proprio all’ingresso del centro sportivo, la vetrina con i trofei. Accanto alla coppa che è valsa alle ragazze la laurea di campionesse d’Italia c’è anche quella che racconta della vittoria in Europa, in una finale combattuta e tesissima contro le ungheresi. Quel trionfo chiude un mese in cui davvero di più non si poteva proprio vincere. “La Coppa Len è arrivata prima della finale di campionato. La competizione internazionale, per i non addetti ai lavori, è paragonabile a quella che per il calcio è la coppa UEFA. Per noi tutte è un grande risultato”. Un’immensa soddisfazione, stampata in volto.
Tania ha un passato da giocatrice di successo. Prima di lasciare le gare e diventare presidente ha vinto una medaglia d’oro ai giochi olimpici di Atene 2004 e una d’argento a quelli di Rio de Janeiro 2016; tre volte oro agli europei e una volta ai mondiali, nel 2001. Poi ha iniziato ad allenare, dapprima le giovanissime dell’Under 15. Fino a quando ha deciso di lasciare la vasca e a dicembre dello scorso anno è diventata mamma. “Per una donna – noi lo sappiamo fin troppo bene – non è sempre facile conciliare famiglia e lavoro. Per le atlete lo è ancora meno. La maternità è una scelta e ti cambia, ti trasforma anche fisicamente. Per me era arrivato il momento. Certo, si smette di giocare in prima persona ma si soffre e si gioisce ugualmente, in maniera molto intensa, anche fuori dalla vasca”.
Una vita di successi sportivi è anche quella di Martina Miceli. Da sette anni fuori dalle competizioni nel ruolo di pallanuotista, oggi è lei che allena le compagne dell’Orizzonte. “Io non sono mamma tecnicamente, ma mi sento di esserlo per le ragazze che ho visto crescere, dai denti da latte alle prime soddisfazioni nelle coppe europee. La maternità può avere davvero mille facce”. E così ha costruito la vittoria delle sue atlete, insieme a Tania con la quale condivide le origini romane e l’oro alle Olimpiadi di Atene del 2004. Classe ‘73, Martina ha vinto due volte la medaglia d’oro ai mondiali e quattro agli europei.
Donne sul podio, di loro si può proprio dire. Vincenti ma dilettanti. Sì, perché in Italia una donna che pratica sport può accadere che vinca campionati su campionati, che riceva le più alte onorificenze, ma il professionismo resta per lei un’altra cosa.
La legge prevede infatti che CONI e Federazioni possano decidere e segnare le differenze.
Un’atleta dilettante non conoscerà le tutele di chi lo sport lo pratica per mestiere. E questo è un fatto, non le spetta né a livello retributivo né a livello contributivo, nessuna copertura, nessuna garanzia. Insomma, nessuna sicurezza. “Molte di noi hanno provato nel tempo a chiedere una riforma ma ci vuole una rivoluzione, altrimenti il professionismo diventa un’arma a doppio taglio”. Martina e Tania hanno le idee chiare: non è pensabile lasciare tutti gli oneri a carico delle società, soccomberebbero in fretta senza sovvenzioni né un sistema di finanziamento. In questa direzione va anche l’attività dell’associazione nazionale delle atlete, che si batte per il riconoscimento delle sportive quali lavoratrici. Da poco audita in Parlamento, cerca parità, contrastando discriminazioni e differenze di genere.
Ma quali sono i prossimi obiettivi? Lo chiediamo a Tania che guarda già al campionato, alle nuove sfide. Martina ci dice invece che per lei non è ancora il momento di tirare il fiato. È stata appena scelta per allenare la nazionale universitaria. “Le Universiadi quest’anno si terranno a Napoli, sarà ancora più entusiasmante. Da allenatrice hai la responsabilità del lavoro delle altre, provi a dosare l’ansia perché della tensione passi solo l’energia e la forza. A luglio si riparte. Di nuovo tutte in vasca, dunque”.