Competenze digitali: la strategia dell’Ocse

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I processi di digitalizzazione stanno trasformando le società, le economie e le vite delle persone di tutto il mondo. E’ una sfida importante che porta immediati benefici ma tutti gli studi di settore concordano sul fatto che se le persone non hanno le competenze adatte a gestire questo cambiamento, la società potrebbe addirittura impoverirsi. E’ abbastanza chiaro che la tecnologia può ridurre le ineguaglianze tra le persone perché può dare accesso immediato ad una serie di informazioni e servizi attraverso le piattaforme online e senza confini. Ci sono sempre più persone che possono lavorare da remoto grazie alla tecnologia favorendo quindi lo sviluppo e l’economia. Tutti possono comunicare facilmente.

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Ma ci sono delle aree in cui la tecnologia può creare delle ineguaglianze ed è su questo punto che i Paesi di tutto il mondo dovrebbero porre l’attenzione e introdurre delle politiche adatte, se necessario. Le ineguaglianze si possono creare anche tra i lavoratori: tra quelli che maggiormente possiedono le competenze digitali e quelli invece che non ne hanno, tra quelli che lavorano in aziende ad alto impatto tecnologico e quelli no.

Per questo motivo l’OCSE ha recentemente pubblicato il report del 2019 sulle competenze digitali rilevando quanto i Paesi siano pronti in questo processo di digitalizzazione e dove c’è più rischio di creare ineguaglianze.

L’Italia, assieme al Cile, alla Grecia, alla Lituania e Slovacchia, è un paese che sta investendo poco nelle competenze digitali sia per le persone che per i lavoratori e non ci sono programmi specifici di continuo apprendimento necessari per un mondo che cambia velocemente. L’Italia è un Paese con un numero basso di laureati, con il più alto tasso di abbandono scolastico e con un sistema educativo lungo, complesso e che non prepara al lavoro.

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Quali sono le raccomandazione dell’Ocse? Accompagnare l’apprendimento delle conoscenze tecnologiche delle persone durante tutto il percorso di vita, dall’infanzia fino alla maturità. Il nostro sistema formativo non è ancora accessibile a tutti: chi impara di più, sono le persone più avvantaggiate, per educazione e reddito. Politiche attive di formazione invertirebbero questa tendenza permettendo a tutti di apprendere strumenti e competenze tecnologiche più in linea con le richieste del mercato del lavoro.