Single allo specchio: #lochiamoamore quando trovo la mia casa, ma senza solitudine non si va lontani

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Un pensiero mi lega a te
Un pensiero che gli altri chiamano amore
Io invece lo chiamo con il tuo nome
(Catherine Morena Ramos)

#lochiamoamore. Sette uomini, tutti single, chi di ritorno chi invece per lucida e consapevolissima scelta. Loro lo chiamano amore quell’incidente che reclama coraggio, fegato, il lancio dalla scogliera: ti tappi il naso e speri che tutto vada per il meglio. Per amare, diceva la psicoanalista sudamericana Clarissa Pinkola Estes, ci vuole un eroe che tenga a bada la propria paura. Ma l’amore secondo Jung altro non è che un incontro di nevrosi. E ancora: il desiderio di ciò che è buono, diceva Platone.  E per i nobili di spirito la grande occasione che la vita ci mette sul piatto per fare a pezzi egoismo e narcisismo, parafrasando il filosofo francese Alain Badiou.

Ma torniamo al titolo: gli uomini e l’amore in sette chiacchierate notturne. Provateci e scoprirete molto di più. Vi crolleranno pezzo per pezzo tutti gli stereotipi del caso. False etichette appiccicate a uno stato che non ha nulla di banale, sciatto, buttato là tanto per fare. Sfatiamone uno: nessuno di loro mi ha parlato di sesso, per esempio. Per carità, di sesso gli uomini parlano e ci mancherebbe. Ma niente che abbia a che fare con una dimensione liscia dell’esistenza. Stereotipo numero uno, via.

Poi c’è l’altro pregiudizio, quello più pesante: la presunta difficoltà a vivere le emozioni. Mi è bastato lanciare il bando su facebook e dopo un primo momento di esitazione la mia casella ha cominciato a riempirsi di candidature: ho scelto i prime sette, avrei potuto sentirne molti di più. Il che mi fa pensare che siamo di fronte alla caduta dello stereotipo numero due, perché quando ti lanci a capofitto per parlare d’amore con una sconosciuta e lo fai a beneficio di altri sconosciuti il contatto con le tue emozioni è vivo e lotta insieme a te.

C’è poi chi ci lavora sopra con particolare zelo, magari sul lettino dell’analista. E insomma, le cose importanti si dicono alla fine e questo va detto: ho imparato moltissimo da queste sette lunghe, interessanti confessioni al chiaro di luna. Per esempio che si fa presto a dire amore. Che è una parola breve ma lunghissima quando la vuoi spiegare. Che ha un milione di sinonimi. Che a volte è dolorosa come solo l’amore sa essere. I sette interlocutori hanno tentennato davanti alla domanda delle domande. Ma tutti alla fine hanno dato una risposta.

back-view-backlit-clouds-847484Prendi Gabriele, l’unico che voleva anche il cognome al grido di battaglia “non ho nulla da nascondere“. Ha 43 anni, è piemontese, da qualche giorno non è più consigliere regionale, ma è tornato a indossare la toga di avvocato civilista. Cinque mesi da single, qualche anno di analisi. “Bisogna imparare a stare da soli – dice – credo che avrei dovuto imparare a farlo molto tempo fa”. E invece, confessa Gabriele, lui la sua solitudine mancata l’ha portata dentro le relazioni. Un single accoppiato, insomma. “L’analisi mi ha aiutato moltissimo, ho capito che qualche volta ho voluto plasmare le mie storie alle mie necessità invece non funziona così, così anzi non funziona mai: le relazioni vanno costruite intorno a desideri comuni”. Io lo chiamo amore, Gabriele parla invece di appartenenza. “L’amore è avere voglia di tornare a casa, quel motore che ti fa sentire insieme sulla stessa strada e che ti trattiene dallo scappare di fronte alle fragilità dell’altro“.

adult-backlit-birds-460031Che poi con altre parole è quello che sostiene Marco, 56 anni, romano ma trapiantato in Sicilia, una carriera alle spalle in un’azienda pubblica, single da cinque anni. “A me oggi non manca una relazione stabile – dice – mi manca un sogno, mi manca l’incanto, la meraviglia. Mi manca quella persona che quando la vedi senti che è una cosa speciale“. E come si fa a capirlo? “Semplice – dice – sono cose che cogli subito, bastano tre volte, tre incontri: in quel momento sai con chiarezza se fermarti o andare avanti“. Oggi Marco sta bene con se stesso: non ha bisogno, dice, di scappare dalla solitudine. Che poi secondo lui è un po’ lo sport nazionale dei suoi amici maschi. “Ti pare possibile – mi dice – che un essere umano abbia tre storie di fila da 15 anni l’una? Dai, diciamocelo: sono tutte cose che con l’amore non c’entrano nulla“. Secondo lui “la maggior parte degli uomini appartiene a questa categoria“. Quale? “Quella di chi non ha la più pallida idea del valore profondo del saper stare da soli“. Il bisogno di compagnia, insomma. Lui no: “Io voglio di più, io voglio la magia“.

adventure-bay-beach-307008La regola dei tre incontri vale anche per Giuseppe, 31 anni, milanese esperto di digital marketing in una grande azienda. Lui esce da una storia durata più di quattro anni che dice lo ha segnato moltissimo. “E’ finita – dice – perché ho scoperto che mi tradiva: quando si era capito che non era più recuperabile sono arrivati i classici strascichi, per me dolorosissimi“. E ora, dopo la classica elaborazione del lutto, si è buttato nella mischia. Ma con idee piuttosto chiare. “Ho molto bisogno del coinvolgimento intellettuale e forse sono solo sfortunato ma non riesco a trovare pane per i miei denti“. Giuseppe esce, ha una vita piena tra lavoro, passione politica e amici. “Magari incontro qualcuna ma difficilmente arrivo alla terza uscita“. L’amore per lui “è stare bene con l’altro, bene veramente: ed è un po’ come tornare a casa“. Chiarisce, precisa, sottolinea: “Non credo sia necessario avere gli stessi interessi, anzi. Ma feeling, intesa, complicità quella sì. E condividere anche gli stessi valori”.

background-calm-clouds-747964A proposito di valori Bebo ha molto da raccontare. Sessant’anni, narratore e musicologo. Lui fa parte di quella generazione cresciutai a pane e politica nei mitici anni ’70. “Innamorarsi equivale a buttarsi giù dalla rupe, è avere fiducia nel mondo – dice – ma richiede molto, moltissimo impegno: e oggi non siamo tanto allenati ad amarci, a esserci, a saper tenere i pesi dell’altro, a esporre le proprie ferite, ad accogliere quelle dell’altro come una richiesta di aiuto temporanea“. Bebo registra oggi un cambio di passo. Al ribasso. “In altre stagioni della mia vita – dice – era più facile incontrare persone disponibili a lasciarsi andare alle emozioni: in passato nessuna donna ti faceva l’analisi logica della tua situazione socioeconomica e l’impressione in generale è che non ci fosse questa rincorsa, che oggi vedo accadere spesso, alla sicurezza“. Bebo fa un’analisi spietata del genere maschile: “Gli uomini sono terribilmente più fragili di quanto fossero una ventina di anni fa, sono molto in crisi, molto depauperati della propria funzione. E quindi fanno casini, sono i primi che scappano, vedo molti miei amici letteralmente terrorizzati dall’amore, in cerca costantemente dell’avventura“.

back-black-and-white-buildings-1435194Difficile, dolorosa la storia di Valerio, 48 anni, romano di nascita, giramondo per mestiere: fa il manager in un’azienda di make-up e con cadenza abituale fa la valigia e parte per qualche angolo remoto del pianeta. Esce da poco da una storia d’amore travolgente, lei una straniera molto più giovane di lui che scompare proprio sul più bello, a un passo dalla convivenza. Per Valerio è uno choc: sta succedendo proprio a lui, single incallito fino all’incontro con A.. E ha il sapore amaro del contrappasso. “L’incontro con lei – dice – ha rimesso in discussione tutto: io ero pronto a rivoluzionare la mia vita. L’amore ti porta smantellare tutte le tue organizzazioni mentali e pratiche e la cosa meravigliosa è che lo fai con immenso piacere“.  E aggiunge Valerio che “l’amore è cambiare il modo di vedere il futuro, io prima recitavo un copione che con lei si è sgretolato“. Il copione di Valerio era quello classico: la conquista seguita dalla noia, poi un’altra e un’altra ancora senza soluzione di continuità. E la domanda è piuttosto scontata: bisogna essere pronti per amare o tutto si risolve nell’incontrare la mitologica “persona giusta”? Valerio non ha alcun dubbio: “Ti deve capitare perché se non arriva quella persona che ti fa fare clic puoi essere pronto e maturo quanto ti pare ma non accadrà mai nulla“.

adult-adventure-asphalt-969679E veniamo a Giorgio, 49 anni, romano, impiegato in una ex municipalizzata. La sua singletudine inizia tre anni fa, al termine di una relazione durata la bellezza di sedici anni. Praticamente un matrimonio. Anzi no, perché Giorgio il matrimonio lo desiderava, ma era l’unico a volerlo. Ora è in analisi “perché – dice – dopo un fallimento bisogna mettersi in discussione: e lì ho capito che per stare bene in una relazione devi saper conquistare una solida base di autonomia“. Giorgio è convinto che la rivoluzione femminista abbia fatto un gran bene anche agli uomini. “Le donne – dice – hanno fatto passi da gigante nella società e questo ha consentito a noi uomini di intavolare relazioni più autentiche, più vere, fondate sui sentimenti in uno scambio alla pari“. Ma non è tutto così roseo l’orizzonte. “Secondo me – aggiunge – si fa ancora fatica a non considerare la partner una tua propaggine, la vecchia cultura sessista si fa ancora sentire, soprattutto nelle relazioni“. Se si guarda intorno lo spettacolo non è particolarmente entusiasmante. E parlando degli altri uomini Giorgio li incasella in due categorie: quelli con figli e quelli senza. “L’uomo di mezza età, single e senza figli – dice – per lo più soffre ancora della sindrome del collezionista: narcisisti a piede libero ai quali l’esperienza di vita non è servita alla propria evoluzione umana“. Discorso diverso per quelli con figli: “Loro – conclude – sono più risolti”.

cat-feline-mammal-1634838Giorgio non lo sa ma in qualche modo chiama in causa Paolo: single di mezza età senza figli e senza alcuna voglia di mettere radici in una relazione. “Sono un anaffettivo“, ci scherza su all’inizio della nostra chiacchierata. Fa il giornalista e quindi da intervistato è un osso duro.  “Io incanalo il mio affetto verso il gatto“, dice subito dopo. E poi spiega: “Potrei definirmi un single costituzionale, non ho mai sentito la propensione a costruire un legame stabile con qualcuno“. Tristezza zero: “No, non sono un single afflitto – chiarisce – io sto bene così. Sono irrequieto ma tutto sommato mi va benissimo la mia indipendenza emotiva. E questo non vuol dire che nel momento in cui incontro qualcuno non abbia sentimenti, però penso a me stesso come una persona singola, e questo non è mai stato per me un problema da risolvere o uno status da modificare“. Capito? Alla faccia di chi pensa che l’amore sia quello codificato all’interno di una coppia. “L’amore è una spinta emotiva che vivo sul momento – spiega – una passione contingente, ma per quanto mi riguarda non si è mai trasformata nell’esigenza di farla diventare qualcosa di stabile. L’amore per me non significa durata“. Paolo va in analisi ma non vuole parlarne, fatti suoi in fondo. Però rimette subito a posto chi gli chiede se per caso non abbia un filo di paura a vivere le emozioni. “No, non credo: io ci sono rimasto sotto ad alcune relazioni finite male, sono dimagrito, ho sofferto, sudavo, cose terribili, contorcimenti. Ma era sempre qualcosa legato all’oggi, il desiderio di essere il centro di riferimento di qualcuno in quel momento, non domani o dopodomani“.

Sul mio registratore ci sono sette ore di conversazioni: parole sul genere femminile, sulle relazioni ai tempi dei nostri genitori, di come si chiude una storia che, dicono, è altrettanto importante di come la si inizia. Di tradimenti, separazioni, addii. Occasioni mancate, treni che partono, case vuote, promesse sospese. I sinonimi e i contrari di una parola che nessuno di noi sa afferrare. E che ci ostiniamo a inseguire chiamandola amore.