Mario è un fiorista creativo nel quartiere isola di Milano. Prima di approdare su quest’isola, lavorava in una grande azienda farmaceutica. Una laurea scientifica, un lavoro con prospettive di crescita, ma la sua scelta è stata di lasciare tutto questo per dedicarsi a un lavoro manuale, artigianale, con una certa dose di creatività. Come lui, Elena ha abbandonato un lavoro, lei in una multinazionale americana, per dedicarsi alla pasticceria e aprire una piccola bottega di torte artigianali nel quartiere più colorato di Milano, Porta Venezia. Elena, originaria di Torino, ma innamorata professionalmente di Milano, racconta così questo cambiamento drastico: “Quello che mi piace di questa mia nuova vita è la possibilità di mettere la mia creatività in quello che faccio, sento che sto davvero facendo qualcosa di bello, di importante per me”.
Sono due delle storie raccontate dal progetto “Le mani di Milano” di Luma Video, che raccoglie testimonianze di artigiani che hanno nel substrato un percorso accademico, un lavoro nelle grandi dinamiche aziendali o industriali, approdati alla professione artigianale come scelta drastica di cambiamento.
Già nel 2013 al congresso CNA-Next, facendo il punto sullo stato del Made in Italy e delle PMI a vocazione artigianale, si sono individuate nei laureati artigiani delle figure fondamentali per il rilancio dell’economia del Paese. L’approccio teorico dello studio universitario e quello pratico del lavoro manuale, creano una sorta di professione ibrida, per cui li abbiamo sentiti chiamare “Archigiani”. Li ha definiti “Artigeni” invece il giornalista Colletti, raccontando nel suo libro una nuova generazione che unisce lavoro manuale e vocazione digitale, arricchendo la classica figura del mestiere con una nuova consapevolezza tecnologica.
È difficile con i dati e le statistiche spiegare un fenomeno che è forse più culturale che numerico. Il rapporto Istat sulle imprese ci racconta che nel 2016 il 65,4% dei nuovi imprenditori è costituito da lavoratori in proprio senza dipendenti, quasi 10 punti percentuali in più rispetto al 2015. Dentro questo dato si nascondono forse alcune di queste storie. Vale la pena raccontarle, per comprendere i meccanismi di sopravvivenza messi in atto da chi allo studio ha dedicato tempo e aspettative, per poi scontrarsi con una deludente deriva professionale. Ma anche chi, proprio in virtù dello studio, ha individuato processi e strumenti utili per implementare le professioni artigianali e trasportarle nel ventunesimo secolo. Archigiani, Artigeni, comunque li vogliamo chiamare, la cosa che li accomuna è, appunto, la scelta. Scegliere di cambiare vita.
Ed è infatti sul fattore scelta che si sofferma Lorenzo, ideatore con Lucia del progetto “Le mani di Milano”, per raccontare gli incontri fatti in questi mesi: “L’insoddisfazione è uno stato d’animo che accomuna l’inizio di molte di queste storie. Nei lavori precedenti manca una forma di gratifica, si fa parte di un grande sistema (che sia una multinazionale o l’ambiente universitario) ma è fuori dal proprio controllo, manca l’orgoglio di aver fatto qualcosa. La gratifica in questo senso è più umana che professionale. Quella economica fa parte della scelta, ma il motore è umano”.
Luma ha prodotto al momento 5 video: oltre alle storie di Mario ed Elena, ci sono Aurora, ex ricercatrice ora panettiera; Elisa, laureata in design industriale per poi preferire l’artigianato e diventare ceramista; Maryam, laureata in architettura a Teheran, arrivata a Milano per un master, dopo un corso di sartoria si dedica alla riscoperta del denim come tessuto da lavoro. In tutte queste storie c’è un prima e un dopo, come continua a raccontare Lorenzo: “Il cambiamento è quasi una rinascita, è come vivere una nuova vita, che prima non si era nemmeno immaginata. È un procedere continuo, senza un punto d’arrivo: ci si sperimenta per migliorarsi nel mestiere, e questo comporta una crescita professionale e umana contemporaneamente. Questi lavoratori sono più che artigiani: là dove l’artigiano entra in una routine e la accetta perché funzionale, per loro invece la ricerca è costante, sta nel loro desiderio di migliorarsi”. La scelta della professione artigianale non è dunque legata al semplice desiderio di cambiare vita. È un bisogno più profondo di mettere a frutto le competenze acquisite, la capacità di studiare, inventare, creare, accumulata grazie allo studio universitario. Le parole di Mario spiegano bene questo concetto: “La cosa più bella del mio lavoro è che dalle mie mani nasce qualcosa che prima non c’era”.
Il contesto è più piccolo rispetto al grande mercato del lavoro in cui magari hanno operato in precedenza, ma queste microcellule operative si fanno spazio e creano impatto nel mercato stesso. In questo senso è anche un dato interessante che Luma Video cerchi (e trovi) storie in una città come Milano: nonostante lo stile di vita da grande città del nord, sono molto forti le realtà di quartiere, i microcosmi in cui i legami tra le persone, le attività e i servizi costruiscono un tessuto sociale a maglie molto più strette di quello che si potrebbe pensare. “Queste attività sono perfettamente inserite nei quartieri in cui operano” continua Lorenzo, “le persone le conoscono, in alcuni casi ci sono clienti fissi. Nonostante siano sovrastate dal marketing, sono realtà piene di passione e incantano le persone. Per questo noi vogliamo contribuire a dar loro voce”. Lo scouting rimane comunque una parte impegnativa del progetto. È come cercare un ago in un pagliaio, anche se poi si scopre che gli aghi sono molti più di quello che si pensa.