Per Antonio e per chi crede nell’Europa, noi Millennials non ci fermeremo

megalizzi

Antonio Megalizzi aveva un sogno. E quel sogno era in Europa. Voleva fondare una radio senza frontiere fatta da giovani e studenti di ogni Paese. Base a Bruxelles perché i ragazzi e le ragazze potessero controllare e raccontare quello che succede nel cuore comune del continente. Antonio era preoccupato per la recrudescenza dei nazionalismi, per i muri che potevano dividere. Ma credeva fermamente in quel suo sogno, l’avrebbe realizzato. Un atto terroristico lo ha colpito a Strasburgo la settimana scorsa, nei giorni dell’ultima assemblea plenaria dell’anno del Parlamento Europeo. Un proiettile alla testa ha spezzato quel futuro pieno di entusiasmo che ogni giorno Antonio costruiva. Non aveva ancora compiuto trent’anni. Una notizia che lo reso suo malgrado protagonista. Ma Antonio si meritava l’attenzione della stampa per qualcos’altro. La sua professionalità, il suo talento.

Antonio era competente, preparato. Giornalista radiofonico parlava di Europa e la sapeva spiegare. La raccontava scegliendo le parole giuste perché fosse comprensibile anche ai suoi coetanei. Per capirlo basta andare sulla pagina Facebook di Europhonica, il format radiofonico Internazionale che racconta l’Europa attraverso i media universitari. La sua voce era limpida e calda. Conosceva le normative, i regolamenti, i meccanismi di quegli organismi che a volte sembrano solo burocrazia e nient’altro. Antonio analizzava, spiegava. Per lui fare informazione era una vocazione, più di un sogno. Lo sentiva dentro, ci credeva. Era entrato a far parte della redazione di Europhonica Italia, nel 2015, e da quest’anno era il coordinatore per l’Italia.

«Se scrivo è solo perché tutti devono sapere chi abbiamo appena perso. Antonio Megalizzi non era solo un collega o un amico: era un fratello. Antonio era il migliore di tutti noi. Amava la radio, la politica, il giornalismo, l’Europa. Chi non lo conosce non apprezzerà mai la sua voce unica, il suo sguardo ironico sul mondo, la sua grazia ed empatia con le persone, la sua voglia di raccontare la realtà» ha scritto su Facebook l’amico e collega Andrea Fioravanti, proseguendo: «Non scorderò mai i nostri discorsi a occhi aperti in un Parlamento europeo vuoto con le luci soffuse, quando tutti erano già andati a cena. C’eravamo solo noi e gli inservienti, fino a tardi a preparare le interviste del giorno dopo, ad arrovellarci su come rendere semplice il linguaggio degli eurocrati per i nostri coetanei. Eravamo lì a sognare di diventare grandi giornalisti. Lui lo era già.Non scorderò mai come preparava con professionalità, lucidità, con amore da artigiano della parola le dirette e le interviste agli eurodeputati. Riusciva sempre a stemperare la tensione, ad alleggerire, a semplificare».

Valeria Solesin invece aveva 28 anni. Si era laureata all’università di Trento ed era una ricercatrice all’Ined, istituto di sociologia della Sorbona. A Parigi studiava demografia e si occupava di analizzare temi legati all’occupazione femminile. Il 13 novembre del 2015 era andata al concerto degli Eagles of Death Metal al teatro Bataclan nella capitale francese dove viveva da qualche anno. È stata colpita da una scarica di mitra e non è sopravvissuta a quel terribile massacro terroristico.

Fabrizia Di Lorenzo aveva 31 anni. Studi in relazioni internazionali tra Roma, Bologna e Milano, si era specializzata a Berlino, città in cui si era trasferita. Il 20 dicembre del 2016 ha deciso di fare un giro ai mercatini di Natale. Un camion é piombato sulla folla. Tra le 12 persone annientate dalla furia omicida dell’attentatore c’era anche lei.

Antonio, Valeria, Fabrizia. Non sono solo vittime, non chiamateli unicamente in questo modo. Questi ragazzi e ragazze erano e rimarranno per sempre cittadini del mondo a cui hanno sottratto una libertà che si erano faticosamente costruiti. Il terrorismo ha ucciso la loro libertà di esistere. Ha ucciso il futuro di quella che viene chiamata la meglio gioventù di cui forse si parla poco, quella che non fa quasi mai notizia, ma esiste, eccome se esiste.
È qui davanti a voi.

Siamo i Millennials, siamo i giovani adulti che hanno smesso di essere bambini e sono diventati grandi. Siamo noi, i ragazzi che hanno studiato, che hanno dato retta alla curiosità e alla passione. Ci avete fatto credere che tutto sarebbe stato facile come per voi, i nostri genitori. Ma l’illusione è durata il tempo dell’infanzia. Abbiamo capito presto che tutto, ma proprio tutto era cambiato e che l’Italia non era la più stessa. Noi però abbiamo visto per primi in quel cambiamento, che per alcuni sembrava fosco, una splendente possibilità. Abbiamo imparato le lingue, abbiamo oltrepassato frontiere. Abbiamo imparato a essere coraggiosi e curiosi. A pensare che casa poteva essere l’Europa e che quello che molti definivano fuga di cervelli era per noi ben altro. Significava circolarità di opportunità.

Ci hanno chiamato bamboccioni, sdraiati e noi, invece, senza fiatare abbiamo fatto la rivoluzione. Non ci siamo accontentati delle briciole, ma abbiamo rincorso la felicità. Ci siamo spostati, abbiamo dato retta al cuore usando la testa. Abbiamo avuto coraggio, abbiamo abbracciato le diversità, abbiamo vissuto e lottiamo per conquistare il nostro posto nel mondo. L’Italia ci ha fatto nascere, l’Europa ci ha resi liberi. Di pensare, di amare, di esplorare.

Il terrorismo è cieco e spietato. Ci vorrebbe schiavi, asserviti. Vuole convincerci che tutto quello che abbiamo assaggiato, sperimentato e assaporato sia solo un abbaglio, un inganno. Non è così. Tre di noi sono morti sotto i colpi di questo odio assoluto che vorrebbe annientare tutto. Le nostre speranze e i nostri sogni. Noi porteremo questi sorrisi nel cuore, li ricorderemo quando quelle certezze che abbiamo proveranno a vacillare, quando la paura ci farà arretrare.

Questo odio non può fermarci. Vi promettiamo solennemente che non lo faremo. Che da domani continueremo ad aver voglia di viaggiare, di lasciare i nostri nidi, di migliorare e di crescere. Antonio, Valeria, Fabrizia, ve lo dobbiamo.

  • carmen |

    ex sognatore, porti altrove la Sua rabbia e la Sua negatività e aggiungerei la Sua frustazione.

  • Un ex sognatore |

    Bravi millennials (!). Studiate, conoscete, viaggiate e rimboccatevi le maniche: una montagna di piatti sporchi vi attende. In bocca al lupo! Ma ricordate una cosetta: per noi. attuali genitori e/o nonni, non è stato affatto facile, perciò vi invito a studiare la storia d’Italia degli ultimi sessant’anni.

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