Non fate figli, non divorziate, ma anche non sposatevi, non smettete di lavorare, non sceglietevi mariti e mogli con stipendi più alti o più bassi dei vostri. La società potrebbe cambiare in fretta e probabilmente non accadrà quello che auspica chi ha scritto il disegno di legge 753 (ndr, cosiddetto Pillon), che vorrebbe una famiglia unita nel bene, e purtroppo, anche nel male. Sì, nel male, perché di questo si tratta: conquiste di generazioni di donne vissute nel secolo scorso, che saranno messe a rischio.
Io le ho viste le famiglie unite del secolo scorso: fatte di madri e mogli che non potevano cambiare la loro vita senza perdere l’approvazione della società e spesso della propria famiglia d’origine, o ancor peggio rischiare di finire in miseria o sulla strada. Il prezzo da pagare è stato alto e vorrei che nessuno se lo dimenticasse, dalla frustrazione per la fine di un amore, alla violenza psicologica e fisica. Un destino d’infelicità ricaduto su intere generazioni di figli che, silenziosamente, hanno vissuto e accettato. Alzino la mano tutti quei figli, oggi diventati adulti, che sono stati testimoni di vite distrutte all’interno delle mura domestiche, che pubblicamente invece, risultavano perfette. “I panni sporchi si lavano in casa”, odioso detto ancora purtroppo, attuale.
Da donna e madre, ma anche amica di uomini e padri, immagino immediate conseguenze disastrose su donne e bambini, contemporaneamente però, mi chiedo se si è veramente riflettuto sulle possibili conseguenze a medio e lungo termine nella società di questo Paese con questi eventuali cambiamenti sul fronte legislativo: le donne non torneranno indietro, ma faranno scelte diverse, purtroppo costrette, se passerà questo disegno di legge. Dovranno accelerare per ottenere totale parità, anche in merito a stipendi e aspettative in campo lavorativo. Si faranno i conti in tasca, guardando con aria meno romantica al futuro, con la consapevolezza che un partner, da amante, compagno, marito e padre, potrebbe trasformarsi in un nemico.
Queste riflessioni sono frutto delle mie esperienze personali e del mio passato, proverò a raccontarvi meglio. Sono figlia di una madre “colpevole” nel 1973 di abbandono del tetto coniugale e, che con poca cultura e competenze uscì di casa sapendo che avrebbe dovuto rinunciare ai suoi figli, senza l’appoggio della sua famiglia di origine che anzi la giudicò e che, praticamente, la ripudiò. Sono nipote di una nonna di origine istriana, lato paterno, che a fine anni trenta, mollò il marito e mise il figlio in collegio, ma non smise mai di lavorare e di fare le sue scelte, a dispetto delle leggi vigenti. Mio nonno visse tranquillo, a lui bastò la caccia e la vita in casa con il fratello farmacista e, non credo, si occupò mai più di tanto della vita del figlio, mio padre. Sono anche nipote (lato materno) di una nonna che in Sicilia, a fine anni venti, non scese a compromessi e rispose al fidanzato, che lei non avrebbe mai lasciato il laboratorio di sartoria di sua proprietà a Misilmeri, per seguirlo a Palermo. Fu così che lui, commerciante di arance, si ritrovò pendolare.
Grazie a questi modelli femminili, sono oggi convinta che non si potrà tornare indietro e recupero un certo ottimismo. Le mie giovani figlie guardano verso una società diversa e internazionale, conoscono bene i propri diritti e hanno imparato a difenderli anche nel quotidiano. Forse smetteranno di essere affascinate da uomini “forti” economicamente e socialmente, perché non vorranno rimanere un passo indietro, ma camminare insieme.
Oggi esistono ormai tanti casi di coppie in cui, l’assetto economico e sociale è diverso rispetto a qualche decennio fa, fatto di uomini che sostengono la carriera della propria donna e non si sentono sminuiti nel loro ruolo. Anche loro sono dei nuovi modelli per questa società.
Un ultimo aneddoto del mio passato, che potrà ricordare a molti, quanta consapevolezza ci sia anche nei bambini in fase di separazione dei propri genitori: nel 1973, a cinque anni, ho dovuto dire a un giudice con chi volessi restare a vivere. Ho preso le parti di chi sapevo più debole e detto quello che tutti volevano sentirsi dire, ovvero “Con mio Papà”.
In sintesi questo disegno di legge presuppone una maturità sociale di genere a cui non siamo ancora arrivati e che quindi rischia di mettere figli e genitori in una condizione di dover correre verso un giusto traguardo, senza aver mai compiuto un reale allenamento.
Paola Sucato