«Mio caro signore desidero dirle perché la sua recensione mi ha tanto afflitto: non per la critica tagliente o per i severi rimproveri, non perché abbia lesinato gli elogi, bensì perché, dopo aver sottolineato che desideravo essere valutato in quanto autore e non in quanto donna, lei ha rozzamente impostato la sua critica proprio su una questione di genere».
Così Charlotte Brontë, una delle più grandi scrittrici della letteratura di ogni tempo, scriveva a George Henry Lewis che aveva recensito il romanzo Shirley incentrando la sua critica sul fatto che lei, l’autrice, fosse una donna. Sono passati due secoli e questi pregiudizi ancora permeano la nostra cultura e il mondo dei libri. I luoghi comuni continuano a fioccare e arrivano fino in libreria davanti agli scaffali dedicati alla narrativa al femminile. Quasi una segregazione che si perpetua senza essere spezzata.
Su Facebook c’è chi si sta impegnando seriamente per cercare di abbattere questi muri promuovendo la lettura delle scrittrici perché non siano più rinchiuse in stereotipi e preconcetti che le danneggiano. “L’ha scritto una femmina” è una pagina Facebook nata a febbraio di quest’anno che conta più di 10mila piace. L’ha creata e la gestisce Carolina Capria scrittrice, sceneggiatrice e instancabile lettrice. «Era un’idea che avevo in mente già da un po’ di tempo – racconta Carolina ad Alley Oop – sono dieci anni che mi occupo di narrativa per l’infanzia e non si possono contare le volte in cui un bambino mi ha detto che lui non leggeva i libri scritti dalle femmine e per le femmine, dando per scontato che, se sulla copertina di un libro compariva il nome di una donna, quella storia fosse stata scritta per bambine o ragazze. È qualcosa che ho iniziato ad analizzare con occhio critico partendo da una domanda che affondava nella mia esperienza. Ho sempre letto sin da piccola libri di tutti generi e non ho mai avuto problemi a identificarmi con i personaggi maschili. Perché i maschi, invece, hanno questa forma di resistenza?» si è chiesta Carolina che per il nome della sua pagina ha attinto da una scena a cui ha assistito in una libreria. «Un bambino voleva comprare il libro delle avventure di Pippi Calzelunghe e la madre gli ha detto in tono dispregiativo: “L’ha scritto una femmina e ha come protagonista una bambina”. Il problema è educativo e lo dobbiamo affrontare». Sono le stesse convinzioni errate che si trascinano poi anche nell’età adulta: «Molti dei miei amici non hanno letto capolavori della letteratura come Orgoglio e Pregiudizio e Cime tempestose, perché vittime dello stesso inconscio pregiudizio – asserisce Carolina – In tanti è radicata l’idea che gli scrittori scrivano per tutti, mentre le scrittrici scrivono solo per le donne. Dobbiamo lavorare su questo. Il femminile deve essere accolto perché le storie sono universali».
Ed è proprio su questo versante che Carolina sta dando il suo contributo con la sua pagina Facebook, su Instagram e attraverso una serie di incontri in librerie e scuole.
Bisogna far capire che i temi considerati femminili non riguardano solo le donne, ma hanno un respiro che valica il genere, perché i temi delle donne devono riguardare tutti.
«È importante parlare di scrittrici perché la loro voce deve essere finalmente ascoltata – dice Carolina – Le istanze che adesso stiamo rivendicando sulla nostra individualità a prescindere dalla maternità sono le stesse che avevano portato avanti secoli fa scrittici come Charlotte Brontë» – che diceva: “una donna sola può essere felice tanto quanto una moglie adorata o una madre orgogliosa. Quella donna può costruirsi la sua vita con pazienza e tenacia senza il supporto di un marito e di un fratello”.
I libri di “L’ha scritto una femmina” sono quelli che hanno segnato Carolina e che hanno lanciato dentro di lei una traccia. Sono abitati da personaggi femminili coraggiosi che desiderano essere libere, cercano la loro strada, lottano per se stesse e di riflesso per tutte le altre. «Jane Eyre è il libro che mi ha cambiato la vita – afferma Carolina – Jane è una protagonista senza tempo. Una donna che non voleva dipendere da nessuno. Mi sono rivista in lei, quel libro mi ha insegnato ad accettarmi. Anche le personagge di Bianca Pitzorno sono state fondamentali con la loro sagacia e il loro coraggio».
Si parla anche di “Te la sei cercata” di Louise O’Neill sugli stereotipi che danneggiano le donne quando sopravvivono alla violenza o di Lucky di Alice Sebold che racconta la storia dello stupro che l’autrice ha subito, ma c’è spazio pure per i libri di Sophie Kinsella perché persino le storie più lievi possono insegnarci qualcosa e possono aiutarci a crescere.
«Abbiamo tutte il diritto di leggere anche i libri che possono sembrare più frivoli. Non è superficialità, ma essere sfaccettate. Non dobbiamo mai vergognarci di quello che ci piace» afferma decisa Carolina.
In poco tempo la pagina ha dato vita a una community in cui si dibatte non solo sui luoghi comuni che attanagliano le scrittrici, ma anche e soprattutto sulla condizione femminile. Perché le storie donano coraggio, sono formative, aiutano a nominare il desiderio, a dare parola attraverso la scrittura. Ci sono poi le vite delle donne che hanno scritto quelle storie. Donne che hanno rotto gli indugi e sono entrate in un mondo che a lungo è stato loro precluso. L’hanno fatto, a volte, usando degli pseudonimi maschili per celare la loro identità e non dover sottostare ai pregiudizi di genere. Ai primi del ‘900, ma anche in tempi più recenti. Come Joanne Rowling che, su richiesta del suo editore, firmò la saga di Harry Potter con le iniziali “J.K.” per evitare che i ragazzini non leggessero i suoi libri perché li aveva scritti una donna. «È una questione di potere – dice Carolina – come denuncia Virginia Woolf nel saggio “Una stanza tutta per sé” parlando delle difficoltà che hanno attraversato le donne per poter diventare scrittrici. I vertici dell’editoria, e sono i numeri a dirlo, continuano ad essere occupati dagli uomini. La presenza maschile è massiccia anche nelle giurie dei concorsi e tutto questo non aiuta le donne a raggiungere riconoscimenti e celebrazioni. Poi c’è un altro problema. Abbiamo difficoltà a dire a un’altra donna che è brava, che la ammiriamo ed è una cosa importante che dobbiamo riuscire a fare».
Leggere i libri insegna a costruire la propria consapevolezza, a capire il vero significato della libertà. Le scrittici possono aiutare. A sondare le nostre paure, a dare le ali ai nostri sogni, a riprenderci lo spazio che ci è stato tolto.