Può una nel mamma negare il proprio latte alla piccolina appena nata? La madre della protagonista, dottoressa a Riga, in Lettonia, nell’ottobre del 1969, dopo aver dato alla luce la sua bambina va via da casa per cinque giorni, tornando con i seni doloranti, e il latte prosciugato. La piccola viene nutrita per due giorni con camomilla dalla nonna che poi decide di rivolgersi al centro di distribuzione del latte: qui una dottoressa sospettosa insulta – in russo – la vecchina, dicendo che sua figlia era una poco di buono, ma rilascia comunque il permesso per ritirare una miscela di latte per nutrire la bambina.
Perché questa decisione così drastica e tremenda insieme? Ha inizio con queste battute questo romanzo potente e intenso che squarcia il velo su una parte di mondo ancora poco raccontata. La Lettonia, ovvero questa misconosciuta (almeno fino all’anno dell’indipendenza) repubblica baltica sepolta sotto la coltre sovietica per più di cinquant’anni, eppure fiera della sua identità. La saggista e scrittrice lettone Ikstena (tradotta da Margherita Carbonaro) porta a galla una vicenda che si intreccia con la Storia, con passione e autenticità, senza cedere a sentimentalismi.
Un romanzo al femminile che ha per protagoniste tre donne appunto, la piccola, sua madre e la nonna: il racconto procede serrato, alternando le voci delle prime due che svelano dettagli e particolari, pensieri e paure. Un binario parallelo in cui fa capolino dai racconti delle altre due l’ultima figura del terzetto, altrettanto decisiva e fondamentale. Da madre in figlia, tutto si gioca su questo piano, ma anche viceversa. Da figlia a madre. Perché la maternità non è solo biologia, non significa solo mettere al mondo, nutrire e allevare. È tutte queste cose insieme oppure no? «Durante i vent’anni che passai insieme a mia madre non potei chiederle perché mi avesse strappata, neonata inerme, dal suo seno. Non potevo perché non lo sapevo ancora. Ed era forse una domanda inappropriata, perché la vita mi portò invece a farle da madre».
Tante sono le figure femminili che popolano “Il latte della madre”. Tra queste, c’è Serafima, donna semplice e devota, picchiata dal marito ubriacone che non riesce ad avere quel bambino che così tanto desidera. E allora ecco che la dottoressa, insieme al pool di colleghe della facoltà di Medicina – ci sembra di vederle, avvolte dal fumo, chine sui vetrini di laboratorio, con i capelli corti e i maglioni a collo alto come la moda dell’epoca suggeriva, riuscendo a penetrare oltre il blocco sovietico – decide di praticare qualcosa di inedito fino ad allora. Verso di lei avverte un sentimento di protezione e di affetto. Con l’inseminazione artificiale, contravviene ad ogni regola, ma Serafima riesce a rimanere incinta, arrivando a credere, nella sua semplicità, al miracolo. Due donne, due diversi approcci a confronto: la prima razionale che si affida alla scienza, l’altra spirirituale che si affida alle preghiere recitate nel chiuso di un armadio, di nascosto dal marito. A cavallo tra una maternità respinta e una fortemente desiderata. Sullo sfondo, intanto, agisce la Patria, una società – quella sovietica – che, al contrario, non sa essere madre perché agisce e s’impone, negando l’identità ai suoi cittadini, sopprimendo le normali istanze di vita, di libertà, di crescita.
Titolo: Il latte della madre
Autore: Nora Ikstena – (traduzione di Margherita Carbonaro)
Casa editrice: Voland
Anno di uscita: 2018
Prezzo: 16,00