Dai ragazzi di Stonewall del ’69 al pride di oggi a Milano

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Poi ti accorgi, ad un certo punto della giornata, che è il 28 giugno, e che è il 49esimo anniversario della “notte” dello Stonewall. La notte in cui – stanchi di subire le incursioni immotivate e violente della polizia all’interno del loro locale (lo Stonewall Inn di New York) – i ragazzi  di quel lontano 1969, si ribellarono all’ennesima retata, dando vita al movimento di rivendicazione LGBT in tutto il mondo.

Guardi una foto trovata su Google. Ci sono alcuni dei ragazzi di quella notte. Li vedi in posa, senza nome, per l’obiettivo di Fred Mc Darrah. Dietro c’è l’insegna del locale. Li guardi, e pensi al coraggio che hanno avuto. In quegli anni. Quando “loro” erano un reato. E le botte arrivavano da chi doveva difenderli.

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Provi a immaginare da dove gli deve essere arrivata la forza di reagire. Non hanno i lineamenti dei “guerrieri”. Poi ti guardi allo specchio, e nemmeno tu li hai. Così chiudi gli occhi. Li stringi. E viaggiando al centro di quella luce strana che arriva comunque da dietro le palpebre, capisci. Ripensi a tutte le volte che gli insulti, l’ingiustizia che subivi, o che vedevi, ti riempiva lo stomaco di spilli, e capisci da dove arriva il coraggio. Da dove è arrivato a quei ragazzi. Dal tuo stomaco, dal loro stomaco. Dallo stomaco di ogni uomo, chiuso in un pugno dalla rabbia di non poter essere liberamente quello che è. Di doversi nascondere, vergognare, per quello che è. Da quel luogo al centro delle viscere da cui arriva, esplodendo, lo starnuto della ribellione. Il desiderio della felicità. Per te e per gli altri. E che contagia le viscere di ogni uomo, che passa di uomo in uomo, di ragazzo in ragazzo, negli anni, fino ad arrivare a te, la prima volta che hai detto “Basta!”. La prima volta che hai dato un bacio senza guardarti intorno. 

Fino ad arrivare a te, oggi 30 giugno, che fissi quella foto.

Guardi le facce in posa, i sorrisi, e ti sale ancora un po’ di rabbia. Ma è come un capogiro, e passa. Poi arriva la tenerezza. La gratitudine. 

Sapete, ogni anno, ad ogni Pride, io mi commuovo. Quando sono lì, in mezzo ai colori, i cartelli, le facce piene di arcobaleni, io mi commuovo. Sarà scemo, retorico, ma quella lacrima, una sola, che puntualmente scende ogni anno, viene proprio da lì. Da quelle facce, da quella foto. Ed è per tutto, è per tutti. E’ per la paura, per il coraggio, per la rabbia, per l’amore. Per il passato e per il futuro. E’ per l’orgoglio, tanto tantissimo orgoglio. Talmente tanto, che oggi, so che lottare per la libertà di essere quello che sono, è stato e sarà per sempre, un grandissimo e bellissimo privilegio. 

E quella lacrima, ogni anno, è un piccolo premio. E, credetemi, solo noi, la possiamo capire.