Fino a qualche giorno fa correva per essere la prima rettrice dell’Università Statale di Milano. Maria Pia Abbracchio è nata e ha studiato nel capoluogo lombardo e dopo 30 anni e passa di ricerca e di lavoro nell’ateneo ha pensato bene di candidarsi a rivestire questo ruolo di vertice per il prossimo settennio. Una scelta non facile, eppure motivata da passione e spirito di servizio. Unimi conta più di 60mila studenti ed è un’eccellenza in molti campi e si accinge a questo cambio, non senza qualche strascico polemico, come il progetto di trasferimento a Expo. Donna di scienza, piombata quasi all’improvviso nell’agone delle candidature accademiche, insieme a Giuseppe De Luca ed Elio Franzini, Abbracchio ha deciso qualche giorno fa di ritirare la sua candidatura in favore del secondo e ad AlleyOop rivela il suo stato d’animo e le ragioni di questa scelta, che non è stata a cuor leggero.
Ci spiega i motivi che l’hanno spinta ad appoggiare il candidato Franzini?
«Abbiamo condiviso una comune visione dell’ateneo e delle politiche da attuare per dare il giusto slancio. Ho avuto un feedback positivo di questa unione dai miei elettori e ci tengo subito a precisare che il rettore deve essere unico. Non ho compiuto questa scelta per una gara di poltrone, come qualcuno ha purtroppo pesantemente insinuato sin dall’inizio».
E’ stata oggetto di critiche?
«Diciamo che il tono è stato molto duro sin dall’inizio, ho ricevuto tanti attacchi verbali, volti in molti casi a screditare la mia candidatura – non tanto la mia professionalità – perché ritenuta una mossa a tavolino per contrattare cariche. Aggiungo, inoltre, che ho incontrato tantissime difficoltà per raccogliere le firme sufficienti a sostenere la mia candidatura».
Ma non era stata definita un’outsider?
«Sì, e avevo accolto la definizione quasi con piacere, ero identificata in maniera precisa rispetto agli altri due concorrenti»
Crede che abbia pesato un pregiudizio nei confronti della sua candidatura a ricoprire il suo ruolo di rettrice di un ateneo così prestigioso?
«Le dico solo che in più di qualche occasione mi è stato fatto notare che non avrei dovuto essere troppo malleabile, ma dimostrare piuttosto un pugno fermo per far capire che sarei stata in grado di gestire le trattative e la diplomazia che il ruolo di vertice dell’Università Statale di Milano richiede. E’ un dubbio rimasto sopito in molti»
Si può affermare che è stata una campagna elettorale senza esclusioni di colpi, anche all’interno del mondo accademico, in un clima simile a quello che stiamo respirando in Italia in questo ultimo periodo?
«Posso dire con certezza che non mi aspettavo tanta violenza negli ultimi tre giorni. Nelle chat sui cellulari e con i social network sono state spesso alterate o mistificate delle frasi, decontestualizzate dal loro senso. Mi ha stupito il metodo utilizzato che non verte sugli argomenti, ma punta unicamente a denigrare. Per fortuna, ho potuto fare affidamento su un team e su una rete di persone che mi ha aiutato a rimanere serena e lucida per proseguire in maniera corretta in questo lavoro. Sono spinta da tanto entusiasmo, la scelta di appoggiare un altro candidato è la prova che non miro ad alcun incarico. L’ho fatto solo per la causa».
In caso di vittoria, in che modo intendete lavorare?
«Come ho già dichiarato, ritengo che il rettore deve essere unico. Corriamo insieme, in un certo senso, anche se sulle schede elettorali continua a rimanere la mia candidatura. Affianco ci sarà una persona con un profilo completamente diverso come il mio e sebbene operanti in ambiti diversi, lui in quello filosofico, io in quello scientifico, generiamo una grandissima opportunità. Abbiamo condiviso parti di programma, ci siamo trovati in sinergia su moltissime cose, tra cui il punto di partenza che è il senso di appartenenza, lo spirito di servizio per il nostro ateneo, le politiche che vorremmo attuare nei confronti del personale docente, studenti e quello tecnico-amministrativo. Franzini è una persona coltissima ed estremamente preparata in abito istituzionale, grazie ad una conoscenza approfondita dell’apparato normativo. Inoltre, sa molto bene come far funzionare la macchina universitaria. Quindi una persona solidissima da questo punto di vista. Il mio slogan è stato “Dialogando col passato, pensando al futuro”: tengo tutto il buono che viene dal passato, anche se non sono proprio nella continuità diretta con il precedente rettorato, anzi con una certa discontinuità positiva. L’obiettivo è avere un’Università Statale veramente libera, internazionale e moderna, ma soprattutto più unito».
E in merito al progetto del trasferimento a Expo?
«La situazione è questa: ci è stata offerta questa opportunità, ovvero quella di trasferire parte di Città Studi le cui strutture hanno urgente bisogno di modernizzazione in quest’area di Expo 2015, suddivisa in lotti, di cui un lotto è stato assegnato proprio alla Statale di Milano, utilizzando dei fondi ad hoc del MIUR e della Regione Lombardia. I fondi possono essere utilizzati solo per costruire nuovi edifici all’interno del lotto e non per la ristrutturazione del preesistente. L’area prevista dovrebbe ospitare diversi dipartimenti, una grande piattaforma tecnologica che contiene tutte le strumentazioni per fare ricerca di altissimo livello. Si tratta di un progetto di per sé molto innovativo, che ci permette di generare un campus internazionale al pari di altri atenei, in un’area dove ci saranno altre importanti realtà e istituzioni della ricerca, ospedali, banche con istituti di ricerca statistica ed economico-sociale. Quindi, un ambiente molto attivo e proficuo nel quale operare, sfruttando i punti di forza della Statale di Milano. Le polemiche sono nate per il timore che questo progetto possa sottrarre risorse ad altre attività in corso dell’ateneo, ed in particolare ad altre opere di modernizzazione della Statale – ce ne sono parecchie – e che possa drenare risorse alle aree umanistiche, in particolare, contrapponendole a quelle scientifiche per le quali sembrerebbe concepito. Inoltre, è stato presentato come un progetto edilizio, come un trasloco e dunque non è stata valorizzata la grande portata scientifica che rappresenta. Questa mancata valorizzazione ha reso più difficile la comunicazione a livello di ateneo, dividendolo di fatto. Molti l’hanno percepito come un progetto calato dall’alto, in cui sarebbero state prese decisioni non condivise e sarebbero stati coinvolti marginalmente i dipartimenti. Ora su questo non voglio commentare, non voglio entrare in polemica, non è nel mio carattere. Prendo atto dei problemi e cerco di risolverli. C’è stata una mancata adesione da parte di alcuni al progetto per timore e per paura. Unimi ha deliberato a marzo scorso di procedere: ora siamo in attesa di un progetto, che crediamo sarà pronto entro l’estate, più integrato al quale partecipa una commissione proprio di Unimi, con la possibilità di indirizzo per ciò che concerne la progettualità, relativamente alla costruzione dei laboratori e delle aule didattiche, che vanno fatte secondo alcuni precisi criteri, in base alle diverse discipline. Anche a causa di questo grosso progetto in corso, la campagna elettorale ufficiale è iniziata molto prima».