Nella nave Aquarius ce n’erano 123, in Italia a fine 2017 se ne contavano oltre 18.000, nel 2018 ne sono arrivati oltre duemila. Sono alcuni numeri dei minori stranieri non accompagnati. Bambini e ragazzi in fuga da guerre, soprusi e fame che, una volta approdati sulle coste italiane, godono delle tutele previste dalla legge Zampa, in vigore da circa un anno. Un problema nel più ampio problema dei flussi migratori verso l’Europa che sta occupando le pagine di cronaca da giorni. Tra le principali novità della legge Zampa c’è l’istituzione del tutore volontario. Una figura “importante” che ha avuto grande risposta da parte dei cittadini. Un caso che dimostra che l’Italia è anche, o soprattutto, un Paese solidale. Lo sottolinea la Garante per i diritti dell’Infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, che ha da poco presentato la sua relazione al Parlamento. L’introduzione del tutore volontario è “un elemento positivo, tutto da implementare. I privati cittadini si sono messi in gioco, dando la speranza di un’integrazione dei minori che inizi dal basso, non immediata ma duratura”. Da quando, a settembre scorso, sono stati pubblicati i bandi, in Italia si sono fatti avanti 4.115 aspiranti tutori volontari. “Il dato è positivo e denota sensibilità e un modello di cittadinanza attiva e una solidarietà sociale che esiste nel nostro Paese, un adempimento peraltro di un dovere costituzionale previsto nell’articolo 2 della nostra Carta”.
Dei 4.118 tutori solo 258 sono stati nominati dal tribunale
La nota dolente è che la maggior parte di questi potenziali tutori volontari non sono ancora attivi. Il privato cittadino, dopo aver ricevuto la formazione necessaria, deve infatti essere poi nominato dai tribunali. “Solo un terzo – ha ricevuto la formazione necessaria ed è stato inserito negli elenchi: le nomine sono solo 258. Stiamo svolgendo un’attività di sensibilizzazione per avere nomine tempestive da parte dei tribunali. Dal nostro punto di osservazione privilegiato, oltre a fare appello a cittadini italiani, abbiamo – spiega la Garante – svolto in concreto corsi di formazione in alcuni regioni. E’ stata un’esperienza emotivamente coinvolgente, abbiamo visto tante persone con voglia di mettersi in gioco, prevalentemente donne, prevalentemente della fascia di età 46-60 anni, spesso con titolo di studio elevato. Si sono accostate a una realtà per loro sconosciuta con nessuna prospettiva di anche un minimo rimborso. Ora il rischio è che vengano disperse risorse se non si riesca a creare una rete attorno al tutore (servizi sociali del territorio, tribunali, garanti, tutti i soggetti istituzionali)”. I tutori volontari, rincara Raffaella Milano di Save the Children, “sono un tassello fondamentale del processo di integrazione, se lo intendiamo, come dovremmo, non solo nei termini di garantire risorse materiali fondamentali (un posto dove dormire, un modo per mantenersi), ma anche come ricostruzione di un legame di fiducia, traumaticamente interrotto a causa della fuga e durante il viaggio, nei confronti degli altri, così come riguardo alle proprie capacità e ai propri talenti. La disponibilità dei tutori volontari è un segnale straordinario che viene dalla società civile e che oggi sta alle istituzioni raccogliere e non tradire”. E certamente la solidarietà non basta per affrontare un fenomeno epocale come le migrazioni verso il Vecchio Continente, ma certo è un pilastro su cui si può costruire.
Un primo giudizio sulla legge Zampa: minori per il 42% concentrati in Sicilia
La legge 47 del 2017, intanto, ha introdotto molte innovazioni nel sistema di accoglienza e protezione dei minori stranieri non accompagnati. Oltre al tutore volonario, prevede il divieto di respingere i minori stranieri che arrivano da soli in Italia, riduce il termine massimo di trattenimento dei minori nelle strutture di prima accoglienza a 30 giorni, disciplina le procedure di identificazione del minore e di accertamento dell’età, uniformandole a livello nazionale. Sulla legge c’è un giudizio – dice la garante Albano – a luci e ombre, ci sono aspetti da implementare, ci sono criticità che ostacolano la piena integrazione dei minori. Ad esempio il fatto che per il 42% sono concentrati in Sicilia; non sono dunque diffusi uniformemente, rischiando di inficiare l’accoglienza”.
I Minori sulla nave Aquarius.
Per l’esperto di diritti umani “non fare battaglie politiche sulla pelle delle persone, ma fare un’azione politica comune”.
Alla ribalta delle cronache restano quei minori non accompagnati che nella nave Aquarius, in 123, non hanno mai toccato il suolo italiano. Ovviamente la legge Zampa sulla tutele dei minori non si applica in acque internazionali. Tuttavia, sottolinea Albano, “come Autorità garante penso che una delle conseguenze della ratifica della convenzione delle Nazioni Uniti dell’89 è il principio dell’universalità dei diritti. E quando sono in gioco persone di minore età, secondo la Convenzione, a prevalere è il principio di superiore interesse della persona di minore età”. Riguardo alla discussa gestione dell’emergenza Aquarius, Andrea Saccucci, professore di diritto internazionale e avvocato specializzato nella tutela dei diritti umani, spiega che, giuridicamente, “da un lato c’è l’obbligo di salvataggio delle persone in pericolo in alto mare, indiscusso e indiscutibile. Dall’altro ci sono poteri dello Stato costiero di consentire o meno l’ingresso. Se l’imbarcazione si trova in situazione di emergenza non si può negare l’accesso al porto. Potrebbe infatti entrare e invocare la discriminante dello stato di necessità o estremo pericolo. Tutta la vicenda nasce dalla problematica mai risolta di carattere politico e internazionale della responsabilità di Malta per il controllo e il salvataggio in mare. Malta, infatti, rivendica una zona Sar (di ricerca e soccorso), amplissima che non ha oggettivamente la capacità di tenere sotto il suo controllo; per anni l’Italia ha dunque supplito alle richieste di soccorso in zona maltese”. Per capire dove far approdare i migranti, inoltre, “si ricorre alla nozione del ‘porto sicuro più vicino’. Nel caso di Aquarius il porto più vicino è quello di Malta, ma Malta – si chiede Saccucci – è un porto sicuro?” Il gip di Ragusa, in una recente sentenza ha sostenuto che anche a Malta c’è un problema di sicurezza perché non ha strutture adatte ad accogliere migranti. “Malta potrebbe – prosegue il professore – non essere dunque porto sicuro”. Al di là delle questioni giuridiche “anche se dal punto di vista del diritto l’Italia non sembrerebbe aver violato alcuna norma internazionale, ci sarebbero imperativi umanitari. Come al solito queste battaglie politiche si fanno sulla pelle delle persone. Bisognerebbe fare un’azione politica, il problema non si risolve solo con le norme, ma andando alla radice. La questione di Malta è da anni sul tavolo: ci vorrebbe la riforma del regolamento di Dublino, da attuare col consenso di tutti”.
E allora concludiamo riportando le recenti parole di Sergio Fabbrini, editorialista del Sole 24 Ore e professore di Scienze politiche e Relazioni internazionali alla Luiss: “va tolta l’acqua ai pesci sovranisti che criticano l’Europa per non fare abbastanza e, contemporaneamente, le impediscono di acquisire la necessaria sovranità per fare qualcosa in modo efficace. Ecco perché, oltre a chiedere solidarietà, dovremmo avanzare una strategia di riforma strutturale della politica migratoria“.