Unione Europea: Italia, Francia e Germania unite contro i congedi ai papà

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Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del congedo parentale. Uno spettro incarnato in un documento di una trentina di pagine, la proposta di direttiva del Parlamento Europeo e della Commissione sulla conciliazione fra vita privata e professionale dei genitori e dei prestatori di cura familiare. Una bozza del 2017 che ha avuto una vita sotterranea e travagliata, ricostruita dal quotidiano francese Le monde pochi giorni fa.

Con l’eccezione dei Paesi nord europei, la questione della conciliazione parentale pare toccare corde di profonda opposizione fra gli Stati membri. Nel caso della bozza di direttiva in questione sembra che Italia, Francia e Germania abbiano inaspettatamente trovato una piattaforma comune di opposizione: mancano le coperture si dice, forse destinate ad altri progetti. Eppure le proposte paiono tutt’altro che a fondo perduto.

Entriamo nei dettagli. Stando al testo della Commissione, che ha come primo obiettivo l’armonizzazione fra gli Stati membri i tempi e retribuzioni delle assenze per sopravvenuta genitorialità, il congedo di paternità dovrebbe avere una durata minima di dieci giorni e quello parentale di quattro mesi per ciascun genitore; poi cinque giorni, ogni anno, fino al dodicesimo compleanno dei figli, e politiche di flessibilità positiva degli orari di lavoro, di part time temporanei e implementazione di provvedimenti di home working. La retribuzione giornaliera proposta è quella prevista dalla diverse leggi nazionali per le malattie di lungo periodo, generalmente molto più di quanto previsto in Italia e in Francia.

La Commissione individua le ragioni di questi provvedimenti nell’incentivazione dei padri alla prestazione di cura. Cosa buona e giusta nella prospettiva della costruzione di una società migliore e meno polarizzata in ruoli di genere, ma soprattutto profittevole. L’aumento del tasso di partecipazione, occupazione e retribuzione delle donne potrebbe ridurre le perdite da squilibrio occupazionale che solo in Italia valgono circa il 18% del Pil.

La proposta di direttiva rappresenta una grande novità per il vecchio continente per almeno tre motivi. Innanzitutto sancisce una stretta correlazione fra esclusione femminile dalle attività produttive e scarsa diffusione della paternità di cura; in secondo luogo definisce il principio di obbligatorietà e non trasferibilità del congedo. Da ultimo traccia un legame consequenziale fra politiche familiari progressiste e investimento produttivo.

Insomma tifiamo Europa, ancora e ancora di più.

  • Federico Vercellino |

    Cara Monia, ogni stato membro decide come spendere il proprio denaro. L’opposizione verso un provvedimento da parte di alcuni e non di altri dimostra che spesso è troppo oneroso ciò che non si vuole fare.

  • Monia |

    Cioè, siccome tre paesi della UE – Germania, Francia e Italia – sono concordi nel sostenere che il congedo parentale come proposto dalla Commissione è troppo costoso per i paesi dell’Unione e quindi non praticabile, dobbiamo volere più Europa perché l’Europa ci porterebbe a fare passi di civiltà, come sarebbe per esempio il rafforzamento dell’istituto del congedo parentale. Ragionamento piuttosto contorto, soprattutto se si guarda al calibro dei paesi oppositori: Germania, Francia e Italia. Ora lasciamo stare il secondo e il terzo, soprattutto il terzo che conta come il 2 di briscola, ma la Germania….non è proprio una bazzecola la contrarietà della Germania… E intanto il Fiscal Compact incombe.

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