Non so se avremo un governo, ma di sicuro in Italia non mancano i contratti. Ed ecco come l’ultimo contratto, prodotto dall’alleanza Cinque Stelle Lega, tratta il tema “conciliazione vita-lavoro” in Italia.
“Occorre introdurre politiche efficaci per la famiglia, per consentire alle donne di conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro, anche attraverso servizi e sostegni reddituali adeguati. Inoltre, è necessario prevedere: l’innalzamento dell’indennità di maternità, un premio economico a maternità conclusa, per le donne che rientrano al lavoro e sgravi contributivi per le imprese che mantengono al lavoro le madri dopo la nascita dei figli”.
Poche righe, ma sintomatiche di un modello mentale e di governo ben preciso.
1) Le politiche per la famiglia riguardano solo ed esclusivamente le donne: è a loro infatti che devono consentire “di conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro” ed è solo la loro indennità che deve essere “innalzata” (chissà come , visto che in Italia abbiamo uno dei congedi di maternità più ricchi d’Europa, che secondo molti studi arriva a disincentivare la partecipazione paterna); chi se ne importa se nel resto del mondo si parla ormai di condivisione dei carichi di cura, congedo parentale e di paternità: l’Italia è e resta il “paese delle mamme”.
2) Torna il vecchio concetto, tanto caro a Mussolini, di “premiare le maternità” una volta concluse (qualunque cosa questo significhi), ma solo “per le donne che rientrano al lavoro”: così le decine di migliaia che il lavoro lo hanno perso proprio a causa della maternità perdono anche “il premio” – per non parlare del riconoscimento che questo Paese non riesce a dare alle donne che hanno figli e cercano lavoro, e non hanno diritto nemmeno a un posto negli asili nido, quindi affari loro riuscire a cercarlo, quel lavoro, senza il tempo né la possibilità di creare contatti, andare ai colloqui e formarsi.
3) Ma no, direte voi, hanno anche messo un incentivo per le aziende a “tenersi le mamme”: sono infatti previsti “sgravi contributivi per le imprese che mantengono al lavoro le madri dopo la nascita dei figli”… le aziende vengono quindi premiate come virtuose se non licenziano le madri, come se si accettasse implicitamente che questo invece avvenga, e vengono premiate perché “mantengono al lavoro le madri dopo la nascita dei figli”: le parole sono importanti, e mantenere vuol dire letteralmente provvedere al sostentamento di donne che, evidentemente, non possono più farlo da sé.
Grazie, buon governo, che ti prendi cura delle mamme meritevoli, e ti interessi acciocché possano continuare a tenere sulle proprie spalle l’intero carico della “conciliazione”. Grazie per il premio alla fertilità, che limita e delimita in stretti recinti l’immaginazione su ciò che essere donna significa, sul senso di avere una famiglia per uomini e donne. E infine, grazie per voler incentivare le aziende a “caricarsi” parte del peso che comporta avere una mamma in ufficio, per il bene nostro e di tutta la nazione.
E’ di qualche giorno fa l’ultimo Rapporto OCSE sulla parità di genere. I Paesi nord europei hanno aumentato il proprio PIL di percentuali fra il 10 e il 20% in 50 anni grazie all’aumento dell’occupazione femminile. Un aumento di reddito pro capite che va dai 1.550 euro della Finlandia ai 9.000 euro della Norvegia. Ma immagino che questo, all’Italia, non serva.