“Speriamo che tra una decina d’anni potremo leggere che un gruppetto di persone si sono trovate in un piccolo spazio di coworking a Milano per costruire un’azienda che ha prima mandato all’aria e poi salvato il business della (tras)formazione delle persone”, mi scrive Raffaele, il Chief Operation Officer di Life Based Value, la mia società . Prima “mandare all’aria” e poi “salvare” il business della (tras)formazione delle persone: che auspicio audace e senza… paura!
Proprio oggi l’Harvard Business Review ha pubblicato un articolo dal titolo: “In che modo la paura aiuta (e fa male a) gli imprenditori”, e il tema è per me più caldo che mai, visto che abbiamo appena chiuso la nostra campagna di equity crowdfunding, raccogliendo più di 450.000 euro.
Quali paure dovrei avere, quindi? Mi domando io, da novella imprenditrice “in ascesa” (quantomeno dal punto di vista del capitale a disposizione). Ora che, attraverso il crowdfunding, oltre 100 persone hanno scommesso sulla Life Based Value srl diventandone socie, e non siamo più solo in sette o otto a crederci, spingere e fare molto con niente… che cosa succede adesso? Avrei ragione ad avere paura?
Dopotutto il 75% delle aziende fallisce entro i primi 10 anni!
Leggo con attenzione l’articolo dell’Harvard Business Review che, grazie alle interviste fatte a 75 imprenditori, ha catalogato sette tipi di paura ricorrenti, convalidate anche da ricerche successive. Secondo l’articolo, queste paure possono indebolirmi oppure rafforzarmi, sicuramente insegnarmi qualcosa, e per questo sono tutte tendenzialmente “sane”. Le scorro una ad una, le mie possibili paure da imprenditrice, e le confronto con quel che sento.
1) Per il reale potenziale dell’idea: non ho nessuna paura. Anzi: forse un eccesso di entusiasmo da tenere sotto controllo. Un entusiasmo ancora vivo 5 anni dopo la nascita dell’idea, sempre più vivo a ogni nuova scoperta, a ogni nuova azienda che acquista la nostra “idea”, a ogni nuova persona che l’adotta e la fa sua.
2) Per la sicurezza finanziaria e 3) per la capacità di finanziare l’impresa: queste due possibili paure per ora le sento proprio poco. Abbiamo vissuto per due anni di ciò che abbiamo saputo generare in termini di fatturato, limando i costi al centesimo e tenendo un guscio di noce a galla in un mare estremamente agitato. Adesso che il mercato ci sta dando le risorse per navigare a vele spiegate, la mia preoccupazione è piuttosto per…
4) …la capacità di esecuzione della mia azienda: sì, su questo abbiamo da lavorare. Dobbiamo ricordarci continuamente che cosa vuol dire “diventare grandi”. E’ la nostra “prima volta”: vale per me e per tutto il team. Rallentare su alcune cose, accelerare su altre. Darci limiti più ampi, spingerci oltre le cose che già conosciamo, ricordarci l’un l’altro che cosa vuol dire e perché è necessario “diventare più di ciò che siamo”. E, da qui, il passo è breve verso la…
5) …paura per i costi opportunità, che io traduco con la capacità di scegliere tra diverse opportunità. I costi opportunità per un imprenditore sono tantissimi. Tutte le strade sembrano da percorrere, e tutte subito. Come riconoscere quelle che devono invece essere rimandate, quelle che farebbero perdere focus, quelle che nascondono occasioni d’oro? Per quante regole si adottino, per quanta strategia si metta sul tavolo, anche l’articolo dell’HBR enfatizza che le scelte migliori sono quelle dettate dall’istinto, dalle cosiddette “regole del pollice” che fanno la differenza nei processi decisionali. E su questo il mio obiettivo è oggi mettere a disposizione dell’azienda l’istinto di ogni componente del team, non solo il mio. Che tutti si sentano abbastanza forti da aggiungere a competenze e conoscenze una dose coraggiosa del loro istinto.
6) Paura per la capacità personale, l’autostima: credo che essere donna in questo aiuti. Le aspettative (degli altri) sono più basse, e c’è molta più abitudine a mantenere alta l’autostima sulla base di valutazioni personali, più che di terzi. Ho capito che faccio le cose “in modo diverso”: ci ho fatto pace. Mi aspetto quindi anche risultati diversi: magari più lenti o più veloci, più “laterali” rispetto a quelli con cui mi confronto. In questo aiuta anche che il nostro sia un business drammaticamente innovativo, che fa fatica a stare dentro a schemi preesistenti e quindi a confrontarsi da subito con altri business.
7) Paura per minacce alla mia stima sociale: questo condensa per me la paura di fallire. Se hai successo, sei sotto i riflettori e, se fallisci, la caduta è anche più rovinosa. C’è lo stigma dell’errore, del non avercela fatta. C’è lo sguardo del mondo su di te, su quel che non hai saputo far succedere. Ecco, forse di questo un po’ di paura ho. Non di fallire di fronte alla società, ma di fallire “socialmente”: essere incapace di portare questa azienda a essere ciò che potrebbe, con tutte le sue responsabilità, e cedere all’istinto di nascondermi in solitudine per non essere giudicata, dal mondo ancora prima che da me stessa.
Da questa paura mi proteggo dicendomi che il mondo ha di meglio da fare che guardare e giudicare me.