Si sente sempre più parlare di donne: sui media, nei convegni e sui social. L’ondata è quasi travolgente: la questione sembra aver raggiunto la dimensione di “massa critica” e straborda in ogni settore: si contano le donne in politica, si assegnano le prime poltrone “importanti”, ci si annotano le promesse non mantenute, le copertine delle riviste sono piene di role model, fioriscono liste di esperte per ogni materia e professione. Donne intorno ai 40 anni che si sono guadagnate carriere luminose, donne che “ce l’hanno fatta”.
Nonostante l’enorme impegno di conquistarla, quella poltrona, e poi di mantenerla contro ogni pregiudizio, queste donne si sentono spesso e per fortuna chiamate a diventare dei modelli. Fioccano i progetti per le più giovani: bisogna ispirarle, metterle in rete, dotarle della sicurezza necessaria e aiutarle a fare le scelte giuste.
Perché anche loro “ce la possono fare”.
Nutriamo in loro l’illusione che sia non solo possibile, ma anche desiderabile, portare il proprio talento all’interno del sistema dominante: per arricchirlo e vivificarlo con i loro colori, grazie al proprio merito e alle proprie capacità.
In effetti per molto tempo è stato difficile avere dei role model femminili: le donne per decenni si sono ostinate a essere altro, ed era difficile metterle in copertina vestite. Adesso sembra che abbiamo imparato e lo stiamo dimostrando: sappiamo giocare anche noi a quel gioco là. Basta che ti metta dei pantaloni, studi matematica e tenga la voce un tono più bassa: ti mimetizzi e ti viene data la possibilità di portare il tuo talento ai vertici dell’economia e della politica. Alle giovani donne stiamo quindi dicendo che possono, e forse anche che devono.
Beh, care ragazze, vi confesso che invece io “non ce l’ho fatta”. Sono arrivata alle porte del potere, dopo una tradizionale carriera “di successo”: forse mi è stato proposto di avere tutto, ma io mi sono tirata indietro.
Voglio raccontarvelo perché sarà difficile che me lo facciano dire sulla copertina di un giornale, ma è importante che sappiate che ci sono alternative all’avere tutto, che c’è vita anche ai confini dell’impero. Dovete sapere che si può essere diverse e definire il successo a modo proprio, costruire la propria strada, costellarla della proprie scelte. Che non è necessario avere tutto, ma si può scegliere di “essere” tutto. Io non ce l’ho fatta, a indossare quei pantaloni e aderire a quei valori: ma soprattutto non ci ho creduto, non mi hanno convinta, né nelle premesse né – tantomeno! – nei risultati. Non mi sono sentita sconfitta ma sfidata: a dimostrare che non stavo buttando via il mio talento, ma lo mettevo in altre partite, le “mie” partite.
Non ce l’ho fatta, care ragazze: non ho fatto carriera. Perché avere tutto è possibile, ma non è obbligatorio. E il mondo è vostro.