Awa Traore, una storia nascosta nel nuovo film di Marco Tullio Giordana

awa7

Foto di Alberto Fogliata

I personaggi dei film di Marco Tullio Giordana restano nel cuore perché sono degli eroi civili, ancorati alla realtà in cui vivono, personaggi che con la loro storia raccontano anche il loro tempo e una sfaccettatura della società. Nome di donna, nelle sale simbolicamente dall’8 marzo, sul tema delle molestie nell’ambiente di lavoro, è una storia di coraggio e determinazione, ma anche di miseria e fragilità, perché spesso le vittime sono tali perché non hanno via di fuga. Curiosando nel making of del film, tra i personaggi secondari e le attrici su cui svetta la protagonista Cristiana Capotondi, abbiamo trovato un’altra storia da raccontare, vera, schietta e piena di orgoglio contro il pregiudizio. È la storia di Awa Traore, attrice emergente di 29 anni.

awa4In Nome di donna interpreta Tafut Madami, una delle colleghe di Nina (Capotondi) nella casa di riposo in cui è ambientato il film. Awa racconta: “Il mio personaggio è uno dei pochi che si schiera al fianco di Nina, pur sapendo che facendolo perderà il lavoro. Per me le cose non accadono per caso. Anch’io mi sono ribellata e ho cambiato la mia vita, come Nina”.

Awa ha 29 anni ed è originaria della Costa d’Avorio. È arrivata in Italia quando aveva 16 anni, con l’appoggio di alcuni parenti che già vivevano in Lombardia. Ha lasciato sua madre e i suoi numerosi fratelli con la prospettiva di venire in Italia per studiare pediatria. Era il suo sogno, lavorare coi bambini, lei che da bambina aveva lottato con la poliomelite e aveva vinto. Il suo sogno però si infrange subito contro la burocrazia: i suoi titoli di studio non sono riconosciuti, niente università per lei, deve ricominciare dalla terza media. Ma prima ancora, deve lavorare. Fa le pulizie, la cuoca. Lavora anche dodici ore al giorno e arriva a pensare che non farà mai niente di meglio, talvolta anche di non valere niente di meglio.

awa3Per tre anni e mezzo fa questa vita, è la fine della sua adolescenza e l’inizio dell’età adulta. Per i suoi coetanei ci sono sogni da realizzare, feste in cui divertirsi e vestiti da indossare. Per Awa solo un grande disincanto. Ma, come continua a dire lei, niente accade per caso, e una persona con cui lavora la aiuta a ritrovare i propri sogni, a crederci, a non avvilirsi in un presente che può e deve essere cambiato. Awa lascia la casa dei suoi parenti, e quella che segue è la storia della sua rinascita. Si iscrive a scuola, prende il diploma e comincia la scuola triennale di psicomotricità. Nel frattempo i lavoretti che fa per mantenersi la portano a conoscere il mondo dello spettacolo e della moda. Dopo alcune figurazioni speciali e pubblicità, Awa decide di fare sul serio e si iscrive a una scuola di recitazione. Non manca l’incontro con una finta agenzia spilla soldi, fenomeno tristemente noto ai lavoratori dello spettacolo più esperti. Ma Awa ha una grande determinazione e da un casting all’altro arriva la notizia del ruolo in Nome di donna.

awa5

Foto di Alberto Fogliata

Awa racconta la sua storia come un fiume in piena, rivivendo una per una le emozioni che l’hanno portata fino a quell’annuncio e la sua voce, che stava per spezzarsi tra i ricordi, all’improvviso diventa quella di una bambina: “Non credo che dimenticherò mai la gioia che ho provato. Per me è stato un segno che mi diceva che sono sulla strada giusta e non mi devo arrendere”.

Le chiedo come si è sentita accanto a Cristiana Capotondi e quando ha incontrato per la prima volta Giordana: “Inizialmente mi sono sentita un pesce fuor d’acqua, circondata da volti che ero solita vedere sullo schermo. Ma allo stesso tempo ero come una bambina in un parco giochi meraviglioso, con tanta voglia di osservare, scoprire, conoscere, imparare. Cristiana si è rivelata una persona disponibile e con un grande lato umano e Giordana è un regista che chiede molto ma aiuta anche molto per ottenere ciò che vuole. È stata un’esperienza che mi ha fatta crescere tantissimo, come persona e come attrice”.

awa8A novembre Awa ha vinto il Diaspora Award Italia, un premio per i talenti di origine africana che lavorano in Italia e all’estero. Grazie a questo premio sta ora seguendo un progetto che la porta a viaggiare in tutta Europa per intervistare chi come lei, arrivando con nulla da un Paese straniero, grazie al lavoro e alla determinazione è riuscito a integrarsi, a fare la differenza. Awa è molto orgogliosa di questo percorso, tanto che rifiuta di sposarsi finché non avrà ottenuto la cittadinanza italiana con le proprie forze. Aveva già avviato le pratiche, i requisiti c’erano, purtroppo la virata professionale verso il cinema ha allungato i tempi. Ma lei è paziente, e dice: “Ho fatto così tanta fatica ad arrivare fin qui con le mie forze che adesso è una questione di principio. Dopo magari mi sposerò, e so che comunque la gente dirà che mi sono sposata per ottenere la cittadinanza. La gente pensa questo quando vede una coppia mista. Non sanno quanto amore può esserci, quanto il mio compagno mi sostenga e creda in me anche quando sono io stessa a non farlo”.

Nel frattempo Awa continua a studiare recitazione e anche psicomotricità che, dice, rimane il suo piano B. È decisa a prendersi tutto il bello che le arriva, ha imparato che non deve più smettere di sognare.