
Foto di Franco Covi
Duedidue. Da sostituire entrambe, pronti via. O meglio, una da sostituire, una, quella ancora autentica, da aumentare per simmetria. Eppure io ci ero affezionata alla mie tette, una prima abbondante, sia chiaro, forse a volte mi accorgevo solo io che c’erano. Ma facevano quello che dovevano fare. Per il mio lavoro, poi, erano l’ideale. Perché quando danzi, il tuo corpo è una matita che disegna figure a ritmo di musica. Le note bisogna sentirle dentro e tradurle in movimento per te e per chi ti guarda, e se sono leggere, devi saper volare.

Foto di Franco Covi
Il mio seno era giusto per me, perché era come non averlo. Niente rimbalzi mentre atterri dopo un salto, insomma. Niente curve fuori posto a rendere barocco il rigore del corpo che diventa un pennello nelle mani di altri. Quando mi hanno detto che era tumore maligno e che sarebbe stato meglio togliere tutto, ho pensato che mi avrebbero comunque lasciato l’essenziale. Avevano già allattato due splendidi figli. Duedidue. Avevano amato e chi mi ama adesso non ha bisogno di loro.
Siamo duedidue anche senza tette. Quelle vere intendo, perché adesso le ho comunque, protesi di lattice sotto la pelle che è ancora la mia. Ho qualche curva in più, incredibile, e se mi va gioco a fare la sexy. Che poi un personaggio in più da recitare è tutto quello che chiedo, io che adoro lavorare nei musical. Sono la mia passione da sempre, da quando ho iniziato a studiare danza, ma non mi bastava, volevo la recitazione, volevo il canto.
Non mi sono mai fermata. Neanche quando, all’inizio delle cure, mi hanno detto riposati. Dire riposati a una persona malata di tumore è come dirle muori. Fare le prove con i miei alunni, anche quando lo senti che stai in piedi solo perché lo vuoi, è vivere. Andare a prendere i miei figli a scuola mentre mi vengono le scalmane indotte dalla pillole per evitare recidive, è vivere. Sono viva e non mollo e ringrazio di essere qui ancora a parlare, ridere, urlare con i miei figli. Io non combatto, io imparo questa nuova vita che per me è un regalo, come fanno tante altre donne che incontro per i controlli periodici all’Istituto dei Tumori di Milano. Ci guardiamo, ci capiamo e non c’è niente da aggiungere. Siamo normali. Siamo allegre. Siamo tristi. Siamo disciplinate. Siamo coraggiose. Siamo in trasformazione. Stiamo, sempre, ballando.

Foto di Franco Covi