«Abbiamo sentito la necessità di sederci con una certa regolarità attorno a un tavolo per ricordarci chi siamo e sfidarci nel costruire narrazioni, storie di uomini che parlano ad altri uomini, sempre attuali perché universali, attraverso mostre innovative e itineranti. Per questo abbiamo creato Simmetrico Cultura». Ormai disabituati ad ascoltare il pensiero liberarsi e librarsi al di sopra dei temi più prosaici, le parole di Daniele Zambelli, ceo di Simmetrico Network, possono sembrare naif.
Eppure, la qualità della narrazione, il rigore scientifico della ricostruzione storica e il livello d’innovazione espositiva della prima mostra – “Che Guevara – Tu y todos“, inaugurata lo scorso 6 dicembre e aperta al pubblico sino al 1° aprile 2018, presso La Fabbrica del Vapore a Milano – non lo sono affatto. Una sintesi riuscita, frutto di circa due anni di intenso e appassionato lavoro del curatore della mostra, Flavio Andreini, e del suo giovane team in collaborazione con il Centro de Estudios Che Guevara a L’Avana, che restituisce la complessità di un personaggio scomodo allora come oggi.
Ma perché proprio Ernesto Che Guevara, figura idolatrata dalle giovani generazioni di mezzo mondo per decenni? L’occasione sono i 50 anni dalla sua morte e i 90 dalla sua nascita, ma l’intento della mostra non è la celebrazione del personaggio pubblico, bensì la narrazione di un uomo che ha scelto da che parte stare, di abbandonare una carriera e un’esistenza sicura per ribellarsi all’ingiustizia sociale e dedicare la sua vita a realizzare un ideale: costruire un mondo migliore. Ecco perché ha sempre affascinato i giovani, ancora liberi da quelle sovrastrutture e disillusioni a cui si abituano la maggior parte degli adulti diventando incapaci di sospendere il giudizio e vedere l’essenza di un uomo attraverso le sue gesta.
Una storia universale, che continua ad essere attuale se solo diamo uno sguardo ai numeri spaventosi della disuguaglianze nel mondo oggi e alle previsioni di ulteriore aumento nei prossimi decenni. Non solo in Paesi emergenti, ma anche qui nella Vecchia Europa e in un’Italia dove, a fronte di una diffusa crescita del reddito, si registra un aumento della diseguaglianza economica: secondo le stime dell’Istat nel 2016 il rischio povertà o di esclusione sociale è arrivato a minacciare il 30,0% delle persone residenti nel paese, registrando un peggioramento rispetto all’anno precedente, in cui la quota era pari al 28,7 per cento.
E’ in questo messaggio attualizzato di un uomo che parla – attraverso l’esempio della sua vita e i suoi valori – ad altri uomini di altre epoche storiche, mettendoli di fronte alla domanda “qual è la tua posizione rispetto all’urgenza dell’ingiustizia sociale?”, che sta il carattere distintivo della mostra. Una domanda valida per gli individui come per le aziende, che possono scegliere un modo di fare business e un modello di lavoro etico e rispettoso dei diritti civili e del pianeta. E non mi riferisco alle iniziative di CSR, ma semmai a un approccio responsabile integrato nella strategia che permea tutte le attività dell’impresa.
La scelta di mettere al centro della mostra l’impianto narrativo è una decisione coraggiosa in un’epoca in cui i contenuti non vanno per la maggiore, ma è una scelta vincente se si dà retta a tutti quei filosofi, psicologici dello sviluppo, antropologi, scienziati secondo cui l’unica possibilità di salvezza dell’umanità sta in un salto di consapevolezza che addomestichi l’ego per favorire la collaborazione. E «la narrazione – come dice Zambelli – non è altro che il racconto delle possibilità che una realtà contiene, l’occasione di intravedere risposte inusuali a interrogativi cruciali della storia umana». La chance di deviare la coazione a ripetere e di costruire un futuro diverso, migliore.
Il richiamo alla responsabilità di ciascuno di noi è forte e si sostanzia anche di un ciclo di dibattiti, che affrontano i temi di emergenza e giustizia sociale contemporanei con esponenti di diversi ambiti, dall’economia, all’ arte, al giornalismo, alla letteratura, ecc. Si parte questa settimana per proseguire lungo l’intera durata della mostra. Per concludere va detto – a proposito di assunzione di responsabilità – che parte del ricavato della mostra sarà destinato a sostenere il centro educativo “Bayt Al Amal” in Siria, inserito nel Programma “Scuole nel mondo. L’educazione per ogni bambino” della Fondazione Paoletti. Una scelta che conferisce ulteriore forza e autenticità al proposito di Simmetrico Cultura. Perchè l’esempio parte sempre da noi.