Adozione: una scoperta con i nostri figli, giorno dopo giorno

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Oggi è un giorno importante per me, il 27 ottobre è il compleanno della mia famiglia. Ogni anno festeggiamo questa data: proprio il 27 ottobre 2011 rientravamo in Italia dall’Etiopia con le nostre due figlie. Non è la data ufficiale riportata sui documenti dell’adozione del tribunale, ma simbolicamente quel primo viaggio insieme ha significato molto per noi. Il primo viaggio in quattro, non più solo coppia, ma improvvisamente genitori di ben due figli contemporaneamente. Ci eravamo naturalmente preparati da tempo per quel viaggio, sia psicologicamente, con anni di percorso adottivo, di incontri con gruppi di altri aspiranti genitori, di colloqui con esperti del settore; sia nella nostra immaginazione fatta di sogni e di speranze. E, una volta arrivato il tanto atteso momento, anche praticamente: avevamo cercato di prevedere ogni loro possibile bisogno, per rendere magari meno noiosa l’attesa in aeroporto o le ore di volo: giochi, libri da leggere, Ipod per ascoltare la musica con le canzoni dello Zecchino d’Oro…

Pensavamo di essere preparati…  in realtà la prima grande lezione da genitore che ho imparato proprio quel giorno è di non dare niente per scontato con i nostri bambini.

Nei giorni precedenti alla partenza per tornare in Italia, io e mio marito eravamo abbastanza preoccupati, temevamo che il momento del distacco dal referente etiope dell’ente adottivo che le aveva seguite amorevolmente e paternamente fino a quel giorno, rappresentando un punto di riferimento importante anche per noi nei giorni di permanenza in Etiopia, sarebbe stato troppo doloroso per loro. Sarebbero venute serenamente via con noi? Invece, nel fatidico momento dei saluti davanti all’aeroporto chi aveva gli occhi gonfi di commozione eravamo solo io e mio marito!! Eravamo noi ad attardarci, mentre le bambine trotterellavano contente verso l’ingresso del terminal, invitandoci a sbrigarci, impazienti all’idea di prendere l’aereo di cui parlavamo da giorni.

Una volta entrati siamo saliti sulle scale mobili per raggiungere la zona delle partenze. Un po’ in stile fantozziano, non essendo abituati a viaggiare con i bambini, io goffamente con un trolley in una mano e mia figlia minore nell’altra, mio marito davanti con entrambe le mani occupate dai bagagli, mia figlia maggiore di 7 anni subito dietro di me. Il tempo di salire sui primi gradini, ci siamo voltati e lei era lì, ferma ai piedi della scala mobile a bocca aperta. L’abbiamo chiamata, ma era letteralmente bloccata dalla paura. Impensabile per noi riuscire a scendere controcorrente per recuperarla. Che stupidi! Avevamo pensato addirittura a scaricare le canzoni per loro, ma non ci aveva minimamente sfiorato l’idea che le bambine non avessero mai visto una scala mobile in vita loro!

Per fortuna un ragazzo olandese subito dietro di lei nella fila ha avuto la prontezza di sollevarla di peso, prenderla in braccio e portarla sana e salva in cima alle scale, dove la stavamo aspettando impotenti. Da quel momento abbiamo capito che nulla, proprio nulla doveva essere dato per scontato. Aveva 7 anni sì, ma praticamente nessuna esperienza pratica del mondo

Ciò che maggiormente mi angosciava era il momento del decollo. Che emozioni avrebbero provato nel salutare la loro terra natia? In fin dei conti stavano partendo per un Paese lontano, con due semi-estranei, abbandonando tutto ciò che avevano conosciuto fino a quel momento. Avrebbero pianto? E se si fossero rifiutate di partire? Ed ecco, ancora una volta, l’unica a commuoversi al momento del decollo ero io. Le bambine erano totalmente concentrate nel capire come mai si fosse improvvisamente interrotta la musica che usciva dagli auricolari collegati al sedile. Si scambiavano gli auricolari, schiacciando tutti i bottoni, non si sono praticamente accorte del decollo. In quel momento vivevano semplicemente e meravigliosamente il presente, come solo i bambini sanno fare.

Sono andate incontro al loro destino così. Con gioia e stupore nelle piccole cose, praticamente non guardandosi indietro, entusiaste solo di scoprire cosa la vita stesse riservando loro, minuto dopo minuto. Cercando di superare le piccole e grandi, immense sfide di ogni giorno (dalla più banale scala mobile alla nuova lingua, alla scuola, ai nuovi amici…) e i momenti di crisi.

Da loro abbiamo imparato tanto noi due adulti, preoccupati del domani, arroccati nelle nostre paure di fare bene, di proteggerle, di essere all’altezza, scoprendo giorno dopo giorno la loro forza e la capacità di rinascere ogni giorno.