Manca meno di un mese alla fine, ma possiamo già affermare che tra le cose per cui verrà ricordata questa estate 2017, c’è anche l’opprimente ondata di omofobia che ha colpito l’Italia al nord come al sud.
Il caso mediaticamente più eclatante accade l’ultima settimana di luglio, quando una coppia gay di Napoli si vede rispondere così dal titolare della guest house di Santa Maria (Calabria), dove ha deciso di passare l’estate:
“importante e mi scuso se posso sembrare troglodita, ma non affittiamo a gay e animali. Scusi ancora”.
La coppia cancella la prenotazione, denuncia l’accaduto all’Arcigay di Napoli e la notizia si diffonde via social e giornali. Il titolare della casa vacanza non fa passi indietro, anzi, rivendica la sua scelta. La polemica e l’indignazione montano talmente tanto che il sito CaseVacanze cancella l’inserzionista e sanziona l’omofobia.
Per il resto è una carrellata senza sosta di casi simili se non più gravi. Ce n’è per tutti i gusti: coppie insultate al bar, redarguite in spiaggia per atteggiamenti “sconvenienti”, aggressioni fisiche, strutture che rivendicano il diritto di discriminare clientela omosessuale, eccetera, eccetera, eccetera. Di tutto e di più, per una media, ad oggi, di un caso di omo-transfobia denunciato quasi ogni tre giorni. Tanto che è nata una piattaforma, Tolleranza Zero, che attraverso una mappa permette di indicare luogo per luogo, cosa, e quando è accaduto (i puntatori neri rappresentano gli episodi di razzismo).
Per quanto l’omofobia non manchi mai durante tutto l’anno, l’estate è forse più “predisposta” a scatenarla. Sarà che in questo periodo le persone si spostano maggiormente, in località, posti che generalmente non frequentano, portando la loro vita e le loro relazioni tra persone “estranee” e variegate. Spiagge, alberghi o ristoranti, diventano allora luoghi popolati da “altri”, spesso poco preparati alla diversità. Da qui l’intolleranza.
Ma perchè proprio questa estate 2017 ha registrato, rispetto alle altre, un picco omofobico? Rispondere a questa domanda può dirci molto del Paese in cui viviamo, e per farlo bisogna incrociare due fattori.
Il primo: è passato più di un anno dall’approvazione delle Unioni Civili in Italia. Un anno durante il quale molte coppie si sono unite civilmente, dove molti hanno visto unirsi civilmente i propri amici. Un anno durante il quale la legge Cirinnà ha iniziato a cambiare il tessuto sociale del Paese, ma non solo. Ha cambiato anche le persone LGBTI, sempre più consapevoli dei loro diritti e pronte a denunciare quando vengono discriminate, o redarguite per un bacio, un abbraccio. Gesti che di scandaloso non hanno il luogo o la presenza dei bambini (da sempre paravento puritano di ogni atteggiamento omofobico), ma il solo fatto di accadere tra due persone dello stesso sesso.
Il secondo: dove avviene tutto questo? In Italia. E che Paese sia l’Italia rispetto alle diversità, lo spiega molto bene la relazione finale della Commissione Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio (istituita il 10 maggio 2016 e presieduta dalla Presidente della Camera). Pubblicata il 6 luglio scorso ci dà un quadro davvero impressionate di noi stessi e dei nostri concittadini. Per la lettura completa si può visionare la relazione sul sito della Camera dei deputati. I dati più rilevanti che interessano l’omofobia invece sono questi. Citando testualmente la relazione:
- il 25% degli italiani (uno su quattro) considera l’omosessualità una malattia.
- Il 20% (un italiano su 5) ritiene poco o per niente accettabile avere un collega, un superiore o un amico omosessuale.
- Il 24,8% (uno su cinque) ha perplessità sul fatto che persone con orientamento omosessuale rivestano una carica politica. Questa percentuale sale al 28,1% nel caso di un medico e al 41,4% nel caso di insegnante di scuola elementare.
E ancora se non bastasse:
- Il 40,3% delle persone LGBTI afferma di essere stato discriminato nel corso della vita. il 24% a scuola o università, il 29,5% nel corso di una ricerca di lavoro, il 22,1% sul lavoro.
- Il 10,2% è stato discriminato nella ricerca di una casa da affittare o acquistare; il 14,3% nei rapporti col vicinato; il 10,2% nel rivolgersi a servizi socio-sanitari (da un medico, un infermiere o da altro personale sanitario) e il 12,4% in locali, uffici pubblici o mezzi di trasporto.
E continua:
- il 23,3% della popolazione omosessuale/bi- sessuale ha subito minacce e/o aggressioni fisiche a fronte del 13,5% degli eterosessuali. Analogamente, è stato oggetto di insulti e umiliazioni il 35,5% dei primi a fronte del 25,8% dei secondi.
- A livello dei social media, le persone LGBTI sono a pari merito con i migranti come oggetto d’odio nei messaggi su Twitter, secondo l’indagine Vox: rispettivamente nel 10,8% e 10,9% dei casi
Come dire, se questo è l’umore profondo del Paese verso le persone LGBTI, non sorprende che nel momento in cui smettono di nascondersi e diventano visibili, soprattutto lontano dal loro mondo quotidiano, la discriminazione sia all’ordine del giorno. Ma paradossalmente, l’impennata dei casi di omofobia di questa estate 2017 (insieme a tutti quelli che ancora verranno dopo), può essere letta anche come un segno positivo, perchè significa che sempre più cittadini LGBTI smettono di nascondersi. E non solo nella cintura protetta dei loro affetti. Non si nascondo più ovunque e con chiunque: a casa, in ufficio, al bar, in albergo e in spiaggia. D’inverno e d’estate. Pretendono rispetto, un rispetto che quando non arriva, non esitano a denunciare, sempre di più. Probabilmente, la differenza tra questa estate 2017 e le altre, sta proprio qui. La luce si è accesa, ora tutti vedono tutti, e tutti rivendicano il diritto di essere ciò che sono.
Ne consegue che proprio in questo momento storico di nuovi diritti, per l’Italia una legge contro l’omo-bi-transfobia è drammaticamente ancora più urgente di ieri: le persone LGBTI diventando più visibili anche come coppie riconosciute, sono diventate sempre di più un bersaglio per quelle sacche di intolleranza che rivendicano il diritto di continuare a vessarle, aggredirle e discriminarle. Sacche di intolleranza verso le quali, al di là dell’indignazione pubblica, social o delle associazioni, non ci sono reali strumenti efficaci di difesa.
Questi cittadini, per l’ennesima volta stanno mostrando un grande coraggio nell’esporsi e nel denunciare le discriminazioni, e l’estate 2017 è lì a dimostrarlo con i suoi numeri, ma non possono essere lasciati soli. Tutto questo non basta se anche lo Stato non dà un segnale inoppugnabile, deciso, di quale sia il limite tra opinione-diritto-discriminazione e rispetto.
Una legge efficace non farà sparire d’incanto l’omofobia, ma la renderà finalmente punibile. Obbligherà al rispetto i cittadini di oggi, ed educherà alle diversità quelli di domani.