Spaparanzati sulla spiaggia nel bel mezzo delle ferie, coi postumi dei bagordi di Ferragosto ancora in circolo tra il fegato e i reni, alzi la mano chi ha voglia di pensare a come sarà il suo posto di lavoro fra 20 anni. A stento ci ricorderemo la password del computer a settembre, figurarsi a immaginare il proprio futuro. Sui giornali leggiamo che i computer sostituiranno gli impiegati, le macchine automatiche 4.0 prenderanno il posto degli operai, e grazie ai robot non serviranno nemmeno più i camerieri di quel bar in riva al mare dove siete seduti in questo momento. Fate attenzione però, non fidatevi troppo di quella specie di C-3PO col vassoio che vi servirà un Negroni sbagliato: i robot sono sessisti e sono pronti a licenziare soprattutto le donne.
Detto così sembra un film a metà tra un horror e un fantasy, e invece è un serissimo studio dell’Institute for spatial economic analysis (Isea) americano. Secondo il quale l’automazione che minaccia milioni di posti di lavoro nel mondo colpirà soprattutto le donne. Per l’esattezza, colpirà le donne il doppio degli uomini.
Facciamo un esempio: gli esperti sostengono che nel corso dei prossimi anni il 97% dei cassieri perderanno il lavoro per via degli scanner automatici. Quante sono le cassiere sul totale? In America sono il 73%. Nessuno oggi ha la palla di vetro per sapere quali mansioni saranno effettivamente rimpiazzate dal computer da qui ai prossimi venti anni. Però non è difficile stilare un elenco di mestieri ad alta probabilità di estinzione: i cassieri, appunto; ma anche i bancari agli sportelli, i call-centeristi, gli impiegati nelle agenzie di viaggio. Ebbene, tra i posti di lavoro che rischiano l’estinzione con un tasso di probabilità superiore al 95% – molto vicini alla certezza – il 13,4% oggi è occupato dalle donne e solo il 5,8% dagli uomini.
Come sempre, noi donne siamo in buona compagnia delle altre minoranze diciamo così “classiche”. Gli ispanici, per esempio, hanno il 25% di possibilità in più dei bianchi di essere rottamati dall’automazione, i neri il 13% e gli asiatici l’11 per cento. Nella black list ci sono anche i giovani tra i 16 e i 19 anni, che hanno il 66% di probabilità in più di perdere il lavoro rispetto ai 35-44enni.
Ma come, vi direte, robot e computer non dovrebbero essere razzisti (o sessisti): ragionano secondo l’asettica logica binaria dello schema 0-1, non con la pancia. E infatti la discriminazione non c’entra niente, il segreto è nel livello di istruzione, spiegano gli esperti. Un solo assioma sintetizza tutto: il lavoratore senza diploma ha un rischio sei volte superiore rispetto a un laureato di perdere il posto per colpa dell’automazione. E a cascata: secondo i calcoli dell’Isea il solo diploma abbassa il rischio del 6%, la laurea triennale del 23%, il master del 40% e il dottorato di ricerca addirittura del 50%.
Lo dico per le bambine di oggi, quelle che in questo momento stanno facendo i castelli di sabbia sedute lì, proprio accanto a voi. E che saranno le donne di domani. C’è solo un modo, per vincere contro i robot. Ed è studiare.