Ginevra è una bambina di 11 anni, sola. Un giorno si presenta alla porta della comunità che dovrebbe diventare la sua nuova casa. Indossa il vestito di organza della prima comunione di due anni prima, un po’ stretto sulle spalle e in mano ha solo due grossi sacchi neri che contengono tutta la sua vita, trascorsa fino a un istante prima tra istituti e famiglie affidatarie.
Ginevra arriva in comunità con tante paure: e se gli altri bambini fossero aggressivi e cattivi come nei suoi peggiori incubi? E invece, soprendentemnte, la prima sensazione che prova entrando è di “puro, immenso sollievo”, dietro la porta trova un “posto, accogliente e luminoso”. Cuore della comunità è la dolce e solida signora Tilde, un’educatrice che, con la sua presenza discreta e le sue piccole e semplici attenzioni quotidiane (una tazza fumante di cioccolata, una borsa dell’acqua calda per i mal di pancia notturni…), con il trascorrere dei giorni la farà sentire protetta e un po’ speciale: “… dentro l’anima mi sentivo protesa verso la signora Tilde, aggrappata alla sua gonna come una bimba di 2 anni che vuole essere presa in braccio. Volevo che parlasse, che desse una tregua a quello che sentivo. Doveva dirmi che ero meravigliosa. Che non c’entravo niente con la decisione della famiglia affidataria di non tenermi più. Che erano loro quelli sbagliati, non io. Perché io li avevo sentiti parlare di me al telefono con i loro famigliari, qualche giorno prima. «È una bambina così difficile» dicevano, scuotendo il capo. «E non fa niente per adeguarsi a noi. È diventato impossibile viverci assieme.»”.
La piccola Ginevra è la protagonista del romanzo di Elisa Luvarà, Un albero al contrario, edito da Rizzoli. L’albero sottosopra del titolo è proprio Ginevra, che si trova ad affrontare la vita senza radici salde, ma con una madre malata psichiatrica e un padre non in grado di prendersi cura di lei.
Negli altri ragazzi della comunità troverà finalmente una “famiglia”, pur se non convenzionale, uno spazio dove sentirsi accolta con tutte le proprie emozioni e si sentirà finalmente a casa: c’è Verde, la sua compagna di stanza, soprannominata così per via del colore dei capelli, c’è Agape, bello e dolce da togliere il fiato e che le farà battere forte il cuore, ci sono i chiassosi e divertenti bambini più piccoli… Tutti con storie durissime alle spalle e Ginevra le scoprirà mano mano nelle pagine del libro, condividendo con i suoi compagni timori e sofferenze.
Seguendo i pensieri di Ginevra entriamo nel suo mondo, sentiamo sul cuore, pesante come un macigno, la sua solitudine di bambina e tutta la distanza dalla mamma “vera” nelle sporadiche destabilizzanti telefonate fatte dalla casa di cura in cui è ricoverata, avvertiamo l’amarezza e il dolore per il rifiuto nelle descrizioni dei freddi giorni trascorsi con quella che lei stessa definisce la “mamma finta” nella famiglia affidataria.
L’autrice, Elisa Luvarà, al suo romanzo d’esordio, ha vissuto in prima persona l’esperienza dell’affido e della vita in comunità. Riesce a rendere nelle pagine del libro in modo diretto, ma allo stesso tempo delicato, la solitudine e il grande bisogno di amore e di famiglia di Ginevra, di tutti i ragazzi della comunità e di tutti i bambini soli e senza famiglia.