Ansia e timore di non essere adeguati al ruolo di padre? Difficoltà nel ritrovare l’intimità sessuale con la compagna? Insonnia? Tendenza a esagerare con l’alcol? Secondo alcuni studiosi potrebbe trattarsi di PPND – paternal postnatal depression. La letteratura scientifica e divulgativa, principalmente negli Usa, sta affrontando il tema con serietà e frequenza. Uno studio di qualche anno fa azzardava che addirittura il 10% dei nuovi padri fossero in qualche modo affetti da questa sindrome e da qualche anno esiste un sito web nato proprio per promuovere consapevolezza e cultura intorno a questa forma di sofferenza: postpartummen.com.
Non ho le competenze scientifiche per valutare la presunta sindrome, né posso portare una qualche testimonianza, poiché io quel periodo lo ricordo come una fase di esaltazione e frenesia e non mi sono soffermato a chiedermi di cosa si trattasse. Però la PPND, che esista o meno, rappresenta una novità importante, anzi due. La prima è che la scienza sta cominciando a studiare la paternità come status, con implicazioni anche biologiche, e non solo come atto della riproduzione e fine. La seconda è che c’è una generazione di uomini che sta prendendo molto sul serio la paternità, tanto da percepirne anche gli aspetti problematici o di disagio che prima erano di esclusivo appannaggio femminile e che prima ancora erano un triste tabù.
Se qualcuno vorrà leggere tutto questo come l’ennesimo emblema della virilità perduta, assieme alla depilazione e alla tinta ai capelli, sceglierà di rimpiangere un’epoca che si basava sulla sperequazione fra i ruoli. Il maschio oggi è alla ricerca di un’identità? Possibile, non sarebbe il solo. Oppure il maschio sta scoprendo di sé alcuni aspetti che prima erano ritenuti pubblicamente inaccettabili? Lascio sicuramente ad altri le risposte e per me tengo solo la piacevole sensazione di fare parte di un pezzo di storia sociale in pieno e deciso movimento.
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