La strada dell’impresa è più ripida per le donne e ottenere i finanziamenti necessari più difficile. Ma una volta completata la scalata le imprenditrici donne performano bene tanto quanto gli uomini e sono ottimiste sull’andamento del proprio business. Insomma, bisogna faticare di più all’inizio (perché?) ma poi i risultati ci sono. E’ questo che dicono i numeri di due indagini di Ocse e di Facebook appena presentate sulle piccole e medie imprese globali. E l’Italia non ne esce bene.
Secondo il rapporto Entrepreneurship at a Glance 2016 dell’Ocse, il gender gap nell’imprenditorialità femminile resta rilevante. La responsabile delle statistiche Ocse, Martine Durand, ha sottolineato nel corso della presentazione del rapporto che “il fatto che ci siano meno donne imprenditrici può derivare da diversi fattori, compresa la scelta personale, ma certamente si possono individuare almeno due barriere istituzionali che rendono più difficile l’ingresso nel mondo imprenditoriale per le donne”. Prima cosa, una donna ha più difficoltà a ricevere i finanziamenti: “Di fatto – ha spiegato Durand – le donne hanno più difficoltà ad ottenere denaro dalle banche… per qualche motivo! Probabilmente, mi viene da dire, per pura discriminazione: risulta infatti che in media le donne devono produrre un maggior numero di garanzie per ottenere un prestito rispetto agli uomini”. Un altro fattore, ha sottolineato Durand, è la maggiore difficoltà di accesso ai programmi istituzionali per favorire l’imprenditorialità. Risultato: “Un enorme potenziale che resta completamente inutilizzato”.
Ma vediamo i numeri: il 5,1% degli uomini tra 15 e 24 anni lavora in proprio contro il 3,6% delle donne, mentre nella fascia di età di over55 il gap si amplia: 29,2% degli uomini contro il 15,9% delle donne. E sul fronte del management, il 32% delle Pmi è a guida a prevalenza femminile (si intende con una quota di donne superiore al 65%), il 45% a prevalenza maschile mentre il restante 32% ha una distribuzione equilibrate. In quattro Paesi le donne rappresentano almeno la metà delle persone in posizione di management: Australia (55%), Canada e Usa (53%) e Gran Bretagna (51%). L’Italia fa peggio della media: il management delle Pmi intervistate è principalmente maschile per il 52%, principalmente femminile solo per il 25% e in equilibrio per il 23%.
Ma c’è un ulteriore, importante, elemento da sottolineare, che emerge dalla Future of Business Survey, la nuova rilevazione mensile lanciata oggi da Facebook con Ocse e Banca Mondiale: una volta avviato il business, le donne si sentono tanto ottimiste quanto gli uomini sulla loro attività. Non ci sono differenze sulla percezione dell’andamento del business e sull’outlook futuro, il che significa di fatto che le donne performano bene tanto quanto gli uomini, “o anche meglio”, ha detto Durand. Questo, però, se sono riuscite a superare le barriere di accesso.