Non c’è convegno sulle donne in cui, prima o poi, qualcuno pronuncia le fatidiche parole: ASILI NIDO. Sembra che la formula possa essere anche magica e in molti pensano che la soluzione stia tutta lì. Che siano pubblici, privati o aziendali, purché ci siano e garantiscano la maggior copertura possibile. D’altra parte che in Italia la copertura dei servizi all’infanzia sotto i 3 anni sia scarsa lo dicono i numeri. Solo il 25% dei bambini sotto i tre anni frequentano un nido, contro un obiettivo europeo, fissato in occasione del Consiglio Europeo di Barcellona del 2002, di arrivare almeno al 33% entro il 2010. Di fatto, però, in Europa solo dieci paesi sono sopra questa soglia, secondo l’ultimo rapporto Eurydice.
Fin qui, nulla di nuovo. Poi l’altro giorno, facendo qualche calcolo di famiglia, mi è capitato di quantificare la spesa. Mia figlia ha frequentato per tre anni il nido (perché nata a gennaio e non anticipataria). Ora che è passata alla scuola materna, mi sono tolta una curiosità e ho calcolato quanto ho speso nel triennio. La rata mensile del nido comunale è stata di 460 euro al mese (dopo presentazione Isee, altrimenti sarebbe stata di 560 euro) per undici mesi all’anno, per un totale di 15.180 euro. A questa somma vanno aggiunti i circa 80 euro mensili per la mensa, per complessivi 2.640 euro. In tutto, quindi, il nido mi è costato 17.820 euro (540 euro al mese). Senza, poi, contare la babysitter che ha dovuto coprire le ore dall’uscita dal nido al mio rientro a casa!
Cifre, queste, che a Milano e dintorni non sono certo inusuali e risultano ben oltre la media nazionale di 311 euro di retta mensile, con la Val d’Aosta con il canone più costoso (?) a 440 euro al mese e la Calabria la più economica con 164 euro, sempre secondo dati Istat. Se si guarda alle province, poi, Catanzaro è la meno costosa d’Italia, con una retta mensile di soli 100 euro e Lecco la più costosa con 515 euro mensili.
A conti fatti, quindi, la soluzione all’occupazione femminile è davvero l’apertura di asili nido a questi costi? La retribuzione media di un italiano è stata calcolata dall’Istat a 28.977 euro lordi all’anno, cioè 1.560 euro netti al mese. Ma si tratta di una media tra l’operaio e il manager. Tenendo conto che per le donne la cifra è vicina ai mille euro al mese in media, una rata di nido di 300 euro equivale quasi ad un terzo dello stipendio. Percentuale troppo onerosa ancora, per far propendere le donne verso il lavoro piuttosto che rimanere a casa a curare i figli. E che la scelta sia a favore dei figli lo dimostra il calo delle richieste ai nidi in questi ultimi anni di crisi economica. Nel mio paese, ad esempio, era stato costruito un nuovo nido comunale con dieci posti nel 2008. Ha chiuso due anni dopo per mancanza di iscrizioni.
Ma quanti sono i nidi in Italia? Istat ci dice che in Italia nei 3.978 asili nido pubblici ci sono 162.913 posti in tutto. Vale a dire che in media solo il 12% dei bambini da 0 a 24 mesi usufruisce di un asilo nido comunale. Anche questo dato varia sul territorio nazionale: in Emilia Romagna la percentuale raddoppia e arriva quasi al 25% grazie anche al record di asili nido comunali (619 contro 399 privati), mentre in Campania solo il 2% dei bambini va all’asilo nido. Gli asili nido privati sono 5.372, invece, ma hanno un minor numero di iscritti (110.666). Forse anche in ragione dei costi.
Dimenticavo: quando si pronunciano le parole magiche ASILI NIDO ai convegni, spesso ci si aggiunge AZIENDALI. Giusto per togliere ogni dubbio: asilo nido aziendale, nella stragrande maggioranza dei casi, non equivale a GRATUITO. Le aziende stipulano delle convenzioni, in base alle quali i dipendenti hanno degli sconti che però non abbattono di molto la spesa. Senza aggiungere, poi, che gli asili nido convenzionati sono spesso vicini alla sede dell’azienda (e lontani dalla casa della famiglia) ma non hanno orari che coincidono con quelli del lavoro, quindi inevitabilmente qualcun altro deve andare a recuperare i pargoli (nonni o babysitter), spesso lontano dall’abitazione della famiglia appunto. Motivo per il quale spesso l’opportunità non viene sfruttata dai dipendenti.
Qual è la conclusione? Asili nido sì soprattutto se comunale e se si studia un modo per abbattere i costi per le famiglie. Ma con la consapevolezza che non possono essere il volano per far ripartire l’occupazione femminile in Italia a queste condizioni.