Niente lavoro e niente studio studio: oltre sei giovani mamme su dieci rimangono a casa a rimpolpare l’esercito dei Neet (not in education, employment or training), vale a dire la schiera di coloro che non lavora, non studia e non è in formazione. Tra le donne sotto i 30 anni con figli piccoli, rileva l’Istat, l’incidenza delle Neet è appunto al 64,4%. Le neomamme sono inoltre oltre metà di tutti i giovani inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare (complessivamente 521 mila persone). L’incidenza dei Neet tra i giovani papà, al contrario, si ferma al 14%, sotto la media complessiva del 22,3%.
Un dato che non può assolutamente essere ignorato dal Governo e che rende stridente ancora di più l’iniziativa del fertility day, orgnizzato per il prossimo 22 settembre. Come si possono invitare le donne a fare figli da giovani se poi questo equivale a una condanna per la vita? Non si può pensare di invitare, ancora, le giovani a diventare mamme senza che abbiano un’indipendenza economica. Quest’ultima è necessaria perché non continui ad aumentare in Italia il numero di bambini che vivono in povertà. I bambini che in Italia vivono in povertà assoluta sono 1 milione e 45mila: l’8,7% del totale. Secondo l’ultimo dossier Istat, il fenomeno interessa 571mila famiglie ed è in aumento: nel 2014 i minori in precarie condizioni economiche sono raddoppiati rispetto al 2011 e triplicati rispetto al 2008, anno di inizio della crisi.
Per non parlare del fatto che in Italia resta ancora alta l’emergenza della violenza sulle donne (dall’inizio dell’anno si contano circa una sessantina di delitti di donne per mano di compagni o ex). Uno dei canali, riconosciuti dagli esperti, per uscire da stati di violenza è proprio l’indipendenza economica. Diventare mamme da giovani e non avere un proprio lavoro può condannare alla dipendenza per il resto della vita, per sé e per i propri figli.
Un contesto che non può assolutamente essere ignorato se si vuole attuare politiche serie ed efficaci per aumentare la natalità in Italia. Per questo avevamo proposto, in occasione delle polemiche sulla campagna per il fertility day, un tavolo di lavoro interministeriale.
Se si va oltre lo spaccato di genere i dati dell’Istat ci dicono che diminuiscono, infatti, i giovani che non studiano e non lavorano. Nel secondo trimestre del 2016 la maggiore partecipazione dei giovani al mercato del lavoro è testimoniata dalla diminuzione tendenziale (-252 mila) della componente delle persone Neet. Complessivamente, nel secondo trimestre 2016 i giovani Neet sono 2 milioni 35 mila (-252 mila in un anno): 892 mila disoccupati (il 43,8% del totale), 622 mila forze di lavoro potenziali (il 30,6%), e 521 mila (il 25,6%) inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare. Nel dettaglio, l’incidenza dei Neet è maggiore tra le donne (24,4% contro 20,3% gli uomini), è doppia nel Mezzogiorno in confronto al Nord (31,5% e 15,3%, rispettivamente), è minima tra i 15-19enni (8%) – in gran parte ancora studenti – fino ad arrivare al 31,0% tra i 25-29enni.