Quando si leggono alcune dichiarazioni sui progressi della parita’ di genere nel mondo del lavoro, supportate peraltro da dati in certi casi davvero positivi e promettenti – come quelli raggiunte nei board di aziende quotate e partecipate grazie alla legge Golfo-Mosca – si è tentati di iniziare ad assaporare vagamente il gusto della vittoria…non delle donne, beninteso, ma della società intera. Riponete trombette e stelle filanti. Non è ancora tempo di festeggiare. Andando avanti di questo passo, secondo le proiezioni dell’Onu, la gender parity potrà essere raggiunta a livello globale non prima del 2095!
La verità, dunque, è che bisogna forzare la mano e che per farlo è cruciale il ruolo attivo degli uomini. Ecco perché le Nazioni Unite hanno lanciato nel 2014 la campagna globale #HeForShe, a cui l’Italia ha aderito lo scorso dicembre. Si tratta di un progetto strutturato con un obiettivo tanto chiaro quanto ambizioso: coinvolgere e mobilitare un miliardo di uomini che supportino attivamente l’empowerment di donne e ragazze, rimuovendo ostacoli sociali e culturali. Come sempre, per innescare e far correre la rivoluzione di pensiero, si deve partire da chi il potere di cambiare le cose ce l’ha. Da qui la prima iniziativa della campagna, Impact 10x10x10, che mira a incassare l’appoggio concreto in tre ambiti chiave – l’amministrazione, il settore privato e l’università– attraverso l’impegno formale di 10 capi di stato, di 10 ceo di imprese e 10 rettori universitari.
Ma l’appello accorato lanciato da Simone Ovart, presidente UN Women Italy per la campagna HeforShe, poche settimane fa a Milano, in occasione dell’evento #beyondlabels organizzato da LeadingMyself e PWA Milan, ha un sapore amaro. «Ho bussato e continuo a bussare a tante porte di aziende, per avere non solo l’adesione alla campagna, ma anche un sostegno concreto che possa accelerare l’impatto del cambiamento nella società. Nonostante i sorrisi e le parole, le porte che si aprono sono davvero poche. Troppo poche». Erano presenti anche due dei 10 partner globali di HeforShe, Barclays e PwC, entrambi con obiettivi e azioni importanti anche in Italia. Ma loro sono solo la punta di diamante.
Il vero problema è che, anche nelle aziende più gender parity oriented, a un certo punto della carriera le donne spariscono. Motivo, la maternità, che diventa di fatto un elemento di discriminazione sia al momento del recruitment sia lungo il percorso professionale. «Il tema della diversity nella logica di HeforShe significa condividere le responsabilità in generale, a partire da quella genitoriale – ha rilanciato la senatrice Valeria Fedeli, vice presidente del Senato, durante l’incontro -. Perché non esistono 15 giorni almeno di congedo obbligatorio per gli uomini? Oggi la conciliazione è solo per le donne e questo significa che, di fatto, i figli sono considerati un costo e non un valore per tutto il paese». Come darle torto?