Violenza sulle donne, in un anno 50mila donne hanno bussato alla porta dei centri antiviolenza

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In quasi 50mila donne si sono rivolte ai centri antiviolenza,  quasi 30mila (il 59%) hanno iniziato un percorso di uscita dal tunnel dei maltrattamenti fisici e psicologici. I centri, dal canto loro, assicurano alle donne servizi di ascolto e accoglienza, supporto legale e psicologico, orientamento e accompagnamento ad altri servizi. Il 69% delle strutture ha messo a disposizione una reperibilità h24. Tra le note dolenti il dato che un centro su quattro dichiara di avere avuto difficoltà ad accogliere le vittime nelle case protette a causa della mancanza dei posti. Difficoltà che nelle Isole incontra il 48% dei centri. Arriva il primo ritratto ufficiale dei servizi offerti dai centri antiviolenza, strutture cardine nella lotta alla violenza maschile sulle donne. A realizzarlo, in collaborazione con il dipartimento per le Pari opportunità, le Regioni e il Cnr – Irrps, è stata l’Istat.  L’’indagine, che si riferisce al 2017, è stata effettuata nei mesi di giugno – luglio 2018 e sono stati contattati 281 centri antiviolenza in possesso dei requisiti richiesti. Tra questi 253 hanno completato il questionario.

Si tratta di un passo importante nell’ambito dell’approccio strutturale deciso dal piano antiviolenza 2017-20, varato a novembre dell’anno scorso. Uno dei vulnus della lotta alla violenza di genere è proprio la carenza di dati ufficiali e periodici sui centri esistenti, riconosciuti dallo stesso piano nazionale come snodo principale per combattere il fenomeno. Una fotografia accurata dei centri antiviolenza è importante per evitare la distribuzione a pioggia dei finanziamenti che, denunciano le stesse strutture, rischiano di essere assegnati a realtà che non possiedono le caratteristiche  per svolgere bene il ruolo di supporto alle donne. La mancanza di un censimento ufficiale, come ha denunciato in passato la stessa magistratura contabile, ha avuto un effetto distorsivo sulla distribuzione dei finanziamenti statali.

  • Il numero delle donne prese in carico è minimo al Sud

Numeri alla mano, le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza sono in particolare 49.152, di queste 29.227 hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Il numero medio di donne prese in carico dai centri (116) è massimo al Nord-est (171) e minimo al Sud (48). I servizi che sono erogati direttamente dai centri antiviolenza sono quelli di ascolto e accoglienza (94% dei centri), supporto legale (93% dei centri) psicologico (88% dei centri), orientamento e accompagnamento ad altri servizi (87% dei centri). La collaborazione tra centri antiviolenza e territorio è invece importante per l’erogazione dei servizi di pronto intervento (24% dei centri) e servizi di predisposizione del percorso di allontanamento (20% dei centri). I servizi di supporto ai minori, supporto alloggiativo e di mediazione linguistica sono invece quelli per i quali i centri indirizzano la donna ad altro erogatore (rispettivamente 32%, 28%, 25% dei centri).

  • Il 95% aderisce al numero verde nazionale 1522

La maggior parte dei centri, l’86%, lavora in rete con altri enti della rete territoriale; l’11% dei centri invece non fa parte della rete territoriale antiviolenza in quanto questa rete formale non esiste sul territorio di loro competenza. Quasi tutti i centri antiviolenza, il 95%, aderiscono al numero verde nazionale 1522 contro la violenza e lo stalking.   Il 71% delle strutture ha attivato un servizio di segreteria telefonica negli orari di chiusura e il 25% possiede un numero verde dedicato.

  • Isole fanalino di coda per reperibilità di posti in case protette

Quanto alla difficoltà a reperire posti nelle case protette, le differenze a livello territoriale sono molto marcate e coerenti anche con il numero medio di donne prese in carico. Il Sud, che ha il numero medio di donne più basso, ha anche la percentuale minore di centri che hanno avuto difficoltà ad accogliere le donne per indisponibilità di posti (19% dei centri), la percentuale aumenta nel Nord Est (31%) e al Centro (38%) e raggiunge il suo massimo nelle Isole.

  • 4.400 operatrici impegnate, il 56,1% sono volontarie

Nel 2017 4.400 operatrici che hanno lavorato nei centri antiviolenza; il  56,1% è stato impegnato esclusivamente in forma volontaria. Le figure professionali che sono maggiormente presenti nei centri, coerentemente con i servizi prestati, sono le avvocate, le psicologhe e le operatrici di accoglienza. Il 93% dei centri antiviolenza prevede una formazione obbligatoria per le operatrici che sono impegnate presso il centro. Nell’85% dei casi è il centro stesso che ha organizzato corsi di formazione per il personale.


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