I cambiamenti demografici, l’innalzamento dell’età pensionabile, le nuove tecnologie, l’incremento del focus sull’approccio organizzativo “team-based” hanno portato una nuova diversità in azienda, quella generazionale. Oggi in azienda possono coesistere fino a 5 generazioni a partire dalla Generazione Z, i ragazzi che hanno oggi 22 anni, fino alla cosiddetta silent generation, che soprattutto nelle aziende imprenditoriali svolge un ruolo importante.
Nelle competizioni podistiche la staffetta prevede un cambio di testimone strutturato e uno spirito sportivo che porta tutti a correre per lo stesso obiettivo. Tuttavia raramente questo modello riesce a realizzarsi realmente nelle aziende. Innanzitutto perché le staffette sono di solito omogenee, invece al lavoro le generazioni sono molto disomogenee. E non è solo un fattore di età, ma anche di esperienze, valori, condizioni famigliari.
In una recente ricerca Nielsen, sono state messe a confronto le 5 generazioni e in particolare è interessante vedere come le aspirazioni di ognuna di esse siano molto differenti. Ad esempio la principale aspirazione della Generazione Z è di realizzarsi nella carriera, quella delle generazione senior è invece il benessere e la famiglia.
La staffetta generazionale sembrerebbe molto complicata perché anche all’interno di una stessa generazione ci sono approcci differenti al lavoro. Tuttavia c’è un file rouge che lega le persone più senior: non vogliono lasciare l’azienda senza prima aver consegnato il loro testimone ai giovani. Che loro vogliano o no, passano ai ragazzi e ragazze le loro consegne. E si aspettano da loro di imparare il più possibile soprattutto sulle nuove tecnologie.
Quando questo approccio diventa strutturato, il valore creato è altissimo come ad esempio i programmi di reverse mentoring che alcune aziende stanno mettendo in campo.
Il reverse mentoring nasce come iniziativa inter-generazionale dove i ruoli di mentor e mentee sono fluidi perché entrambi i partecipanti possono essere sia l’uno che l’altro ruolo in quanto si guidano reciprocamente secondo le proprie capacità. In particolare i “junior” condividono le proprie conoscenze rispetto al mondo “Social e digital”, mentre i “senior” insegnano come leggere il contesto organizzativo dell’azienda.
I percorsi di reverse mentoring rappresentano un utile sostegno al dialogo tra generazioni diverse in azienda.
Un caso di reverse mentoring è stato sviluppato in ABB Italia. Ogni incontro tra i partecipanti prevede un tema, dando così una direzione e un senso alla conversazione. I temi possono variare dall’identificazione all’azienda, alla motivazione, alla responsabilità fino alla creatività nell’ambito lavorativo. L’argomento dell’incontro deve essere un elemento di apertura alla conversazione e allo scambio nella coppia, mentor/mentee.
Il presupposto, perché questi programmi siano efficaci, è che devono essere abbattuti pregiudizi: i giovani non devono essere, ad esempio, considerati troppo giovani per poter avere qualcosa da insegnare, così come i senior non devono essere percepiti come troppo vecchi per imparare.
Nell’ottica di long life learning e di tutti i cambiamenti demografici che stiamo vivendo, diventa imprescindibile la sfida ai pregiudizi e ai luoghi comuni per facilitare la staffetta tra generazioni. E il tutto deve avvenire con una strategia, che sia anche ben comunicata all’interno dell’azienda.